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Milan, Ménez senza filtro: “Se non ci fosse stato il calcio, forse sarei finito in galera!”

La seconda vita di Menez in Italia: dalla Roma al Milan, l’ex Psg si racconta senza censure in una curiosa intervista.
A cura di Alberto Pucci
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Dici Milan e pensi a Jeremy Ménez. Arrivato la scorsa estate, quasi per caso, il francese si è caricato sulle spalle l'idea di Filippo Inzaghi traghettandola nel campionato di Serie A. Il volto (ed il modo di stare in campo) dell'ex Psg, somiglia molto a ciò che ha fatto vedere il Diavolo in queste prime 15 giornate: a volte spettacolare, in diverse occasioni spento e abulico. Esattamente come il suo sette: numero che, da queste parti, evoca ancora un certo Andriy Shevchenko. Ma più che all'ucraino, Ménez somiglia allo splendido Ibrahimovic ammirato qualche stagione fa: l'unico in questi anni (insieme a Kakà) ad aver acceso la fantasia dei tifosi rossoneri. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Jeremy Ménez ha raccontato la sua adolescenza difficile, passata in una delle "banlieu" più problematiche di Parigi: "Dal mio quartiere me ne sono andato al momento giusto – spiega il francese – Sono partito per Sochaux a 13 anni, l’età in cui puoi iniziare a fare le stupidaggini più grosse. Se non ci fosse stato il calcio nella mia vita, forse sarei finito in galera dove, tra l'altro, ci sono finiti un sacco di miei amici per furti e droga. Ho continuato a sentirli anche quando erano dentro e, ogni volta, mi accorgevo di quanto fosse sottile il filo che divide una vita felice da una buttata via. Ferguson mi voleva? Avevo 16 anni e pensavo di essere troppo giovane per il Manchester United. Pentito della scelta? Mai!"

Gli amici di Roma e la panzetta – Le stagioni passate nella Capitale, sono volate via senza grandi emozioni. Tra le poche, Jeremy Ménez conserva quella dell'amicizia con due pilastri del calcio giallorosso: "Totti e De Rossi sono un bel ricordo del periodo di cui ho giocato a Roma, li porto nel cuore – ha raccontato – Sono legato molto a Mexes e a Benzema, che per me è come un fratello. Gli amici veri, però, li ho fuori dal calcio, Li vedo e sento spesso. I social network? Così è troppo facile, prendi il telefonino e scatti una foto, scrivi quattro cose e condividi tutto. E poi? E' così automatico che quasi non pensi neanche più a quello che scrivi e a quello che dici". In campo e fuori, Ménez è diventato un leader "silenzioso". A 27 anni, il francese è già pronto per recitare il ruolo di grande saggio nello spogliatoio del Milan di Inzaghi: "Ha ragione Ibra, anch'io mi sento un vino, più invecchio e più sono buono – ha scherzato il rossonero – Come mi immagino da vecchio? Non saprei, so solo che se invecchi bene hai vissuto bene. Non mi preoccupo molto dell'età che avanza, voglio giocare per altri 7/8 anni e dopo, alla faccia degli esteti, metter su anche un po' di panzetta: amo mangiare e sono sicuro che, quando smetterò, ce l'avrò. Ci metto la firma!".

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