Montano, talento (mancato) che fuggiva dai ritiri durante le soste natalizie
Una delle storie di calcio può incredibili mai sentite prima. Un amore per la propria terra, per la famiglia e per il suo vissuto quotidiano. Questo ha contraddistinto la carriera di Johnnier Montano, ex conoscenza del calcio italiano che aveva conquistato tutti per il suo talento pazzesco mostrato nelle sue diverse esperienze nei vari club del nostro campionato. Di nazionalità colombiana, è però ricordato soprattutto per le sue lunghe fughe in Colombia per correre dalla sua famiglia, sfuggendo agli impegni con la squadra. Ecco quindi una ricostruzione precisa della vita di questo talento mancato.
I primi passi nel mondo del calcio
Montano brucia tutte le tappe. Nato a Cali in Colombia il 14 gennaio 1983, già da bambino era considerato da tutti un fenomeno tanto da attirare su di sè gli occhi del Quilmes, squadra argentina che lo acquistò quando il baby talento aveva solo 15 anni. Il ragazzino colombiano sembra davvero essere un predestinato con qualità fuori dal normale e in patria bruciò le tappe in maniera inverosimile. Quando aveva ancora 15 anni la squadra del Quilmes lo schierò subito in campo 15 volte e lui realizzò 3 gol, quasi come fosse normale trovarsi di fronte difensori avversari che lo marcano con 10-15 anni di carriera sulle spalle e che si vedono questo bambino velocissimo sbucargli ovunque. Giocò con la nazionale colombiana il torneo di Tolone, una delle manifestazioni più importanti riservate agli Under 20 e lui non sfigurò affatto di fronte a colleghi anche di cinque anni più grandi, anzi, risultò essere uno dei talenti che si mise maggiormente in mostra e che attirò le attenzioni dei più grandi club europei.
L’arrivo al Parma
L'attaccante bruciò letteralmente tutte le tappe e dopo tante convincenti prestazioni il Parma, dopo una spietata concorrenza, lo fece suo alla tenera età di 16 anni. Ad allenare i ducali, in quell’annata, c’era un maestro del nostro calcio: Alberto Malesani. Il tecnico veneto non vedeva l'ora di poter schierare quel baby talento le cui doti erano davvero fuori dal comune. Giunse in Emilia con l’etichetta di futuro fenomeno ma anche di ragazzino un po’ troppo esuberante, Montano salì subito alla ribalta perchè nella serie A 1999-2000 fu il calciatore più giovane del campionato. Il Parma puntava davvero molto su di lui, e lo stesso Malesani ne esaltava spesso le doti, avvisando però tutti che il suo percorso di maturazione era ancora lungo e che era appena cominciato. Per Malesani, ma anche per tutto il resto della dirigenza del Parma, 16 anni erano troppo pochi per affermarsi in fretta in un torneo così competitivo e duro come la Serie A.
I numeri nel primo anno con i ducali
Malesani capisce davvero di avere di fronte a sè un talento smisurato, un ragazzo che però, allo stesso tempo, nascondeva un carattere ombroso e ribelle, un atteggiamento che lo poneva in campo come se giocasse da solo. Fabio Cannavaro lo ribatezzò “Ciro” in quanto dotato di furbizia e scaltrezza come un napoletano. Non contenti del processo di crescita, il Parma lo mandò a farsi le ossa nella Primavera e nell’estate del 2000 lo ritrovò molto più maturo per essere aggregato alla Prima Squadra ed esordire in Serie A. Nel campionato 2000-2001 giocò 5 partite senza andare in gol, rete che però non tardò ad arrivare e che si concretizzò in Coppa Uefa dove fu decisivo nel rocambolesco successo del Parma al Tardini per 3-2 contro il Psv Eindhoven.
La ‘scappatella' e il trasferimento al Verona
La società emiliana, adottò quindi il metodo di farlo crescere con calma, anche se l'ambiente di Parma lo demoralizzò, così passò in prestito, per la stagione 2001-2002, al Verona, allenato proprio dallo stesso Alberto Malesani che lo accolse a braccia aperte. Montano aveva però nostalgia di casa e le pressioni del calcio italiano cominciarono ad essere ben diverse rispetto a quelle della Colombia. Lì aveva amici e parenti, da cui fece ritorno per le vacanze di Natale del 2000. Senza però ritornare indietro. Al termine di Milan-Verona 2-1 del 23 dicembre 2001, l’Hellas concesse le vacanze ai suoi calciatori dando loro appuntamento al centro di allenamento per l’inizio del 2002.
La prima “grande fuga”
Agli allenamenti erano presenti tutti tranne Montano, partito per la Colombia il giorno 24. Malesani chiamò il direttore sportivo per provare a rintracciare il colombiano, ma il cellulare della punta squillava a vuoto oppure risultava spento. La dirigenza veneta, temendo fosse accaduto qualcosa di grave e di brutto, avvisò il Parma, che era la società detentrice del cartellino di Montano. Passata anche la Befana, il presidente parmense si confrontò con Arrigo Sacchi, allora direttore tecnico emiliano, e decisero di spedire due dirigenti in Colombia. I due, dopo aver trovato per ben due volte Montano, prima in un’officina, e poi da una sua fidanzata, da dove Montano riuscì a scappare da una scala antincendio pur di non farsi riprendere, lo riportarono in Italia dove il Verona e Malesani persero la fiducia in lui, rispedendolo al termine della stagione di nuovo al Parma.
Prestito secco al Piacenza e la “seconda fuga”
Montano tornò al Parma che a sua volta lo girò di nuovo in prestito, stavolta al Piacenza. Il tecnico piacentino era Andrea Agostinelli con cui, finalmente, Montano riuscì ad esplodere. Col passare del tempo però, le prestazioni di Montano non furono continue e il colombiano perse il posto da titolare. Durante le vacanze natalizie però, Montano fece perdere ancora le tracce di sé, non presentandosi al raduno di inizio gennaio. Stavolta però non partono spedizioni per la Colombia, Parma e Piacenza decisero di lasciarlo fare. Improvvisamente, ai primi di febbraio, Montano si presentò agli allenamenti del Piacenza, e la società chiamò il Parma stracciando il prestito. Il Parma se lo riprese mandandolo in prestito in giro per il Sudamerica fino alla scadenza del suo contratto.
L’inizio della fine fra i campi sudamericani
La carriera di Johnnier Montano è continuata fra Qatar, Turchia, Colombia e soprattutto Perù, forse l’unico Paese in cui Montano mostra di essere un vero calciatore. Spesso in sovrappeso, oggi milita nello Sport Boys, squadra di Segunda Division del campionato peruviano (la Serie B del Peru’). Per lui 0 presenze e 0 gol e battute conclusive di una carriera che poteva riservargli davvero tanto se solo avesse avuto meno nostalgia di casa e più stabilità.