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Moise Kean: “Sudore, asfalto, fame di vincere. Sono cresciuto così e non lo dimentico”

Dall’oratorio alla Nazionale, l’attaccante della Juventus racconta se stesso in una intervista a The Players’ Tribune. “Ringrazio il parroco che non chiudeva mai a chiave il cassetto dove teneva il pallone. E’ lì che ho imparato a giocare a calcio, a non mollare mai. E allora nemmeno i colpi di Chiellini in allenamento ti fanno paura…”.
A cura di Maurizio De Santis
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Non dimenticare mai da dove vieni. E' così che Moise Kean, 19 anni, si racconta nell'intervista a The Players' Tribune. Lo fa senza filtri, partendo da se stesso, da quel ragazzino che rubava la palla dall'ufficio del prete – dice col sorriso sulle labbra – per andare a giocare al calcio, la sua passione. "Sono cresciuto ad Asti, in provincia di Torino. E se nel nostro quartiere volevi fare una partita e non avevi il pallone sapevi che lì, nell'oratorio nei pressi di casa, potevi sempre trovarlo… Il parroco era un brav'uomo, lo teneva nel cassetto e non lo ha mai chiuso a chiave".

Da Asti alla Nazionale, 5 cose che ha imparato all'oratorio (e lo hanno aiutato)

Moise sognava di diventare un calciatore, ci è riuscito fino a debuttare in Serie A, in Champions League e poi con la maglia della Nazionale Azzurra. Qualità, un pizzico di fortuna, consapevolezza che la potenza è nulla senza controllo, duro lavoro, mai mollare: tutte cose che il giovane attaccante della Juventus porta dentro di sé e lo hanno aiutato a imporsi nella Primavera bianconera così come a non aver paura del debutto in prima squadra.

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Il valore del sacrificio e i calci di Chiellini in allenamento

Non è presunzione, né sicumera al limite dell'impertinenza. Kean ha fortificato il carattere saggiando l'asfalto nelle sfide sei contro sei sul campo dietro la chiesa. "E' così che ho imparato a giocare a calcio". E' lì che ha imparato il valore del sacrificio, quando serviva mettere da parte 10 euro a settimana per partecipare e al vincitore sarebbe andato l'intero importo.

Quando giochi a calcio in questo modo impari ad avere la fame giusta per giocare. Impari che il calcio, come la vita, ha alti e bassi. A volte si segna nell'ultimo minuto di una partita e vinci 60 euro per tutti. A volte no. Quando cresci così anche gli interventi più duri in allenamento di Giorgio Chiellini non sembrano così spaventosi… – sorride e mostra una cicatrice sulla caviglia -. Una volta provai a liberarmi di lui con un trucchetto e mi colpì senza troppi complimenti. Adesso mi alleno con calciatori molto forti ma penso sempre ai ragazzi dell'oratorio perché è da lì che tutto è cominciato.

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