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Oggi è il compleanno di Francesco Totti: per lui 35anni di Roma

Gli auguri a uno dei più grandi talenti del calcio italiano, oggi come ieri, simbolo della squadra capitolina, che vuole inaugurare un nuovo ciclo vincente sotto la guida del magnate americano Thomas DiBenedetto.
A cura di Vincenzo Di Guida
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Il primo gol di Totti in Serie A

Roma-Foggia 1-1, 4 settembre 1994

Francesco Totti

Trentacinque anni e sentirli tutti. Trentacinque anni vissuti al massimo da romano a Roma, da romano nella Roma. Passano le stagioni, cambiano gli allenatori, ma non cambia Francesco Totti. Sempre uguale a se stesso, ovvero il miglior talento del calcio italiano degli ultimi venti anni. Platini, Pelè, Ferguson, tutti d’accordo nel ritenere il Capitano la massima espressione del calcio italiano. La pensa così anche Thomas DiBenedetto, il nuovo proprietario della Roma, che magari di calcio non capisce ancora molto, ma di Campioni con la “C” maiuscola, se ne intende, lui che detiene importanti quote dei Boston Red Sox, una delle franchigie più vincenti nella Major League Baseball. Amato e odiato, osannato e criticato. Simbolo e leggenda. Destino riservato alle cosiddette “bandiere”, quasi del tutto scomparse nell’odierno mondo del pallone. Ne restano due in Italia: Francesco Totti e Alessandro Del Piero. Espressioni di un’epoca che non esiste più. Un nome, un giocatore, una squadra, una città. Identificazione perfetta. Se Del Piero nella più razionale Torino, ha potuto vivere in modo diverso i momenti belli e meno belli della sua carriera, così non stato per Totti. Roma vive con ardore il calcio, e ancor di più il suo Capitano, emblema della riscossa capitolina contro lo strapotere economico del Nord. Ha segnato molto Totti (262 reti in partite ufficiali con la Roma), ma non ha vinto tanto quanto il suo talento gli avrebbe consentito di fare. Ma se è vero, che uno Scudetto a Roma ne vale dieci a Torino o cinque a Milano, allora può essere soddisfatto.

totti e capello

C'è solo un Capitano e si chiama Totti

Per il popolo della Roma Totti non si discute, sin da quel 4 settembre 1994, quando in Roma-Foggia, siglò il suo primo gol in Serie A. Qualche allenatore, invece, ha provato a farlo, tirando in ballo il suo “peso” nello spogliatoio, il suo “impegno negli allenamenti”, l’eccessiva esposizione mediatica, e qualche comportameto un po’ fuori le righe. Eppure tutti, da Boskov che lo lanciò in Serie A nel 1993, a Zeman che gli diede fiducia, a Capello con il quale è diventato “grande”, a Ranieri con cui condivideva la romanità, ne hanno riconosciuto la grandezza. Tutti, eccezion fatta per Carlos Bianchi, che non a caso durò pochissimo sulla panchina giallorossa. Negli anni ha modificato il suo modo di giocare, prima trequartista, poi seconda punta, infine punta centrale. Ruoli diversi interpretati sempre nello stesso modo, facendo la differenza come solo i grandissimi riescono a fare. Ora a 35anni gli si presenta una nuova sfida: condurre la Roma attraverso il cambiamento. Luis Enrique con la presunzione del debuttante di successo ne aveva messo in discussione ruolo ed importanza, salvo poi fare marcia indietro non appena i verdetti del campo hanno iniziato a sentenziare. Domenica sera in Parma-Roma 0-1, è arrivata la prima vittoria stagionale dei giallorossi, e Totti ha impresso il suo marchio, mettendosi con umiltà a servizio della squadra, e di una causa più grande. Di Totti la Roma non può fare a meno. Che sia essa italiana, o spagnolo-americana. Come a Napoli con Maradona, e a Torino con Del Piero, il numero dieci non si discute, si ama. Tanti auguri Capitano.

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