Mourinho non lascerà il Real Madrid malgrado il fallimento in Champions League: ecco perché
All'indomani dell'eliminazione di Champions League contro il Barcellona, Il Real Madrid si ritrova a guardare una stagione fatta di chiaroscuri, agrodolce nelle vittorie e negli obiettivi raggiunti. Il primo anno dell'era Mourinho non è stato esaltante: un ‘titulo', la Copa del Rey vinta ai supplementari contro il Barcellona grazie ad una rete di Cristiano Ronaldo, la stella portoghese che sarebbe dovuto essere – in positivo – il simbolo dei successi dei Blancos. Un po' pochino peruno Special One che aveva abbandonato l'Inter nella notte del trionfo in Champions League ed era arrivato a Madrid nel tripudio generale con l'unico intento di fermare il potere azulgrana del Barcellona di Guardiola.
Con il beneplacito di una dirigenza che gli ha dato – come spesso ottiene Mourinho quando firma un contratto – carta bianca sulla gestione tecnica e sugli uomini da utilizzare. Si è tenuto chi serviva e ha avuto chi voleva, dallo scudiero di sempre Carvalho, al fido connazionale Cristiano Ronaldo, ai nuovi Ozil e De Maria, fino all'ultimo arrivo in ordine di tempo di Adebayor in avanti. Ha fatto le scelte che ha voluto, tenendo Kakà in naftalina al di là di un infortunio che ha limitato il brasiliano e rifilando Karim Benzema in panchina per un feeling mai nato tra il francese e il tecnico. Eppure, in questo primo anno ‘Real' non è andato tutto come doveva essere.Ma la storia di Mourinho e il Real Madrid non finirà quest'anno: ci sono troppe rivincite da prendere e lo Special One non scapperà dalla Spagna con la coda tra le gambe. Ecco i principali motivi per cui Mou resterà alla guida delle Merengues rispettando il contratto sottoscritto un anno fa.
VALDANO IL NEMICO BATTUTO– Non a caso, malgrado gli onori della Casa Blanca, Josè Mourinho ha trovato frizioni forti all'interno dell'entourage del presidente Florentino Perez, nella figura di Jorge Valdano, il direttore sportivo del Madrid che si è sempre mostrato contrario alle scelte e alla gestione delle situazioni più delicate fatte da Mourinho. Ricambiato dal tecnico portoghese che a gennaio, dopo le minacce di lasciare il Real, ha ottenuto dal presidente una forte limitazione del ds: Valdano è stato allontanato dalla prima squadra, senza più poter avvicinarsi agli spogliatoi della cittadella sportiva di Valdebebas, ma, soprattutto, ha Mourinho ottenuto l'acquisto dell'attaccanete togolese Emmanuel Adebayor dal Manchester City. Una vittoria su tutto il fronte, che ha sancito il ‘potere' e l'autorità di Mourinho, base importante per poter scegliere e sbagliare in totale autonomia.
OBIETTIVO CAMPIONATO FALLITO: PRIMA VOLTA – Quando Mourinho si è insediato alla guida tecnica di una nuova squadra non ha mai fallito l'obiettivo più importante al debutto: la vittoria in campionato.
E' successo al Porto, dove fa incetta di ‘tituli'. Mou nel 2001-2002 decide di puntare su tutti giocatori portoghesi come Vítor Baía, Ricardo Carvalho, Costinha, Deco e Hélder Postiga, richiamando inoltre in squadra, dopo il periodo di sei mesi in prestito al Charlton Athletic, il capitano Jorge Costa. La stagione vede Mourinho conquistare la sua prima Primeira Liga portoghese, con la squadra che fa segnare un record di 27 vittorie, 5 pareggi, 2 sconfitte e 11 punti di vantaggio sul Benfica secondo; ad aggiungersi al titolo nazionale arrivano anche la Coppa del Portogallo, con la vittoria in finale sulla sua ex squadra, l'União Leiria, e soprattutto il primo trofeo europeo, la Coppa UEFA, vinta a Siviglia in finale 3-2 contro gli scozzesi del Celtic Glasgow.
E' successo lo stesso alla guida del Chelsea. Al suo primo anno, la stagione 2004-2005, sulla panchina dei Blues va a vincere la Premier League (titolo che al club mancava da cinquant'anni) con 95 punti e una sola sconfitta all'attivo in campionato. Il suo Chelsea si aggiudica poi la Carling Cup, battendo per 3-2 i rivali del Liverpool. Mentre in Champions League arriva in semifinale, battuto nel derby inglese ancora contro il Liverpool.
Stessa ‘sorte' all'Inter. L'era Mourinho all'Inter, che inizia nella stagione 2008-2009, si apre subito con la vittoria di un trofeo: il 24 agosto 2008, infatti, l'Inter vince la Supercoppa italiana battendo la Roma. Alla fine della partita il tecnico di Setubal dedicherà il trofeo al precedente tecnico dell' Inter, Roberto Mancini. Alla guida dell'Inter, dopo l'eliminazione in Champions agli ottavi di finale per mano del Manchester United di Ferguson, conquista lo scudetto 2008-2009 con due giornate d'anticipo, battendo 3-0 il Siena al Meazza (in realtà la certezza matematica è arrivata la sera precedente, nell'anticipo dove il Milan aveva perso con l'Udinese).
IMPORSI SUL BARCELLONA – La sfida più grande e più ambita. Andar via a fine anno vorrebbe significare ‘scappare' dal Barcellona che quest'anno non ha fermato la sua cavalcata sia in Liga che in Champions League. Il destino ha voluto far incrociare i cammini di Real e Barça soprattutto in Champions, con una semifinale che ha visto uscire mestamente i blancos dal panorama europeo. Tante polemiche, la solita ‘linfa' per Mourinho capace di incendiare la piazza con le accuse sul ‘potere' del Barcellona, gli arbitraggi non all'altezza e il sospetto del furto in Champions League. Fatto sta che Mourinho ha sempre perso la sfida con Guardiola in tutte le occasioni senza dimenticare l'umiliante manita in campionato, onta da lavare col sangue sportivo prima di abdicare dalla guida del Real Madrid a partire già dalla prossima stagione.
FAR TACERE LA STAMPA – L'ultimo motivo forte che porterà Mourinho ad autoconfermarsi sulla panchina del Real è la voglia di rivincita contro una stampa che non l'ha mai amato fino in fondo. Lui, arrogante, sobillatore, beffardo e intransigente è stato subito etichettato dai giornalisti spagnoli che l'hanno mal digerito da subito: un portoghese che fa il padrone a Madrid non è certo motivo di applausi e considerazione. Non a caso, ogni volta che il Real ha fallito un appuntamento, non si è perso occasione di attaccare il tecnico lusitano cercando di affondarlo e ridimensionarlo. I risultati non hanno dato ragione a Mourinho e anche per questo serve almeno un'altra stagione per prendersi l'ultima rivincita e allora sì, lasciare il Real dopo aver conquistato l'ennesima Nazione.