Mancini: un po’ di Sarri e di Ancelotti per un’Italia versione Napoli
Finalmente sembra che l'Italia abbia imbeccato la direzione corretta su cui viaggiare e ingranare la quarta. Dopo una serie di incroci e contromano pericolosi, la rotta indicata da Roberto Mancini sta evitando ulteriori contrattempi sul cammino della rinascita. La squadra che ha vinto in Polonia, figlia anche della buona prova con l'Ucraina sembra portare in sè i prodromi di una Nazionale pronta al riscatto.
Roberto Mancini non ha fatto proclami quando è arrivato sulla panchina azzurra e non ne ha fatti oggi che tutti lo applaudono per una gara giocata con personalità, ritmo, idee chiare e spirito di sacrificio. il tutto coadiuvato da un pizzico di buona sorte che non deve mai mancare nei momenti più importanti. Il tutto, con un gruppo giovane, in formazione, ma che presenta capisaldi precisi all'interno di un turn-over meditato a tavolino.
Cosa c'è di Mancini
Scelte chiare, identità di gioco
Roberto Mancini sembra aver coniugato al meglio gli elementi portanti di una Italia che in qualche suo aspetto principale appare simile alla squadra di club che sta mostrando il miglior calcio da un paio di stagioni a questa parte: il Napoli. Prima di Maurizio Sarri, oggi di Carlo Ancelotti. E le scelte dei due tecnici sembrano essersi mescolate le ‘credo' calcistico manciniano, in un mix che è riuscito a prenderne gli elementi migliori.
4-3-3 e giocatori base
Di Mancini c'è ovviamente la lettura delle partite e la scelta dei singoli giocatori. Capacità non da poco che hanno individuato in Barella o in Bernardeschi elementi essenziali, così come Chiesa o il lancio di nuovi giocatori, tutti utili al tipo di gioco che si vuole proporre. E di Mancini è l'identità che la squadra ha già, con un 4-3-3 chiaro e lineare che diventa 4-4-2 in fase di non possesso, scalando a turno uno dei tre giocatori offensivi.
Cosa c'è di Sarri
Il ‘sarrismo' nella testa del gruppo
Del ‘sarrismo' Mancini ha tratto l'aspetto psicologico della tattica: ancor prima di vederlo in campo, i giocatori lo devono sentire nella testa. Una mentalità alla predisposizione precisa degli elementi della squadra: fraseggio, marcature preventive, squadra corta e ben allineata tra reparti che si aiutano tra loro.
Lo zoccolo duro
Per farlo, Mancini è stato furbo oltre che bravo, utilizzando alcuni elementi cardine che erano proprio di Sarri: Jorginho in mediana, Insigne sulla trequarti. Due giocatori che stanno dando molto e sui quali Mancini si affida incondizionatamente, poichè attorno a loro si alternano gli altri elementi della rosa.
Cosa c'è di Ancelotti
Il turn-over ‘scientifico'
Di Ancelotti, però, c'è altrettanto. Mancini ha saputo prelevare dall'attuale allenatore del Napoli l'esigenza di compiere un meticoloso e scientifico turn-over, produttivo ai fini del gioco cui si vuole puntare. Tutti elementi che vanno ad incastonarsi su quanto detto prima, nel modulo di gioco di vivere la partita. Non è un caso se l'Italia è cresciuta soprattutto attraverso cambi precisi, visti anche con la Polonia.
Verticalizzazione e profondità
Senza dimenticare le verticalizzazioni care ad Ancelotti, l'osare la palla in profondità tra le linee, cercando spesso il varco anche se pericoloso. Con una punta di peso (che manca) o con un attacco veloce e brevilineo Mancini ha spinto sempre sugli inserimenti di chi compone il reparto d'attacco. Con la Polonia questo si è visto egregiamente, sia con Bernardeschi-Insigne-Chiesa sia quando ha cambiato, inserendo Lasagna (non a caso l'assist-man di Biraghi)