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Mondiali 2018, lavoratori trattati come schiavi per i lavori dei nuovi stadi in Russia

Grande indignazione per un reportage proveniente dalla Norvegia che evidenzia le condizioni di schiavitù in cui vivono e lavorano alcuni lavoratori nord-coreani impiegati per la costruzione del nuovo stadio dello Zenit San Pietroburgo.
A cura di Marco Beltrami
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Una storia anacronistica, che non può che suscitare indignazione. La rivista norvegese Josimar ha pubblicato un reportage che ha evidenziato una situazione assurda proveniente dalla Russia. Nei lavori per la costruzione del nuovo stadio dello Zenit San Pietroburgo, uno dei fiori all’occhiello del prossimo Paese che dovrà ospitare i Mondiali nel 2018, sono stati impiegati circa 110 lavoratori provenienti dalla Corea del Nord, in condizioni di vera e propria schiavitù. Uomini privati di ogni diritto, pagati cifre irrisorie vicine ai 100 dollari, di cui il 70% finisce nelle case del regime nordcoreano, vivendo in maniera letteralmente indecorose.

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Nel reportage shock viene evidenziato che, come confermato dalle organizzazioni umanitarie russe, sono circa 30mila i lavoratori venduti dalla Nord Corea alle imprese che in Russia lavorano in settori come quello minerario o edile. Ecco allora che molti di questi sono stati “girati” nei lavori per la nuova casa della prestigiosa società biancoceleste, e non solo,  al centro di ulteriori polemiche per una vicenda legata alle cifre investite. Il prezzo iniziale di 220 milioni di dollari, è salito fino a 1.5 miliardi a conferma di spese spesso non giustificate e gonfiate.

Per quanto riguarda i lavoratori nord-coreani che operano sullo stadio, si tratta di uomini e donne che lavorano senza alcun diritto, nemmeno quelli basilari. Dopo essere stati deportati, dietro la promesse del regime del proprio paese di benefici per i propri cari e la propria famiglia, i lavoratori-schiavi sono costretti a lavorare addirittura dalle 7 di mattina fino a mezzanotte, 7 giorni su 7, beneficiando solo di due giorni di riposo al mese. Condizioni pesantissime che spesso gli operai non reggono come confermato dal decesso di alcuni di essi, nel silenzio generale.

Il fatto che questi nord-coreani preferiscano lasciare la loro terra per lavorare in queste condizioni la dice lunga sulla loro situazione in patria. Si ripropone dunque una situazione che ha sollevato numerose polemiche per i Mondiali del Qatar, con altri operai in condizioni davvero al limite. Ora bisognerà capire se la Fifa deciderà di fare qualcosa di concreto contro questa palese violazione dei diritti umani che sta letteralmente indignando l’intero palcoscenico internazionale.

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