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Nazionale, manca tutto: ‘dinosauri’ a casa, puntiamo sui giovani (che di buoni ne abbiamo)

Abbiamo toccato il fondo con la mancata qualificazione al Mondiale. Adesso serve fare una scelta netta, che magari ci porti qualche sofferenza consapevoli però che tutto questo dolore un giorno sarà utile.
A cura di Jvan Sica
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Fallire la qualificazione al Mondiale di Russia 2018 è solo la conseguenza della pochezza di cui ci siamo piano piano accorti. Le cose che mancano a questa Nazionale non si possono contare con una sola mano: manca un centravanti di livello, manca la personalità (e lo si vede in quante volte la palla viene toccata due volte mentre in campionato gli stessi calciatori hanno la sicurezza mentale per toccarla una sola volta), mancano mezzali tecniche e potenti per poter giocare con il 4-3-3 ed essere sempre in controllo, manca un grande campione a cui affidarci come abbiamo sempre fatto nella nostra storia, manca una fisicità totalmente diversa (e ieri con Insigne che sembrava il figlio piccolo di Walker e Oxlade-Chamberlain ce ne siamo accorti), manca una generazione nuova di calciatori che abbinano fisicità, tecnica ad alta velocità e lucidità di pensiero tattico in ogni attimo di una partita (il gol inglese di ieri è figlio di questa disattenzione inammissibile a tutti i livelli). Ma se tutto questo e tanto altro manca, dobbiamo ormai arrenderci ad essere di secondo livello rispetto alle altre squadre top nel mondo?

La generazione 1990/1995 ormai non può più colmare tutte le lacune in cui siamo carenti. Dalle due partite contro Argentina e Inghilterra si è capito che si deve aspettare e comunque sperare di rivedere la luce. L’elasticità unita ad un’imponenza che fa paura di Donnarumma, le due ottime partite di Rugani, la grande corsa e sempre chiara dimensione del proprio ruolo e dell’analisi di quello che accade in campo di Pellegrini e la furia scontrosa per tutti gli avversari di Chiesa non possono essere messe in un angolo, anzi è a questa qualità che dobbiamo mescolare tanto altro per rimettere mattoni e rifondare l’edificio.

La generazione 1996/2002 ha alcuni dei prospetti più interessanti del calcio internazionale. Le diverse Under nazionali stanno facendo bene e soprattutto stanno giocando bene senza la paura di sbagliare, quella che attanaglia ormai la prima squadra quasi in ogni partita (non solo nel play-off con la Svezia dove ci si giocava tutto, ma anche contro Macedonia e Albania abbiamo giocato davvero male). Su di loro si deve puntare, facendolo per davvero e non fermandosi ai proclami. Così da accelerare il precesso di crescita. La Federazione non dovrebbe trovare la solita soluzione a metà, ma prendere una decisione drastica e con un potere forte tutto nelle mani di Malagò e i suoi uomini questa volta potrebbe davvero accadere. Bisogna fare una scelta netta, che magari ci porti a tre-quattro anni di sconfitte consci però che tutto questo dolore un giorno sarà utile.

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