Manchester United: grandi spese, grande squadra?
La grandezza, diceva Sir Matt Busby, “è più di una parola, è un modo di essere”. A giudicare dalla gestione Van Gaal, al Manchester United la grandezza è diventata anche un modo di spendere. Con la sessione di mercato appena iniziata, l’olandese ha fatto sborsare ai Devils quasi 200 milioni di sterline.
Mercato – Terminato il prestito di Falcao, quest’anno sono arrivati Memphis Depay per 31 milioni di sterline e Matteo Darmian per altri 12,7, cifra altrettanto fuori mercato. L’azzurro, che dovrebbe rimpiazzare l’ancora troppo impulsivo Rafael, è il primo giocatore a passare dal Torino al Manchester United dai tempi di Denis Law, nel 1962. E non è proprio un cattivo precedente. Ma soprattutto, dopo 17 stagioni, Bastian Schweinsteiger ha deciso di lasciare il Bayern Monaco: un affare costato allo United 20 milioni per il cartellino e una trentina per il contratto triennale. A fronte di cifre così elevate in uscita, cui si aggiungono i 24 milioni di sterline per Morgan Schneiderlin, centrocampista della nazionale francese strappato in queste ore al Southampton, il presidente Glazer ha accettato solo 7 milioni per cedere al Fenerbahce Robin Van Persie, un attaccante che in Premier League ha segnato un gol ogni 1,94 partite, che lo pone al livello di grandissimi come Thierry Henry (1.46), Sergio Aguero (1.54), Ruud Van Nistelrooy (1.58), Alan Shearer (1.70) o Ian Wright (1.88).
2015: introiti in calo – Eppure, nel 2015, per la prima volta in cinque anni, gli introiti del Manchester United, che non ha ancora approvato il bilancio annuale chiuso al 30 giugno, finiranno per calare. Almeno questa è la tendenza che si può dedurre dall’ultima relazione di bilancio approvata dalla società, la trimestrale di fine marzo. L’anno scorso, gli introiti hanno toccato i 433 milioni di sterline, ma in questa stagione, dopo la relazione trimestrale, la società si aspetta di raggiungere i 390 milioni.
Ricavi commerciali – Nei primi tre mesi del 2015, lo United ha annunciato 47,8 milioni di sterline di ricavi commerciali, +11,7% rispetto all’ultima trimestrale, per effetto soprattutto dell’accordo da 47 milioni di sterline a stagione, per sette anni, con Chevrolet per apporre il marchio sulle maglie, 27 milioni in più rispetto al contratto precedente. Anche al netto della riduzione nella riduzione nella vendita delle magliette rispetto al 2013-14, dovuta in gran parte alla mancata partecipazione dei Red Devils alla Champions League, nei nove mesi di esercizio i ricavi commerciali sono complessivamente cresciuti del 4,1 rispetto al marzo 2014, toccando i 151 milioni di sterline. In più, dalla stagione che sta per cominciare entreranno in bilancio i 75 milioni di sterline l’anno garantiti dal maxi-contratto con Adidas. E non è da escludere che il brand tedesco possa aver avuto un ruolo nel portare in casa United un altro testimonial come Schweinsteiger, presentato peraltro con la maglia di quest’anno, con tanto di logo Nike in evidenza: non proprio un grande inizio.
Diritti tv – Nel calo dei ricavi si fa sentire l’assenza dalla Champions League, la prima in vent’anni per i Red Devils, che fa scendere i proventi da diritti televisivi del 34% (66,9 milioni di sterline nei nove mesi di esercizio). Dall’addio di Alex Ferguson, lo United ha ottenuto il settimo posto sotto la guida di David Moyes prima e, a giochi ormai praticamente fatti, di Ryan Giggs, e recuperato nel finale il quarto posto nella prima stagione dell’era Van Gaal. Ma lo United rimane la squadra con la più ampia viewership al mondo, 3 miliardi di spettatori nel 2014, e beneficerà dal 2016 del nuovo contratto triennale per i diritti tv della Premiership da oltre 5 miliardi di sterline. Negli ultimi dieci anni, come si vede dalla tabella che segue, lo United ha triplicato gli introiti garantiti dalla vendita dei diritti tv sia sul mercato estero, i cui proventi sono divisi in parti uguali fra tutte le squadre, sia sul mercato interno, spartiti secondo la formula del 50-25-25: 50% in parti uguali, 25% di “facility fee”, in rapporto al numero di partite trasmesse in diretta, 25% di merit payment, distribuito in base alla posizione in classifica del campionato appena concluso.
Botteghino – Sono scesi anche i ricavi da botteghino, che nel periodo luglio 2014-marzo 2015 si attestano sui 71,5 milioni di sterline, in calo del 20% rispetto al marzo 2014, anche perché sono mancati gli introiti extra degli incontri di Champions o di Europa League. Ma, in prospettiva, il calo potrebbe essere contenuto nel bilancio di esercizio, considerato che nel quarto trimestre all’Old Trafford si è giocato il derby con il City e, alla penultima, il big match contro l’Arsenal con la possibilità, in caso di vittoria, di agganciare il terzo posto in classifica (oltre ai match contro Aston Villa e West Bromwich).
Conclusioni – Nonostante questa stagione in chiaroscuro, la famiglia Glazer, proprietaria dello United e della franchigia dei Tampa Bay Bucaneers nella National Football League, sembra intenzionata a rinunciare a vendere i naming rights dell’Old Trafford, che potrebbero fruttare una trentina di milioni. Anche perché, grazie ai contratti con Adidas e Chevrolet, trovare uno sponsor che dia il nome allo stadio non è la priorità. E in questo modo i Glazer possono allungare la tregua con i tifosi, da sempre ostili ai padroni americani, che però hanno iniziato a far scemare le contestazioni. Intanto, nelle ultime settimane, il prezzo delle azioni della squadra più popolare del mondo è sceso del 5% in conseguenza della crisi greca, ma il brand del Manchester United varrebbe comunque oltre 3,5 miliardi di dollari. “In Europa” scrive Forbes, “nessuna squadra ha saputo monetizzare il valore del suo brand come il Manchester United”. È questo il vero segreto della grandezza.