Mourinho e la crisi del ‘terzo anno’: lo Special One e il limite di non sapersi rinnovare
Si potrebbe chiamare la crisi del ‘terzo anno', un leitmotiv che nella carriera di Josè Mourinho si ripresenta ciclicamente. E che non dovrebbe stupire gli addetti ai lavori di fronte alle difficoltà di un Chelsea irriconoscibile rispetto all'ultima stagione quando, con in sella l'Happy One, i Blues conquistarono la Premier. Oggi, il portoghese è arrivato al capolinea della sua ennesima avventura, con leggero anticipo sui tabellini di marcia. Confermando nei numeri che se è vero possa giustamente essere considerato tra i migliori al mondo, anche lo Special One soffre dell'incapacità di sapersi rinnovare, riciclando il suo credo. Una crisi certificata da un Chelsea in fondo alla Premier e aggrappato alla Champions.
La crisi del terzo anno
I mali del Chelsea si possono riassumere in quelli dell'ultimo Porto (2004), del primo Chelsea (2007), dell'Inter del Triplete (2010) e del Real Madrid dell'addio (2013). In tutti i casi però, c'è un distinguo importante: Mourinho riuscì a spremere il proprio gruppo a disposizione nel modo migliore, ottenendo successi in crescendo e abbandonando la barca poco prima che affondasse, lasciando dietro sè la scia del mito dello Special One. A Oporto con lo storico successo in Champions; a Londra ridando lo scudetto ai Blues dopo un'astinenza durata 50 anni; a Milano il fantastico e irripetibile Triplete del 2010; a Madrid con il treble, Coppa-Liga-Supercoppa di Spagna. L'unica eccezione, l'attuale, ancora al Chelsea dove il ciclo è durato solamente due stagioni.
Gli errori dell'(ex) Happy One
Il ‘tradimento' di Carvalho – Storicamente, i successi di Mou nascono da un assetto difensivo ben preciso e studiato. Ovunque sia andato ha preteso e ottenuto gli uomini che sapeva gli avrebbero permesso di ottenere il gioco desiderato. Tra tutti, l'alfiere Ricardo Carvalho, che ha seguito Mou ovunque tranne all’Inter, dove c’era un difensore dalle caratteristiche simili, come Lucio. Oggi, il portoghese gioca al Monaco: un giocatore modesto tecnicamente ma che aveva un pregio fondamentale per Mou, la velocità. Cosa che questo Chelsea oggi non ha, tanto che Mou ha tolto un mostro sacro come Terry, ha puntato sul giovane Zouma ma che ha dovuto ovviare per non aver ricevuto dal mercato estivo John Stones, tra i più reattivi difensori d'Inghilterra.
Affidarsi a vecchie scelte laterali – Un problema non da poco per il gioco di Mourinho che verte sempre sulla spinta laterale. All'Inter, per restare in casa nostra, aveva Maicon sulla destra, Cordoba sulla sinitra due giocatori che martellavano per 90 minuti e che avevano in Javier Zanetti l'alternativa bivalente che garantiva la pressione. Mentre a centrocampo c'era un metronomo naturale come Thiago Motta mentre Muntari (Stankovic) e Cambiasso permettavano copertura adeguata alla difesa. Cosa che nel Chelsea di oggi non c'è. Ivanovic (il Maicon della situazione) paga l'età e malgrado sia un altro scudiero di Mou, non rende più quanto dovrebbe. Ciò costringe il tecnico a valersi di altri, più mediocri, come Azpilicueta, che però non spingono come dovrebbero. Permettendo agli avversari di avanzare e fare pressing.
Puntare tutto su Hazard – Il crollo dell'attuale Chelsea è dato dunque da una campagna di rafforzamento cher per la prima volta nella sua carriera – al di là dell'incondizionata stima da parte di patron Abramovich – sbagliata. In difesa non è arrivato Stones; lo strapagato Baba non trova spazio sulle fasce; a centrocampo Hazard (che dovrebbe fare lo Snijder della situazione) sta vivendo una fase d'anarchia tattica totale, senza compiere i ripiegamenti necessari chiesti da Mou esponendo la difesa agli attacchi avversari. Il salto di qualità, il belga lo sta fallendo e senza la continuità di Oscar (fermato da guai fisici), Fabregas gioca fuori ruolo, facendo pagare le conseguenze a tutto il reparto offensivo.
Le fatiche di Pedro, l'assenza di Falcao – Il ‘tradimento' finale è arrivato poi dall'attacco, con Falcao, Diego Costa e Pedro che sulla carta sarebbero devastanti. Ma il ‘Milito' della situazione – Diego Costa – non è supportato dalla trequarti e spesso è costretto a partire dalla sinistra pestando i piedi ai laterali; Pedro, ennesimo inserimento estivo, mastica male i dettami di Mourinho, costretto a coprire la fascia con i terzini che fatiano a salire. Infine Falcao, el Tigre che non morde più, la cui velocità (che è l'80% delle qualità del colombiano) sembra essere solo una chimera, rendendosi inutile per la squadra.