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Un Pocho bello e un Pocho “loco”, a Napoli la scintilla e il furore di Lavezzi

All’età di 34 anni Lavezzi ha deciso di mettere un punto sulla carriera calcistica dopo l’esperienza in Cina con l’Hebei Fortune. Il ragazzo di Villa Gobernador Gálvez ha trascorso ben cinque stagioni con la maglia del Napoli ed è ancora oggi un idolo per i tifosi azzurri, che gli hanno perdonato tante presunte serate al limite per la sua attitudine a dare tutto in campo. Al ritorno in Serie A per il pubblico del San Paolo il Pocho è stato scintilla e furore, spavalderia e generosità.
A cura di Vito Lamorte
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Ezequiel Iván Lavezzi ha deciso di lasciare il calcio giocato. All'età di 34 anni l'attaccante argentino ha messo un punto sulla sua carriera calcistica dopo l'esperienza in Cina con Hebei Fortune. Il Pocho di Villa Gobernador Gálvez, città con più di 70mila abitanti della provincia di Santa Fe, ha passato ben cinque stagioni con la maglia del Napoli con cui ha collezionato 188 presenze e 48 reti tra campionato e coppe.

La felice intuizione fu di quel gran conoscitore di calcio che è Pierpaolo Marino, attuale direttore dell'area tecnica dell'Udinese all'epoca dirigente del club azzurro, che portò all'ombra del Vesuvio questo ragazzetto basso e con i capelli lunghi che nel giorno della presentazione alla stampa arrivò in giacca e camicia, al contrario di un più estivo Marek Hamsik: c'era qualche diffidenza ma quando si parla di Argentina a Napoli subito si fanno richiamo al più grande e così Lavezzi entrò subito nei cuori di una città intera. Era l'uomo che ci voleva per infiammare una piazza che aveva sofferto la lontananza dalla Serie A.

Serpentine, tunnel e giocate estemporanee: Lavezzi si è fatto subito apprezzare per la sua voglia di non mollare nemmeno un centimetro all'avversario e anche se spesso quell'irruenza non era ben vista dalla critica ma i tifosi lo hanno sempre perdonato. C'è sempre stata la diatriba sul soprannome e dopo aver risposto in diverse occasioni smettendo la traduzione di "Pocho" con "fulmine" rivelò che faceva riferimento ad un evento della sua gioventù:

Quando ero bambino avevo un cane che si chiamava Pocholo. Quando se ne andò, mio fratello ed il suo migliore amico cominciarono a chiamarmi con quel nome perché rompevo le scatole proprio come lui. Da quel momento la gente della mia città, Villa Gobernador Gálvez, cominciò a chiamarmi Pocholo, finché in Nazionale Under-20 incontrai un vecchio compagno della mia stessa città che, conoscendo il mio soprannome, cominciò a chiamarmi Pocholo davanti a tutti i compagni. I ragazzi dello spogliatoio abbreviarono Pocholo in Pocho e da quel momento questo è il mio nome, il mio marchio.

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Lavezzi era la scintilla che scatenava la furia di una squadra e, spesso, di uno stadio intero: quando prendeva il pallone e cercava di tenerlo incollato al piede per più tempo possibile il San Paolo aumentava i decibel man mano che si avvicinava all'area: era una reazione quasi automatica perché tutti pensavano che da un momento all'altro potesse succedere qualcosa. Quando il pallone era tra i piedi del numero 7, negli ultimi anni prese il 22, era un misto di speranza e attesa.

I tifosi napoletani, e tutti gli appassionati italiani, lo hanno visto segnare in tutti i modi: di destro, di sinistro, al volo, di tacco, di controbalzo, a pallonetto, da fuori e dentro l'area, su punizione, di testa e perfino da seduto (contro il Milan). Nelle partite importanti Lavezzi sapeva farsi trovare pronto e quando poteva marchiava a fuoco la sua presenza: nella finale di Coppa Italia vinta con la Juventus si procurò il rigore del vantaggio, nella sfortunata notte di Anfield Road illuse il popolo azzurro con la rete dello 0-1 e contro il Chelsea regalò al Napoli una doppietta da urlo al San Paolo contro i futuri campioni d'Europa.

I tifosi partenopei gli hanno perdonato serate ai limiti e presunti giri in motorino senza casco a tarda notte per questa sua attitudine a dare tutto in campo e per il suo modo sentirsi napoletano sin dal primo giorno di ritiro, concetto che ha ribadito anche durante la presentazione al PSG ("Avrò sempre Napoli nel cuore").

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Una delle immagini che forse rappresenta al meglio l'argentino ex Napoli è quella corsa in contropiede contro il Cagliari a tempo scaduto con goal, esultanza con i compagni e tuffo sui cartelloni pubblicitari del Sant'Elia: scintilla, furore e sana follia. Il ritiro dal calcio di Lavezzi porta con se un po' di quella sana spavalderia mista a generosità e talento, quello sfuggente che fila via veloce e sbeffeggia l'avversario, e una vera e propria ossessione nel mercato invernale: quest'anno non potrà essere accostato a nessuno. Nemmeno all'Inter.

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