Malato di tumore e licenziato, adesso Arosa dovrà essere risarcito

Sebastian Arosa, 30enne difensore uruguaiano, era stato licenziato dalla sua squadra – l'Olimpia Asuncion – mentre conduceva la battaglia più dura e terribile della sua vita: sconfiggere il cancro che lo aveva colpito al torace, fino ad aggredirgli i polmoni. Giugno 2013, gli sembrò di sprofondare nell'abisso. Credeva che non ce l'avrebbe mai fatta ma riuscì a resistere nonostante tutto. All'esito degli esami diagnostici e al calvario delle terapie necessarie per guarire s'era aggiunto il provvedimento del club paraguaiano: con un telegramma la società gli comunicava la risoluzione unilaterale del contratto. Nessuna possibilità di mediazione. Nessun riconoscimento né alcuna sensibilità nei confronti dell'uomo – prima ancora del tesserato – che stava combattendo contro quel male oscuro che gli era esploso in petto. A gennaio 2014 era stato messo alla porta, lasciato solo. Abbandonato a se stesso, al suo destino.
Ma il destino, la fortuna, l'affetto delle persone più care a lui vicine, una buona dose di caparbietà hanno aiutato Arosa a uscire dal tunnel. A superare la malattia. A tirare fuori dal cassetto quei sogni che aveva chiuso a doppia mandata. A rimettere in sesto la carriera che il cancro aveva fermato in tackle, con un intervento spacca gambe, spacca cuore, spacca tutto. Nel febbraio del 2015 il Defensor Sporting gli ha concesso fiducia e un accordo per tornare sul rettangolo verde: per Arosa fu come rinascere ma aveva ancora un'altra battaglia da combattere e vincere
La FifPro, il sindacato internazionale dei calciatori, lo ha sostenuto nella causa contro l'Olimpia Asuncion perché i suoi diritti venissero riconosciuti, perché ricevesse giustizia. Il Tas, il tribunale arbitrale dello sport con sede a Losanna (in Svizzera), s'è espresso in favore del calciatore riconoscendo il diritto al risarcimento per i ‘danni morali' ricevuti: 60 mila dollari più altri 90 mila di indennizzo per la ‘malafede' del club e per aver causato nel giocatore ‘ansia e insicurezza'. "Questo comportamento corrisponde perfettamente con quei requisiti che il tribunale ha definito, al fine di un giusto risarcimento per il danno morale, di eccezionale gravità", ha ammesso in un comunicato FifPro.