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Milan, ecco perché Raiola ha fatto bene a non far rinnovare a Donnarumma

Una cessione ad un gruppo cinese senza garanzie, un piano finanziario ‘creativo’ respinto dall’Uefa, un gruppo americano famoso per le speculazioni finanziarie che deve ricevere 300 milioni entro 12 mesi e una clausola rifiutata dal Milan. Ecco perché Donnarumma non ha rinnovato. E il tradimento per denaro non c’entra nulla.
A cura di Alessio Pediglieri
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Il divorzio tra Gigio Donnarumma e il Milan non se l'aspettava nessuno. Tutti credevano che le frizioni degli ultimi giorni fossero superate e sarebbero state spianate dal tanto atteso faccia a faccia tra società, giocatore e procuratore. Eppure, le ragioni per le quali il fortissimo portiere rossonero ha deciso di non proseguire nel rapporto con il Milan sono molto più antiche e radicate in ben altre motivazioni che evadono la mera sfera economica o professionale. E' vero: l'offerta del Milan a 4 milioni più bonus non sarà mai all'altezza di ciò che stanno per proporre i vari Real Madrid, Psg o Manchester United. Ed è altrettanto vero che nella prossima stagione il club rossonero dovrà risalire la china e provare solamente ad affacciarsi alla Champions League, da raggiungere attraverso la classifica, con mille incognite e pericoli che altre big d'Europa potrebbero risparmiare a Donnarumma. Ma non è questo il perché di uno strappo definitivo.

Il piano finanziario ‘creativo' del Milan – Riavvolgiamo il nastro del tempo. La verità del ‘no' di Donnarumma al Milan risale allo scorso marzo. E' il mese della presentazione del piano finanziario del Milan all'UEFA per mettersi a disposizione secondo i parametri del Fair Play Finanziario. Nel piano che Fassone porta a Nyon  – che non convince l'Uefa – ci sono alcuni punti d'ombra. Il primo è legato ai 200 milioni previsti sul ricavo attraverso il mercato asiatico, il secondo è l'inserimento dei ricavi dalla partecipazione alla Champions League 2018-2019, qualificazione che il Milan non ha ancora ottenuto. Siamo ancora con il Milan in fase di closing, di fatto la proprietà è ancora Fininvest.

La "figura di merda" dei cinesi – Nello stesso periodo, si parla già di Donnarumma, di rinnovi, di proposte per il super portiere del futuro. E nello stesso periodo lo stesso Raiola parla e – mai convinto sin dall'inizio della cessione ai cinesi – storce il naso e sui nuovi proprietari rossoneri, il 18 marzo racconta le sue impressioni: "Non conosco i cinesi del Milan, ma finora stanno solo facendo una figura di merda. Non mi sembra sul piano pubblicitario una situazione molto positiva, io spero che entrino nel Milan e facciano cose importanti. Ma non ci credo. Ci sono cinesi e cinesi, sono più di un miliardo. Quelli dell'Inter li ho incontrati, li conosco, sono persone serie".

Il closing senza soldi – Poi, l'acquisto del Milan dalla famosa cordata cinese che mai ha convinto Raiola, procuratore di primissimo piano, il cui parere – nolenti o volenti – è sempre da considerare in chiave mercato. Un acquisto che arriva con un nuovo colpo di scena. I cinesi non sembrano avere i fondi liquidi necessari per acquisire realmente la società ma Fininvest non può permettersi di far saltare la cessione e riaccolarsi un club da 9 milioni di perdite mensili e dai progetti tecnici in altissimo mare.

Il prestito del fondo Elliott – Così, ecco spuntare gli americani di Elliott, legati a Goldman Sachs, che anticipano i 300 milioni di euro ai cinesi. La promessa è restituirli entro un anno. Una garanzia? No. Elliott Management Corporation, il nome per esteso della società, ha garantito i milioni di euro sotto forma di prestito ponte ma con un tasso di interesse altissimo, dell’11%, proprio per l’alto profilo di rischio evidentemente riscontrato dagli analisti di Elliott su Yonghong Li che avrebbe convinto Elliott che il governo di Pechino prima o poi scongeli i fondi, bloccati dalle norme più restrittive per l’espatrio di capitali.

Il Milan in mano agli speculatori – Ma soprattutto, il fondo Elliott è in realtà conosciuto per le sue attività speculative sui debiti sovrani, come quello argentino. Nessuna garanzia, dunque, bensì una spada di Damocle: se i cinesi non restituiranno i 300 milioni entro 12 mesi, il Milan passerà di proprietà alla Elliott  e il suo futuro sarebbe o il fallimento o la liquidazione.

L'Uefa chiede chiarimenti al Milan – Agli inizi di giugno, un'altra tegola che allontana Donnarumma dal Milan e porta Raiola a radicalizzare il proprio pensiero: il 9 giugno, il Milan emette un comunicato che passa quasi inosservato ma dal peso specifico importante.

"AC Milan comunica che, non sussistendo i tempi tecnici necessari per addivenire a un'utile intesa, d'accordo con la competente Commissione dell'UEFA si è deciso il ritiro della domanda di "Voluntary Agreement" presentata lo scorso dicembre 2016, con contestuale presentazione di altra, analoga, domanda, che sarà discussa con l'UEFA nell'autunno del 2017 – si legge sul sito ufficiale -. L'intesa conseguente produrrebbe i suoi effetti a partire dalla stagione sportiva 2018/19″.

Ciò significa semplicemente che l'Uefa ha chiesto al Milan chiarimenti sulla struttura proprietaria cinese e proprio su queste ultime prospettive di ricavi, reali. In pratica, ciò che è stato presentato da Fassone a marzo, studiato a fondo dal quartier generale a Nyon lascia parecchi vuoti. Da qui, la decisione del club rossonero di ritirare la richiesta iniziale e aggiornare la situazione ad ottobre.

L'ultima carta di Mino – E si arriva ai giorni nostri. Con questo scenario, Mino Raiola ha le idee più che chiare: rinnovare è impossibile, non ci sono i presupposti per la tutela di un diciottenne che ha un futuro radioso davanti a sè. Perché il futuro della società è tutt'altro che chiaro con una proprietà che resta un punto interrogativo enorme. Ma Raiola – alla faccia dei suoi detrattori che ne condannano la moralità e l'operato – si gioca anche l'ultima carta per far sì che Donnarumma a 18 anni non venga sballottato qua e là nella lavatrice di un mercato che lo potrebbe stritolare.

La clausola rifiutata – Nel contratto che il Milan offre  – e che l'entourage di Donnarumma non commenta né respinge – chiede che venga inserita una clausola che permetta al calciatore di svincolarsi a costo ragionevole qualora la situazione societaria del Milan dovesse precipitare. Un salvagente che permetterebbe al giocatore di essere comunque libero fra 12 mesi. Ma Fassone e Mirabelli rifiutano restando sulle proprie posizioni. Così come Raiola. E Donnarumma lascia il Milan da separato in casa, insultato dai tifosi sul web, con la famiglia minacciata e un tritacarne mediatico che lo condanna ad essere il ‘Giuda' più giovane di sempre. Ma siamo sicuri che sia davvero tutta colpa di Gigio e di Mino?

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