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Mertesacker: “Non ce la faccio più. Prima di ogni gara vomito e ho la diarrea”

Il difensore dell’Arsenal, campione del Mondo con la Germania nel 2014, racconta il proprio malessere. A fine stagione chiuderà la carriera, non ce la fa più a reggere la pressione delle gare e svela: “Nel 2006 quando perdemmo la semifinale con l’Italia ero dispiaciuto ma sollevato. Pensavo solo che finalmente era tutto finito”.
A cura di Maurizio De Santis
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Attacchi di diarrea e vomito. Per Mertesacker, 33 anni, difensore tedesco della nazionale e bandiera dell'Arsenal (indossa la maglia dei Gunners dal 2011), confessa di star male. Non ce la fa più. A fine stagione appenderà le scarpette al chiodo e dirà basta a un mondo che gli va così stretto da soffocarlo. In carriera ha vinto molto: 3 Coppe d'Inghilterra e 2 Supercoppe Oltremanica, 1 Coppa di Germania (conquistata con il Werder Brema) e 1 Coppa del Mondo (nel 2014, in Brasile). Adesso è stufo, ne ha abbastanza da restare preda della cosiddetta crisi di rigetto. Quel che gli succede ogni volta che deve affrontare un evento agonistico.

So che noi calciatori siamo privilegiati – ha ammesso nell'intervista a Der Spiegel –, ma a un certo punto capisce che il tutto è solo un peso. Fisico e mentale.

Una brutta sensazione, davvero. Gli parte dallo stomaco, come se qualcuno gli stringesse le budella e poi gliele facesse sputare. Mal di pancia, conati di vomito, senso di torpore li ha provati tante volte. Finita la magia del divertimento, quando sopraggiunge lo stress della prestazione e del risultato a ogni costo allora ogni cosa può diventare un incubo. E stai male, così racconta Mertesacker.

E' come se tutto quel che viene dopo il fischio d'inizio facesse vomitare. I giocatori vengono valutati solo per le loro prestazioni. Quando giochi non ti diverti più. Spesso secondo me gli infortuni sono mentali. Ogni volta che arrivavo al limite mi facevo male.

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Porterà la stagione a termine poi, complice anche un'annata che lo vede spesso dietro le quinte (11 presenze in tutte le competizioni ufficiali), dirà addio all'Arsenal e al calcio giocato.

Mi dicono tutti che essendo il mio ultimo anno devo dare il massimo, ma io non ce la faccio più. Preferisco stare in panchina, o, meglio ancora, in tribuna. Con la partita d'addio sarò finalmente libero.

Libertà è la parola che usa spesso per sottolineare il concetto e far capire bene all'interlocutore. Insomma, la misura è colma. E se quand'era un po' giovane tollerava meglio la pressione adesso proprio non ne può più. Per essere più chiaro cita un esempio in particolare: la Coppa del Mondo giocata in Germania nel 2006, quando aveva 21 anni.

Quando perdemmo la semifinale con l'Italia ero dispiaciuto ma sollevato. Me lo ricordo ancora come fosse oggi – ha aggiunto -. Pensavo solo che era tutto finito, tutto finito. Che finalmente era tutto finito.

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