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Mondiali, la favola della Costa Rica: da Milutinovic a Pinto nel segno dell’Italia

Già a Italia 90 riuscì a sorprendere tutti agguantando gli ottavi di finale. Come oggi a Brasile 2014. Allora in panchina c’era il mago slavo, ora il professor Pinto ma il risultato non cambia. E nemmeno lo spettacolo.
A cura di Alessio Pediglieri
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Adesso tutti si sorprendono di questa Costa Rica, nazione centro americana, un'isola felice tra mito e realtà e di una nazionale che ha ribaltato ogni pronostico sportivo sbattendo in faccia a Uruguay e Italia gioco, gol e vittorie, tagliando per prima e con merito il traguardo della qualificazione agli ottavi di finale  ai Mondiali di Brasile 2014. Così come accadde a Italia '90 quando oltre ogni pronostico raggiunse lo stesso traguardo. Con un filo conduttore che accomuna il tutto e del quale avremmo dovuto stare attenti: l'Italia appunto. 24 anni con il nostro Paese organizzatore, oggi con la nostra Nazionale ridimensionata e sconfitta. E se si vanno a rileggere corsi e ricorsi storici e i precedenti non c'era certo da stare tranquilli ancor prima del fischio d'inizio.

La sorpresa è servita

Oggi la Nazionale costaricana è tra le sorprese più liete e piacevoli di questi Mondiali che hanno già salutato due big, l'Inghilterra e la Spagna. Accompagnata in terra brasiliana da circa 1.500 tifosi festanti e chiassosi che dopo la vittoria con l’Uruguay piangevano di gioia sugli spalti, adesso vivrà come una piacevolissima passerella l'ultimo match contro i Leoni di Sua Maestà che hanno sperato nel miracolo azzurro, restando delusi e venendo anzitempo eliminati. Ma il mito della Costa Rica ha origini sportive profonde, perché già una volta sorprese il mondo del pallone.

La prima favola, targata Milutinovic

Era la Nazionale del globtrotter delle panchine, Bora Milutinovic, genio e sregolatezza tra i Ct che proprio in Italia, nel '90, con una squadra vivace e imprevedibile sconfisse Scozia e Svezia arrivando agli ottavi. Dove venne fermata dalla Cecoslovacchia. Fu proprio il tecnico a dare una identità di gioco che oggi a distanza di 24 anni sembra essere stata presa a modello dalla nazionale costaricana di Pinto: gioco tecnico e coraggioso, una ricerca del gol anche a costo di rischiare troppo in difesa, corsa e autostima.

Precedenti agrodolci

Il legame con il nostro Paese, però, non si esaurisce con Italia ’90. Portò piuttosto fortuna, infatti, l’amichevole dell’11 giugno 1994 con l'Italia di Sacchi, quando la gara finì 1-0 ed era l’ultima sfida prima del mondiale statunitense che ci avrebbe visto arrivare in finale, purtroppo poi persa ai rigori contro il Brasile. Sempre meglio di quanto ci andò una decina di anni prima, alle Olimpiadi di Los Angeles quando segnò Rivers per la Costa Rica e perdemmo, in una delle brutte figure olimpiche di sempre.

Da Bora a Pinto, la coscienza di potercela fare

Oggi la Nazionale di Pinto ha dato ulteriore dimostrazione di essere forse una squadra ancor più concreta e motivata rispetto a quella di Milutinovic. E' cresciuta tatticamente e quando il Ct alla vigilia della sconfitta odierna aveva ricordato che "L'Italia la conosco benissimo, avrò visto una trentina di partite degli azzurri e oramai so tutto di loro" c'era da ascoltarlo e temerlo. E' vero, quest'Italia ha giocato malissimo, non ha funzionato nulla o quasi ma il merito è anche il gioco espresso da Campbell, Ruiz e compagni. Che adesso cullano il sogno di chiudere da primi del girone e di presentarsi agli ottavi come autentica mina vagante pronta a riesplodere di 90 minuti in 90 minuti.

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