Milan, ecco perché Raiola ha fatto bene a non far rinnovare a Donnarumma
Il divorzio tra Gigio Donnarumma e il Milan non se l'aspettava nessuno. Tutti credevano che le frizioni degli ultimi giorni fossero superate e sarebbero state spianate dal tanto atteso faccia a faccia tra società, giocatore e procuratore. Eppure, le ragioni per le quali il fortissimo portiere rossonero ha deciso di non proseguire nel rapporto con il Milan sono molto più antiche e radicate in ben altre motivazioni che evadono la mera sfera economica o professionale. E' vero: l'offerta del Milan a 4 milioni più bonus non sarà mai all'altezza di ciò che stanno per proporre i vari Real Madrid, Psg o Manchester United. Ed è altrettanto vero che nella prossima stagione il club rossonero dovrà risalire la china e provare solamente ad affacciarsi alla Champions League, da raggiungere attraverso la classifica, con mille incognite e pericoli che altre big d'Europa potrebbero risparmiare a Donnarumma. Ma non è questo il perché di uno strappo definitivo.
Il piano finanziario ‘creativo' del Milan – Riavvolgiamo il nastro del tempo. La verità del ‘no' di Donnarumma al Milan risale allo scorso marzo. E' il mese della presentazione del piano finanziario del Milan all'UEFA per mettersi a disposizione secondo i parametri del Fair Play Finanziario. Nel piano che Fassone porta a Nyon – che non convince l'Uefa – ci sono alcuni punti d'ombra. Il primo è legato ai 200 milioni previsti sul ricavo attraverso il mercato asiatico, il secondo è l'inserimento dei ricavi dalla partecipazione alla Champions League 2018-2019, qualificazione che il Milan non ha ancora ottenuto. Siamo ancora con il Milan in fase di closing, di fatto la proprietà è ancora Fininvest.
La "figura di merda" dei cinesi – Nello stesso periodo, si parla già di Donnarumma, di rinnovi, di proposte per il super portiere del futuro. E nello stesso periodo lo stesso Raiola parla e – mai convinto sin dall'inizio della cessione ai cinesi – storce il naso e sui nuovi proprietari rossoneri, il 18 marzo racconta le sue impressioni: "Non conosco i cinesi del Milan, ma finora stanno solo facendo una figura di merda. Non mi sembra sul piano pubblicitario una situazione molto positiva, io spero che entrino nel Milan e facciano cose importanti. Ma non ci credo. Ci sono cinesi e cinesi, sono più di un miliardo. Quelli dell'Inter li ho incontrati, li conosco, sono persone serie".
Il closing senza soldi – Poi, l'acquisto del Milan dalla famosa cordata cinese che mai ha convinto Raiola, procuratore di primissimo piano, il cui parere – nolenti o volenti – è sempre da considerare in chiave mercato. Un acquisto che arriva con un nuovo colpo di scena. I cinesi non sembrano avere i fondi liquidi necessari per acquisire realmente la società ma Fininvest non può permettersi di far saltare la cessione e riaccolarsi un club da 9 milioni di perdite mensili e dai progetti tecnici in altissimo mare.
Il prestito del fondo Elliott – Così, ecco spuntare gli americani di Elliott, legati a Goldman Sachs, che anticipano i 300 milioni di euro ai cinesi. La promessa è restituirli entro un anno. Una garanzia? No. Elliott Management Corporation, il nome per esteso della società, ha garantito i milioni di euro sotto forma di prestito ponte ma con un tasso di interesse altissimo, dell’11%, proprio per l’alto profilo di rischio evidentemente riscontrato dagli analisti di Elliott su Yonghong Li che avrebbe convinto Elliott che il governo di Pechino prima o poi scongeli i fondi, bloccati dalle norme più restrittive per l’espatrio di capitali.
Il Milan in mano agli speculatori – Ma soprattutto, il fondo Elliott è in realtà conosciuto per le sue attività speculative sui debiti sovrani, come quello argentino. Nessuna garanzia, dunque, bensì una spada di Damocle: se i cinesi non restituiranno i 300 milioni entro 12 mesi, il Milan passerà di proprietà alla Elliott e il suo futuro sarebbe o il fallimento o la liquidazione.
L'Uefa chiede chiarimenti al Milan – Agli inizi di giugno, un'altra tegola che allontana Donnarumma dal Milan e porta Raiola a radicalizzare il proprio pensiero: il 9 giugno, il Milan emette un comunicato che passa quasi inosservato ma dal peso specifico importante.
"AC Milan comunica che, non sussistendo i tempi tecnici necessari per addivenire a un'utile intesa, d'accordo con la competente Commissione dell'UEFA si è deciso il ritiro della domanda di "Voluntary Agreement" presentata lo scorso dicembre 2016, con contestuale presentazione di altra, analoga, domanda, che sarà discussa con l'UEFA nell'autunno del 2017 – si legge sul sito ufficiale -. L'intesa conseguente produrrebbe i suoi effetti a partire dalla stagione sportiva 2018/19″.
Ciò significa semplicemente che l'Uefa ha chiesto al Milan chiarimenti sulla struttura proprietaria cinese e proprio su queste ultime prospettive di ricavi, reali. In pratica, ciò che è stato presentato da Fassone a marzo, studiato a fondo dal quartier generale a Nyon lascia parecchi vuoti. Da qui, la decisione del club rossonero di ritirare la richiesta iniziale e aggiornare la situazione ad ottobre.
L'ultima carta di Mino – E si arriva ai giorni nostri. Con questo scenario, Mino Raiola ha le idee più che chiare: rinnovare è impossibile, non ci sono i presupposti per la tutela di un diciottenne che ha un futuro radioso davanti a sè. Perché il futuro della società è tutt'altro che chiaro con una proprietà che resta un punto interrogativo enorme. Ma Raiola – alla faccia dei suoi detrattori che ne condannano la moralità e l'operato – si gioca anche l'ultima carta per far sì che Donnarumma a 18 anni non venga sballottato qua e là nella lavatrice di un mercato che lo potrebbe stritolare.
La clausola rifiutata – Nel contratto che il Milan offre – e che l'entourage di Donnarumma non commenta né respinge – chiede che venga inserita una clausola che permetta al calciatore di svincolarsi a costo ragionevole qualora la situazione societaria del Milan dovesse precipitare. Un salvagente che permetterebbe al giocatore di essere comunque libero fra 12 mesi. Ma Fassone e Mirabelli rifiutano restando sulle proprie posizioni. Così come Raiola. E Donnarumma lascia il Milan da separato in casa, insultato dai tifosi sul web, con la famiglia minacciata e un tritacarne mediatico che lo condanna ad essere il ‘Giuda' più giovane di sempre. Ma siamo sicuri che sia davvero tutta colpa di Gigio e di Mino?