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Milan, trent’anni di Berlusconi: dalle Valchirie a… Mister Bee?

Il 20 febbraio 1986, Berlusconi acquista le quote di maggioranza del Milan. Ecco come è iniziata una stagione che ha cambiato la storia del club e del calcio in Italia.
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Trent'anni di coppe e di campioni. Trent'anni di glamour e televisioni. Trent'anni di presidenza Berlusconi. Il 20 febbraio 1986 al Milan cambiava un'era. Si apriva una stagione che avrebbe cambiato il mondo del calcio e il calcio nel mondo.

Giussy Farina – Il percorso comincia venerdì 13 dicembre, quando si dimette Giuseppe Farina, per tutti Giussy, diciannovesimo presidente del Milan. “Sarei Giuseppe Antonio, ma siccome era un nome troppo lungo mi chiamavano Giussano, donde il diminutivo” racconta al Giornale Farina, che ha collezionato dieci squadre di calcio (Milan, Vicenza, Padova, Modena, Livorno, Rovigo, Legnago, Valdagno, Schio e Audace San Michele) e tre matrimoni: nel 1956 sposò la contessa veronese Carla Rizzardi, dopo 25 anni si legò in Catalogna con Gabriella Casini, per poi legarsi, in anni più recenti, all'australiana Dunja Adcock prima e a Luciana Gaspari, esperta in diritto del lavoro e vedova dell’avvocato Vittorio Avrese, patrizio della Serenissima che si fregiava del titolo di principe. Il passaggio delle quote di maggioranza, per quasi 6 miliardi di lire dell'epoca, è un'operazione complessa. L'ex vicepresidente Gianni Nardi chiede addirittura il sequestro cautelativo per la tutela di un credito di 7,1 miliardi nei confronti di Farina, richiesta che sembra disposto a ritirare in cambio di un accordo con il petroliere Dino Armani. Ma i tifosi vogliono Berlusconi. I tifosi però vogliono Berlusconi. In occasione di Milan-Sampdoria, l'ultima domenica prima dell'accordo, inondano la curva della fossa rossonera con lunghissimi striscioni difficili da equivocare: “Silvio Milano ti ama”, “Silvio salvaci dalla vergogna”, “Silvio il nostro scudetto sei tu, cancella questa società di ladri”. “Non so più se è stato un atto di amore o una follia – ha detto Paolo Berlusconi -. Ma penso proprio che il cuore abbia prevalso sulla ragione. Ecco, ci siamo messi una mano sul cuore e abbiamo deciso di anticipare i tempi”.

La reazione – “Non ho mai rifiutato la trattativa” ricordava al Giornale Farina. “Sono andato via perché avevo degli impegni irrinunciabili in Sudafrica. Non sono scappato. Sapevo di non poter rimanere presidente a vita. Mi sembrava normale che il Milan non restasse a un vicentino, era giusto che lo prendesse un imprenditore milanese. Prima di partire sono andato a trovare Berlusconi ad Arcore. Prendilo tu, gli ho detto. ‘Ti invidio quella bella testa di capelli neri che hai', mi ha risposto”. Berlusconi si accolla debiti per 13 miliardi, ma riceve una squadra dal parco giocatori intatto, con Baresi, Costacurta, Tassotti, Albertini, Maldini. Sul palco del teatro Manzoni diventa presidente il 24 marzo 1986 e accantona subito un'icona come Gianni Rivera. Fa ristrutturare la sede di via Turati, organizza il club come le sue aziende pubblicitarie e introduce la divisione marketing, una novità per la Serie A.

Il primo raduno – Vede il calcio come spettacolo. Al primo raduno atterra assieme alla squadra in elicottero all'Arena con la Cavalcata delle Valchirie, chiede maglie rinforzate come nel football americano ma si accontenta dell'acrilico, dai colori più vivi che in televisione si vedono meglio. “La squadra si trovò a Linate senza rendersi conto di quello che stava accadendo. Ci presero in giro, ma con gli elicotteri il presidente dimostrò subito la voglia di stupire. E noi capimmo che il vento era cambiato” raccontava alla Stampa Franco Baresi, che Farina voleva vendere alla Sampdoria per risanare le casse della società. “Cominciava un periodo di grande solidità economica. Il Milan stava per fallire, l'ex presidente Farina era in fuga: avevamo appena il pullman, ci siamo trovati in elicottero…”. Quell'estate, il Milan gioca un'amichevole contro il PSV Eindhoven a Barcellona. “Berlusconi vede Gullit e ci dice: ecco, questo è uno da Milan. Lo conoscevano in pochi, Ruud allora giocava in difesa. Aveva visto lontano” ricorda sempre Baresi.

