Mourinho: “In futuro allenerò solo un club come fu l’Inter del Triplete”
Non cerca soldi, ma il successo: Josè Mourinho ha le idee chiarissime su ciò che dovrà riservagli il prossimo futuro che il portoghese vede roseo se a cavallo di una avventura che richiami le gloriose gesta nerazzurre del 2010, quando agli ordini dello Special One, l'Inter conquistò l'acme della sua storia con il Triplete. In una intervista rilasciata al ‘Telegraph', Mourinho ha richiamato quella situazione, aprendo ad una nuova avventura simile. Ancora all'Inter? Forse, ma anche altrove dove però le prerogative siano le stesse.

Un'altra Inter da Triplete
Mentre si gode il suo metà anno sabbatico, coccolato dall'ultima risoluzione con il Manchester che gli ha fruttato una copiosa buonuscita, lo Special One prova a tracciare l'identikit del suo prossimo posto di lavoro dopo le turbolenze allo United e l'attuale riposo. A giugno non resterà con le mani in mano ma tra le possibili richieste opterà sicuramente per una realtà che possa ridargli gli stessi stimoli e soprattutto le medesime possibilità di vittoria.
Voglio lavorare nell'empatia strutturale: un club è una struttura, una struttura complessa in cui il manager è una parte importante di quella struttura, ma non è la struttura. Voglio lavorare con le persone che amo. Persone con cui sono felice di lavorare, con cui condivido le stesse idee. Era quello che avevo all'Inter
Senza alcuna fretta
Certo, di acqua ne è passata sotto i ponti, gli eroi del Triplete non ci sono più e anche la dirigenza ha dato un colpo di spugna definitivo passando dalla gestione Moratti all'attuale di Zhang. Ci sono però le stesse prerogative? Difficile a dirsi e Mourinho non si sbilancia: "Ora ho tempo per pensare, riflettere, provare a capire tutto e cercare di essere più pronto per il prossimo futuro che sta arrivando. So che sta arrivando, non è ancora arrivato perché quello che è arrivato, non lo volevo".
Parola d'ordine: vincere
Per Mourinho il futuro ideale è strutturato in un ambiente che vive all'unisono le avversità, l'ideale perfetto di una società che forse non esiste o che bisognerà ricreare laddove ne si intravvedono i presupposti: "Questa è la prima volta in cui non vinco nessun trofeo per 18 mesi. Alcuni non vincono trofei per 18 anni. La gente dice che si impara di più con la sconfitta. Forse c'è del vero in questo: sento che il mio habitat naturale è la vittoria"