Napoli, il patto scudetto è finito a schifìo. Sarri e De Laurentiis ai ferri corti
Aurelio De Laurentiis e Maurizio Sarri si sono stimati, molto sopportati e poco amati. E le dichiarazioni delle ultime ore del massimo dirigente hanno solo allargato la forbice del dissenso tra le parti, con il tecnico che sarebbe pronto anche a gesti clamorosi (l'ipotesi delle dimissioni è come sfidarsi al braccio di ferro) perché infastidito. In molte occasioni il presidente ha criticato alcune cose che riguardavano l’allenatore. Le obiezioni mosse da De Laurentiis sono essenzialmente tre: prima di tutto il non utilizzo dell’intera rosa a disposizione, in secondo luogo il desiderio di puntare tutto sul campionato tralasciando l’Europa e infine la quasi imposizione della assenza presidenziale nella gestione sportiva della squadra. Svisceriamo i tre punti per capire anche meglio l’ultima e definitiva uscita pubblica del presidente nei confronti della stagione del Napoli e nello specifico del suo allenatore.
- Sarri è un maestro di calcio, insegna movimenti e letture ad alta complessità. Nel corso dei suoi anni napoletani ha fatto giocare quasi sempre gli stessi calciatori, magari inventando per loro anche ruoli differenti ma per lui la didattica del suo gioco mandata a memoria è fondamentale. Se si parte da qui è normale che giocatori nuovi devono prima assorbire didatticamente il gioco sarriano per essere pronti poi a giocarlo ad alto ritmo. De Laurentiis ha ragione quando parla di rosa troppo poco sfruttata se pensiamo a quanto si gioca nel calcio moderno, ma le sue parole non coincidono con la sua idea di società calcistica, ovvero di un’azienda che si autofinanzia e che migliora calciatori per avere plusvalenze decisive nel sostenere l’intera struttura societaria. Sarri è stato il tecnico che più ha creato plusvalenze. Quanto valevano all’ingaggio i vari Koulibaly, Mertens, Jorginho, lo stesso Insigne? E quanto valgono ora? Maurizio De Santis su Fanpage dice una verità: questo Napoli nasce dall’idea internazionale di Benitez. Vero, senza Benitez, Callejon, Reina e Albiol (senza dimenticare che anche Higuain è un acquisto riuscito grazie a Benitez) non ci sarebbe questo Napoli, ma il presidente, scegliendo Sarri, ha avuto un colpo di genio. Ho una base internazionale, integro il più bravo fra gli allenatori nel migliorare i calciatori e punto a due cose: guadagno tantissimo con le plusvalenze e “cerco” di vincere il campionato. E questi obiettivi sono stati perfettamente raggiunti. Adesso mi sembra quantomeno pretestuoso criticare Sarri per un Ounas che ha giocato poco o un Maksimovic poco integrabile con Albiol.
- Secondo punto: puntare tutto sul campionato. Qui potrebbe avere più senso la critica presidenziale. Una squadra che vuole crescere nell’aspetto di spendibilità internazionale non può tralasciare le Coppe. A maggior ragione quando un Guardiola ti dice che giochi il miglior calcio d’Europa. Questo problema però nasce da una riunione di cui pochi hanno parlato ad inizio anno. Mertens, Reina e Koulibaly la scorsa estate erano calciatori già venduti su cui poter guadagnare tanto e con quei soldi comprare nuovi calciatori. I calciatori vanno in Trentino e chiedono a Sarri di parlare con il presidente perché vogliono realizzare il sogno di vincere lo scudetto a Napoli insieme prima di andare via. Sarri si fa portavoce di questa cosa e chiede al presidente di aspettare solo un anno, con la promessa di dare poi al mercato dell’estate successiva calciatori che valgono ancora di più. De Laurentiis accetta ma pone la sua condizione: non vendo nessuno ma non compro nessuno. Il progetto-scudetto lo volete voi e si può costruire già con quelli che abbiamo. Come detto all’inizio non me la sento di dare addosso a De Laurentiis in questo caso. Tutti, dal magazziniere all’allenatore, sanno che la società Napoli è una società che si autofinanzia e non può perdere plusvalenze o sprecare troppi investimenti importanti. L’ultimo appiglio per i sarriani è che la voglia di dare una gioia alla città abbia superato la real politik dello stare dentro certi limiti. Ha comandato il cuore e adesso De Laurentiis chiede il giusto conto.
- Il terzo punto (non) è il meno importante ma alla lunga ha minato il rapporto fra Sarri e De Laurentiis. Come dice anche nell’ultima intervista, Sarri ha praticamente chiesto, per ragioni di superstizione ma ovviamente c’è anche dell’altro, a De Laurentiis di stare lontano dalla squadra. Molti calciatori attualmente in rosa, e le vicende Higuain e Reina lo dimostrano con chiara evidenza, hanno rapporti freddissimi con De Laurentiis. Il problema è che loro non si sentono ben ricompensati per quello che stanno dando alla società mentre il presidente è sicuro che li paga già molto bene e che soprattutto grazie al Napoli potranno poi avere grandi ingaggi in futuro nei top team europei. De Laurentiis chiede di pensare a questa loro fase di carriera come un investimento su stessi, alcuni calciatori pensano invece che potrebbero guadagnare molto di più anche qui a Napoli. In questo bailamme Sarri ha deciso, da pratico qual è, di tagliare la testa al toro, dicendo al presidente che la squadra da un punto di vista sportivo è sua e che sarebbe dovuto essere poi De Laurentiis a dover decidere se è la squadra si è comportata bene oppure no. Per questo motivo il presidente è meglio che resti a distanza dalla squadra per non creare malumori ma soprattutto alibi.
E l’intervista uscita adesso, oltre a spiegare le tre divergenze, tira la linea che Sarri ha appunto chiesto alla fine di questa annata. Nella riunione di inizio campionato tutto si concluse coi pieni poteri a Sarri, la rosa non toccata, ma la possibilità da parte di De Laurentiis di definire se questa strategia fosse stata giusta oppure no. Bisogna dire che il presidente del Napoli è stato anche molto gentile nel sottolineare i meriti di Sarri però quella linea sotto cui bisogna inserire un risultato l’ha tracciata. E non è il risultato che lui voleva.