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Morto a Brescia Azeglio Vicini, l’ex ct della Nazionale italiana aveva 84 anni

L’ex ct della Nazionale, Azeglio Vicini, è morto all’età di 84 anni a Brescia. Entrato nel settore tecnico Azzurto alla fine degli Anni Sessanta, ha guidato l’Under 23 e l’Under 21 prima di raccogliere il testimone da Bearzot al timone dell’Italia. La Figc dispone il minuto di silenzio sui campi da questa sera, in occasione della Coppa Italia, fino al prossimo week-end di campionato.
A cura di Maurizio De Santis
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E' morto a Brescia l'ex commissario tecnico della Nazionale Azeglio Vicini. Avrebbe compiuto 85 anni a marzo. E' stato il tecnico degli azzurri ai Mondiali di Italia 90 ed è rimasto alla guida degli Azzurri fino al 1991 prima di lasciare l'incarico di selezionatore ad Arrigo Sacchi.

La carriera. Approda in azzurro nel 1968, entrando a far parte del settore tecnico della Nazionale. Nel 1975/1976 guida la selezione Under 23 e la porta per mano verso l’Europeo di categoria. In quegli anni Bearzot dipinge d'azzurro il cielo della Spagna con la benedizione di Sandro Pertini, il presidente partigiano. Una fumata di pipa e un giro di carte in aereo: che storia, davvero. Altri tempi, altri uomini, altra stoffa. La loro vita professionale proseguirà come due binari paralleli fino a incrociarsi nello scambio che segnerà il passaggio di testimone alla guida dell'Italia. Azzurri, così amava chiamare la sua squadra: per spirito di servizio e amor patrio, per abnegazione e sacrificio, per quella cultura del lavoro e dei valori di un uomo cresciuto sulla via Emilia, terra di grandi allenatori.

Prima, però, Vicini prende le redini dell’Under 21, partecipa a ben 6 edizioni dei Campionati Europei di categoria e nel 1986 sfiora la vittoria del titolo (s'inchina alla Spagna solo dal dischetto). Di quell'esperienza farà tesoro allevando una generazione di calciatori che quattro anni più tardi faranno sognare gli italiani nelle notti magiche scandite dalle note di Bennato e Nannini, dagli occhi di Schillaci spalancati, da Baggio che era già divino, Vialli e Mancini, Zenga tra i pali e Ferri a randellare davanti alla difesa, Donadoni a ricamare cross, e da un sogno (vincere la Coppa del Mondo in casa) che s'infrangerà a Napoli contro l'Argentina di Maradona. Rigori, maledetti rigori. Ancora una volta.

Avremmo meritato di vincerlo, siamo stati sfortunati – ha sempre raccontato con rammarico e orgoglio -. Noi non perdemmo mai sul campo, sei vittorie e un pari, e arrivammo terzi, l'Argentina fu sconfitta due volte e andò in finale con la vincitrice Germania. Però in quelle notti conquistammo gli italiani, il loro affetto fu travolgente. Infatti quell'Italia-Argentina resta una delle partite più viste in tv di tutti i tempi.

A un passo dal sogno. Uomo di semina e non di raccolta, direbbero quei tifosi coi capelli bianchi che lo ricordano nella sua vita a bordo campo. Agli Europei del 1988, disputati nella Germania Ovest, Vicini porta la Nazionale alle soglie della semifinale ma gli Azzurri di perdono 2-0 dall’allora Unione Sovietica e dovrà accontentarsi del podio. Il muro di Berlino non era ancora caduto ma il commissario tecnico lo aveva già buttato giù alla sua maniera, lanciando un gruppo di talento, la meglio gioventù che allora il calcio italiano sapeva esprimere, al di là di ogni cosa. Gli resterà la consolazione della ‘finalina' conquistata contro l’Inghilterra al San Nicola di Bari.

Da Azeglio ad Arrigo lungo la via Emilia. Chiude la sua carriera in Nazionale nell’ottobre del 1991 (54 partite, 32 vittorie, 15 pareggi e 7 sconfitte – 76 gol fatti e 24 subiti), con l'esonero dall'incarico tre giorni dopo Urss-Italia finita 0-0 e che tagliò fuori la Nazionale dalle qualificazioni per l'Europeo 1992. Al suo posto arrivò Arrigo Sacchi, ma quella è stata un'altra storia. Cambio di panchina, cambio di filosofia ma stessa tempra allevata sulla via Emilia tra San Vittore di Cesena e Fusignano.

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