Leicester, la più grande favola del calcio moderno all’italiana
Nel calcio, i pesci piccoli possono ancora mangiare quelli grandi. Eduardo Galeano non pensava certo al Leicester, ma i Foxes stanno dando un senso nuovo al bello del calcio. La diciassettesima squadra per ricavi da diritti tv in Premier League, costruita per salvarsi con ex dilettanti, giovani scommesse e scarti di altre squadre, un maestro d’orchestra come Claudio Ranieri che Gary Lineker, nato e cresciuto a Leicester, considerava una scelta poco ispirata, ha vinto il titolo in Inghilterra. Così si costruisce un nuovo miracolo molto italiano.
Tinkerman – "E' incredibile che nell'era dei soldi una piccola squadra come la nostra stia realizzando quest'impresa – spiegava Ranieri -. Non c'è nessun segreto nel nostro successo che si basa su una combinazione di circostanze: le grandi della Premier non stanno facendo la stagione che avrebbero dovuto fare e noi stiamo disputando un'annata che nessuno si aspettava". Quando arriva il presidente, il thailandese Vichai Srivaddhanaprabha gli chiede per i primi due anni di contratto la salvezza per poi ambire a qualcosa di più grande.
Trova una squadra che si era salvata in extremis con sette vittorie nelle ultime otto partita, macchiata e poi epurata dopo il sextape, il video hard con tanto di frasi razziste girato da tre giocatori in post-season in Thailandia. Ranieri ha ampi margini di libertà e di manovra. "Ho avuto subito la sensazione di trovarmi dentro una grande famiglia. Un presidente stupendo, che lascia lavorare i suoi collaboratori a 360 gradi, non vuol sapere nulla, l’importante è che le cose vengano fatte bene e che ci si diverta – spiegò Ranieri in un'intervista di dicembre a Sky Sport – Per cui una grande società e una grandissima organizzazione, mai avevo visto una cosa del genere. Ho talmente tanti uomini nel mio staff che sono rimasto a bocca aperta. Io credo di aver messo, di mio, il sistema di gioco".
La tattica – Ranieri abbina spirito inglese e tattica italiana. Passa dal 3-5-2 di Pearson a un 4-4-2 solido, con le linee coperte e poco spazio tra difesa e centrocampo, il suo marchio di fabbrica. È un'idea di calcio che di nuovo porta solo una serenità d'approccio ormai impossibile in Italia. "Da noi siamo molto tattici, ma l'ambiente è frenetico con tanta ansia di fare risultato e le dirigenze alimentano spesso ambizione false nei tifosi pur di vendere abbonamenti allo stadio, poi bastano due risultati sbagliati e ti cacciano – ha detto il tecnico -. Qui c'è più serenità, si sdrammatizzano i risultati e i giocatori sanno capire quando il momento è delicato e quando serve più concentrazione".
La pizza – Nelle prime partite, i risultati arrivano ma i Foxes subiscono troppi gol. "Così prima della gara contro il Crystal Palace, ho detto: ‘Ragazzi se non subite gol vi offro una pizza" ha raccontato il tecnico. Il Leicester vince 1-0 e i giocatori, alla Peter Pizzeria, si improvvisano pizzaioli alla Peter Pizzeria. Ognuno ha preparato la sua, Ranieri compreso. Lo spirito di squadra si crea anche così.
Calcio all'italiana – E' la rivincita del calcio all'italiana, il simbolo di una contro-riforma dopo la religione del tiki-taka su cui anche Simeone sta costruendo i successi dell'Atletico. L'1-0 al Bayern di Guardiola è l'epifania di un ritorno a un calcio antico, allo spirito di Herrera e Rocco, che hanno fatto sì nascere una scuola ma hanno poi tagliato fuori l'Italia dalle novità tattiche del resto del mondo almeno fino agli Anni Ottanta. E' il segno che non c'è un modello di calcio superiore a un altro. Tutti fanno il meglio con quel che hanno. "Non vince chi ha i migliori soldati, ma chi sa usarli meglio" diventerà uno slogan del cholismo, buono anche per il Leicester di Ranieri. Solo 11 squadre in tutta Europa hanno un possesso palla inferiore ai Foxes. Molte però sono le vie del gol. E a Leicester portano tutte verso Jamie Vardy
Operaio bomber – "Ogni manager di ogni squadra non professionistica d'Inghilterra dovrebbe raccontare ai suoi ragazzi la sua storia", ha detto Mark Bower, che ora allena il Guiseley e ha giocato con Vardy all'Halifax. "Perché la sua storia dà una speranza: lavora duro, non è mai troppo tardi". Tre anni fa, nessuno conosceva Jamie Vardy, nemmeno nelle periferie oscure del calcio inglese. "Non l'avevo mai sentito" confessa Gareth Sheldon, che sarà suo compagno di squadra e d'attacco al Fleetwood Town, nella sesta divisione, nella stagione 2011-2012. "All'inizio ci siamo chiesti: ma perché l'abbiamo preso? Poi è entrato in campo alla prima partita, e abbiamo capito tutto. Ho giocato 18 anni, ma uno così veloce non l'avevo visto mai". Chiedere, per credere, ai difensori del Manchester United che l'hanno visto sfrecciare e segnare per l'undicesima partita di fila e battere il record in Premier di Van Nistelrooy.