Spirito guida – "Ho un ricordo vivido di 30 anni fa” ricorda all'Ansa Bobo Craxi, nel cda del Milan dal 1988 al 1993. “All'epoca ricordo che anche mio padre Bettino incoraggiò quella scelta. Papà teneva per il Torino ma pensava che il Milan potesse essere una grande attrazione per Berlusconi e Milano. In particolare ricordo Confalonieri e i milanisti di stretta osservanza della famiglia e che erano miei compagni di stadio all'epoca, che spingevano per l'acquisto. L'inizio non fu semplice, anzi il primo anno della nuova proprietà con Liedholm in panchina fu abbastanza complicato e anche i primi mesi con Sacchi, ma allora Berlusconi fu bravo e insistette su Arrigo. Insomma, Berlusconi introdusse un modo di fare calcio che non si vedeva dagli anni '50: non più padre padrone ma capo azienda”.

La scelta di Sacchi – Il primo Milan targato Berlusconi, nella stagione 1986-87 debutta in Coppa Italia contro il Parma, che gioca in serie B ma sfodera un calcio brillante, innovativo, decisamente moderno. A San Siro c'è l'aria della festa, ma Davide Fontolan segna dopo pochi minuti e il Parma vince 1-0. Pochi mesi dopo, i gialloblù tornano a Milano per gli ottavi di finale. Cambia il marcatore, Mario Bortolazzi, e il momento del gol, segnato nel finale, ma non la sostanza. Berlusconi capisce che l'allenatore di quel Parma è l'uomo giusto, è il tassello che manca al suo Milan: si chiama Arrigo Sacchi. “Venne a trovarmi negli spogliatoi, mi fece i complimenti e disse che avrebbe seguito la mia carriera” ha raccontato. E poco tempo dopo, con il tramite di Ettore Rognoni, allora capo della redazione sportiva di Mediaset, chiese di incontrarmi». Restano a parlare per ore, “dalle otto di sera fino alle tre del mattino. Gli spiegai le mie teorie sul calcio, l’importanza della tattica e della qualità degli uomini. Ma quella notte non si concluse nulla. Il giorno dopo Berlusconi doveva andare a Roma per ingaggiare Baudo e la Carrà e portarli alle sue tv. E io intanto avevo in caldo una proposta della Fiorentina. Non mi sentivo di dire no a un invito così allettante ma Galliani non mi mollò un istante. E alla fine firmai per il Milan: contratto in bianco, dissi, mettete voi la cifra. E loro mi diedero meno di quel che prendevo al Parma. Ma a ogni stagione chiusa con una vittoria importante, lo stipendio raddoppiava”.

Cambia la storia – Fissa i premi non per le singole vittorie, ma per gli obiettivi finali: se arrivano coppe e titoli, soldi e gloria non mancano per nessuno. “Quanto capii che voleva davvero portarmi al Milan, gli dissi: lei è un pazzo o un genio” ricorda Sacchi. Sceglierlo, ammette a trent'anni di distanza Baresi, è il suo primo colpo di teatro. “Nessuno avrebbe portato al Milan un simile allenatore. Se non Berlusconi, che con Arrigo condivideva l'idea di vincere e divertire insieme”. E non solo. Quando annunciò la decisione di prendere Sacchi, un giornalista gli chiese: "E chi è?". In una risposta, Berlusconi traccia la visione di una storia che sarà. "E' il tecnico con la paranoia della vittoria”. Il Milan non sarà più lo stesso, conclude Baresi. “Era diventato impossibile essere normali: non potevamo essere una squadra come le altre”.

E ora? – Dopo trent'anni, il Milan è a un nuovo bivio. Mister Bee non ha trovato ancora i 480 milioni di euro per arrivare al 48% del Milan. Di fatto, il rappresentante della cordata di investitori cinesi deve riassemblare la squadra di imprenditori. Da una parte, Bee Taeuchabol non è riuscito a destreggiarsi efficacemente nelle alchimie delle correnti che attraversano il Governo di Pechino e il partito comunista cinese, tant’è che a settembre 2015 Citic Bank, il suo principale finanziatore, ha fatto venir meno improvvisamente il suo appoggio. Allo stesso tempo, il piano prevede, dopo l'acquisizione del 48%, la quotazione su una Borsa asiatica come ultimo passaggio per l’acquisizione del controllo finale del Milan, un processo che richiederebbe almeno un paio di anni. I potenziali acquirenti, questo il problema, a fronte dell'investimento cospicuo vorrebbero più voce in capitolo: sarebbe forse più facile trovare un gruppo di imprenditori disposti a spendere di più, anche il doppio, ma per avere tutto il Milan e subito. Così, Berlusconi cerca altre strade, che portano comunque in Cina, e all'accordo con Le Sports per ritrasmettere Milan Channel. Ma l'affare Luis Adriano, rispedito indietro dalla Cina, non lascia buoni presagi.

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