Nel segno di Alisson: dalla Roma al Liverpool è lui il re delle rimonte impossibili
Le strane coincidenze della Champions non si fermano solo all’analoga rimonta che anche il Liverpool, così come la Roma un anno fa, è riuscito a compiere ai danni sempre del Barcellona di Messi. Già, perchè le stranezze sono anche nei protagonisti che hanno fatto parte della notte ad Anfield che ha consacrato la squadra di Klopp arrivando alla finale dopo un’impresa epica. L’uomo copertina di questa particolare categoria di calciatori portafortuna, è senza ombra di dubbio Alisson Becker. Il portiere dei Reds che solo un anno fa giocava con la squadra giallorossa e che negò più volte il gol ai catalani sia all’andata che al ritorno.
Al Camp Nou fu 4-1 e quel gol di Dzeko nel finale tenne a galla il sogno rimonta dei ragazzi di Di Francesco, reso possibile poi da quella testata quasi allo scadere di Manolas. Lui, che in estate è passato, quasi per caso, al Liverpool per 60 milioni dopo una stagione da autentico protagonista nella capitale e che si è ripetuto ancora una volta regalandosi ancora una volta una notte da sogno, folle, insensata, che solo il calcio riesce a raccontare con la sua magia e in questo caso, con analogie impensabili alla vigilia.
Un anno dopo è ancora Alisson a fermare Messi con una rimonta epica
L’abbiamo visto inginocchiarsi per pregare con le braccia rivolte verso il cielo e gli occhi gonfi di lacrime per quel gol di Manolas che in un attimo ha fatto dimenticare a Roma e ai tifosi della Roma, gli anni bui trascorsi tra cambi di società, obiettivi non raggiunti, acquisti insensati e l’addio doloroso al calcio di Francesco Totti, il capitano. Lui, Alisson Becker, ce l’ha messa tutti per trainare i giallorossi fino alla finale, anche a un passo dal sogno che solo il Liverpool gli ha poi negato in semifinale dopo l’ennesima rimonta da sogno che però in quell’occasione non ha dato i suoi frutti.
Ha giocato un Mondiale consapevole che sarebbe andato via da quella capitale che l’ha accolto e poi osannato come un campione assoluto, finalmente un vero portiere che indossava fiero la maglia giallorossa onorandola. Le sue parate ai quarti di finale al Camp Nou, nonostante il poker dei catalani, stavano contribuendo già alla rimonta della Roma iniziata con quel gol di Dzeko in Spagna che ha poi dato il via al sogno della lupa concretizzatosi all’Olimpico.
Il 4-1 al Camp Nou, il 3-0 all’Olimpico e la grande emozione
Il minimo comune denominatore tra i due diversi avversari in queste due partite è stato appunto lui, Alisson Ramses Becker, capace di annullare Messi e Suarez e consentire ai suoi compagni di squadra di concentrarsi più che altro sul dover fare gol piuttosto che preoccuparsi di non prenderne. “Anche con la Roma era andata così, è accaduto un’altra volta. Incredibile. Ci abbiamo creduto già dalla prima partita – ha raccontato emozionato Alisson al termine della gara – quando avevamo fatto una grande prestazione a casa loro.
Ce lo siamo meritato, incredibile quello che è successo nel campo”. Già, perchè forse Alisson ad Anfield è stato sicuramente più impegnato rispetto allo scorso anno quando all’Olimpico Fazio e Manolas sembrano essere impossessati dai migliori Nesta e Cannavaro degli anni ’90 o del Mondiale 2006, in grado di annullare Messi e compagni senza farli mai avvicinare alla porta giallorossa. Ieri sera i catalani qualche occasione invece l’hanno avuto rendendosi pericolosi in più occasioni.
Alisson come una sorta di ‘ricompensa’ per il dopo Karius
Non ce ne voglia Karius, che oggi al Besiktas sta disputando un campionato discreto nonostante qualche incertezza ancora viva nelle sue prestazioni, ma se lo scorso anno il Real Madrid è riuscito a trionfare contro i Reds, è stato soprattutto grazie alle papere del giovane portiere tedesco e di un Sergio Ramos fin troppo astuto nel mettere ko Salah a inizio gara (ma questa è un’altra storia). Troppo cocente la finale persa in quel modo, tanto da indirizzare subito gli obiettivi di mercato del Liverpool in un’unica direzione: comprare un nuovo portiere.
E allora ecco che i Reds si sono fiondati sull’uomo copertina di una Roma che con Di Francesco, lo scorso anno, solo per un gol non è riuscita ad andare in finale al termine di due rimonte folli, contro Barcellona e appunto Liverpool, che hanno consacrato soprattutto le parate di Alisson. Detto, fatto: al termine della stagione Klopp ha dato un chiaro indirizzo alla dirigenza su quali fossero le priorità per migliorare una squadra fantastica, quasi perfetta.
Occorreva comprare quel portiere, a qualunque costo, successivamente stimato in ben 62,5 milioni di euro, cifra record per un calciatore non di movimento. Oggi, a distanza di sei mesi dal suo acquisto, il Liverpool può cominciare a dire di avere ragione, perché se ha conquistato la seconda finale consecutiva il merito è anche del brasiliano.
La fede in Dio e quel segnale al Camp Nou come un presagio
“All’andata sono successe cose che ci hanno permesso di crederci: all’ultimo minuto loro hanno avuto un'occasione due contro uno – ha aggiunto Alisson a fine gara ieri sera – ma hanno sbagliato il tiro ed è finita la partita su quell'azione. Questi sono segnali che ti aiutano a credere un po’ di più. Se fosse finita 4-0, probabilmente non ci avremmo creduto così.” Già, perchè Alisson crede molto in Dio, nella fede, ed è proprio in quella che ha trovato la risposta per vincere questa gara che entrata negli annali della storia del calcio.
Quell'occasione di Dembèlè all'andata l'ha sventata, lasciando il risultato sul 3-0 per il Barcellona. E così il 4-0 del ritorno ad Anfield Road è bastato per completare la rimonta in semifinale di Champions League. Un segno che lui ha trasformato in carica vincente alzando le mani verso il cielo, dopo il triplice fischio e ringraziando Dio per avergli regalato, ancora una volta, una sogna che non dimenticherà mai per tutta la sua vita.