Eppure era stato scartato dallo Sheffield United a 16 anni, dopo la trafila nelle giovanili, perché troppo mingherlino. La storia del bomber che fa impazzire l'Inghilterra che cinque anni fa lavorava in fabbrica e giocava per passione così non avrebbe potuto iniziare, in fondo, che a Sheffield, città operaia senza velleità estetica, “la più brutta del mondo” per Orwell, dove ancora oggi gioca lo Sheffield F.C., la squadra più antica del mondo. "Vardy è un fantastico cavallo – ha detto Ranieri -. Ha bisogno di sentirsi libero in campo. Io gli dico: Puoi andare dove vuoi ma devi aiutarci quando perdiamo palla. E' l'unica cosa che ti chiedo. Se tu inizi il pressing, l'intera squadra ti seguirà".
Rivelazione Mahrez – Lo segue il compagno d'attacco Okazaki, che si alterna con Ulloa, lo seguono a sinistra Schlupp e Albrighton, e a destra l'altra grande rivelazione della Premier League, Riyad Mahrez, algerino cresciuto a Sarcelles, sobborgo inquieto di Parigi da cui è iniziato anche il viaggio di Karim Ziani. “Tiene la gente sul bordo della sedia, con la sua creatività” dice il suo compagno Kasper Schmeichel. Con un'agilità ai limiti dell'innaturale (è alto 180 cm ma pesa solo 61 chili anche per un ritardo nella crescita di cui ha sofferto fra 12 e 16 anni), e il tocco delicato, taglia il campo senza mai dare riferimenti, con l'impressione di voler proteggere sempre il pallone. Arriva in Inghilterra dopo tre stagioni e mezzo al Le Havre, che ha lanciato anche Ibrahim Ba, Vikash Dhorasoo, Lassana Diarra, e soprattutto Paul Pogba. “Ha una grande forza interiore” diceva il presidente. L'avevano scoperta anche al Quimper, squadra dilettantistica con cui aveva giocato nel 2010 prima di passare in Normandia: fra quattro anni, promette, giocherò i Mondiali. E la profezia puntualmente si avvera.
Kanté: il migliore – Ma quando Ranieri pubblica la lettera aperta “We do not dream” su The Players’ Tribune, il primo calciatore che nomina non è il più appariscente, è N'golo Kanté, simbolo di una squadra in cui il tutto è più della somma delle parti. Figlio di emigrati a Parigi dal Mali, ha lasciato ricordi meravigliosi alla Jeunesse Sportive Suresnoise, soprattutto per l'applicazione. E' un ragazzino minuto, sempre il più piccolo della squadra, che ha passato tutta la carriera giovanile a far ricredere gi altri. Esplode al Caen, nel 2013-14, l'anno del centenario, del ritorno di Jerome Rothen e della promozione in Ligue 1. I paragoni con Makelele si sprecano, l’Olympique Lione e l’Olympique Marsiglia lo cercano. Ma l'offerta migliore è del Leicester City. “Preferisce davvero giocare in una squadra inglese di bassa classifica piuttosto che la Champions con il Lione?”.
Sì, e porta la squadra più in alto di tutti in classifica. Per Sir Alex Ferguson è semplicemente “il miglior giocatore della Premier League della stagione”. “He came across the sea to play for you and me” gli cantano i tifosi. “Ha attraversato il mare per giocar per me e per te”. Intanto, su Facebook e sui social, tra il serio e lo scherzo, sono sempre di più i tifosi italiani che vogliono attraversare il mare per veder giocare il Leicester nel giorno della festa per il titolo. Perché un sogno così non tornerà mai più.