Lavagna tattica: le cinque chiavi della nuova Roma di Spalletti
Una Roma a due facce. Nelle prime undici giornate, Dzeko ha segnato un gol a partita ma la difesa ne ha concessi quasi altrettanti. Da allora, dietro il bunker si è fatto quasi inviolabile ma il bosniaco ha segnato solo tre volte dall'undicesima giornata. “Tende a accontentarsi, se fa due gol si coccola quando potrebbe farne quattro” ha detto Spalletti, chiamato a gestire una fase delicata, con la Coppa d'Africa e gli infortuni a ridurre le rotazioni in rosa, e la transizione verso una Roma diversa, più compatta e meno verticale.
Svolta Rudiger e la difesa cambia volto
Nelle ultime sei partite, la Roma ha concesso solo due gol. Ha tenuto la porta inviolata in quattro occasioni e raddoppiato i “cleansheet” dall'inizio della stagione. I giallorossi possono vantare la seconda miglior difesa del torneo ma regala agli avversari sempre 12.5 tiri a partita (dodicesima in serie A), quattro in più della Juventus, che ha una delle dieci miglior difese del Big 5. Spalletti ha valorizzato Fazio, il migliore dei giallorossi per palloni intercettati (3 a partita): non rapidissimo, compensa con un notevole senso della posizione. È diventato così il compagno più affidabile di Manolas, che sembra un po' più lontano adesso da Roma: il greco non è quello dell'anno scorso ma si è esaltato nei big match quando ha cancellato Icardi, Immobile o Gabbiadini (anche se gli rimane la responsabilità per il gol di Higuain allo Juventus Stadium). Così per la Roma del presente e del futuro l'uomo chiave può diventare Rudiger, che paga sì i 2.2 falli a partita ma può offrire un contributo essenziale nella versione più flessibile della difesa giallorossa, una linea a quattro col tedesco sul centrodestra che diventa a tre in fase di possesso. “Il cambio di sistema può aiutare sempre la squadra ed è una nostra caratteristica. Possiamo cambiare modulo senza perdere in qualità” ha detto Juan Jesus (1.6 tackle e 1.4 intercetti di media). “lI mister ci chiede di stare attenti sia nella fase di possesso sia in quella di non possesso palla, di controllare due o tre giocatori che sono nella nostra zona di campo”. L'effetto, anche grazie alla crescita di Sceszny, si vede eccome.
I due volti di Dzeko
Prima e dopo Udine, la Roma gira al respiro dell'efficienza offensiva di Dzeko. Due volte nella polvere, tra l'anno scorso e questi ultimi tre mesi, ancora solo una sull'altare, nell'innamoramento delle prime dieci partite. Con 5.1 conclusioni di media, Dzeko è l'attaccante che tira di più in A E' la punta di diamante di una squadra che tenta 17.2 conclusioni a partita, la terza media più elevata del campionato (di cui però solo 5,9 nello specchio della porta). È fondamentale il suo lavoro per la squadra, come dimostrano i 4.1 contrasti aerei vinti a partita (più di ogni altro compagno) e le quasi due punizioni procurate ogni 90′. I suoi movimenti risultano cruciali anche nella fase di avvio dell'azione, favorisce gli inserimenti da dietro di Perotti, che ha conquistato più rigori di tutti in campionato, Shaarawy o Salah (essenziali i suoi 2.9 passaggi chiave a partita). L'argentino è il rappresentante perfetto per l'evoluzione della Roma non più iper-verticale, che più delle sponde di Dzeko cerca l'occupazione del centro per ribaltare poi il gioco sul lato debole. Un'occupazione estensiva del campo che ha mostrato i suoi aspetti positivi contro il Chievo, con Salah seconda punta e Bruno Peres libero di andare sulla fascia. Ma più di Salah potrebbe essere l'ex Milan, che preferisce ricevere palla sui piedi nel settore di centro-sinistra, il jolly giusto per interpretare questa nuova vocazione che vira verso il gioco di posizione anche dopo il ritorno di Salah dalla Coppa d'Africa.
Nainggolan, jolly di Spalletti
Una squadra, questa Roma, disegnata intorno a Nainggolan che Spalletti ha voluto da trequartista atipico, alle spalle del centravanti. "Mi piace giocare in questo ruolo, ma non è facile fare quello che il mister mi chiede. Mi chiede di essere il primo e di andare a pressare, di mettere in difficoltà l’avversario nella costruzione del gioco. Da qualche tempo riesco anche ad entrare di più nella fase offensiva del gioco, nelle conclusioni, insomma mi trovo bene. Il belga è senza dubbio il cuore del centrocampo giallorosso, con il 53% di contrasti vinti e le 26 occasioni create. Capace di 4 gol sui 9 tiri in porta (che si aggiungono ai 21 fuori bersaglio e ai 13 bloccati dai difensori), occupa lo spazio centrale offrendo sempre una sponda facile per il dialogo nello stretto o una variante individuale nella ricerca del gol. Averlo, poi, a portare il primo pressing è una ulteriore garanzia per chi gli copre le spalle, come De Rossi, che ha toccato le 400 partite in giallorosso, o Strootman.
Una Roma meno verticale
La distribuzione del gioco passa soprattutto per loro, De Rossi e Strootman, gli unici che toccano più di 50 palloni a partita (56.7 e 56.4, rispettivamente. L'olandese, rispetto al passato, contribuisce maggiormente alla fase offensiva, forte dell'87,3% di passaggi riusciti, di 21 occasioni create e dei 2 gol segnati con soli 9 tiri tentati, ma rimane leader di squadra per contrasti (2.8 di media) e quinto per palloni intercettati (1.9 in media a partita). Spalletti gli chiede un'evoluzione tattica nella logica di un gioco posizionale che addensa il corridoio centrale per poi sviluppare oltre il 70% delle azioni d'attacco sulle corsie esterne.
Emerson, la mossa a sorpresa
E proprio da qui arriva la vera svolta, la vera mossa a sorpresa è il cambio di ruolo che ha valorizzato Emerson Palmieri, terzino flessibile che in fase di possesso si allunga sulla linea di centrocampo dentro una struttura asimmetrica che lascia più spazio a Bruno Peres. L'intuizione arriva in una partita che si presta particolarmente agli esperimenti, contro l'Astra Giurgiu in Europa League. Si alterna da allora nel doppio lavoro, in ripiegamento e in appoggio davanti, come il brasiliano che può sganciarsi di più sulla destra dopo il recupero dietro di Rudiger. E dare forma a una visione ancora in divenire. A una Roma che, come disse il tecnico nel celebre sfogo dopo la rimonta contro la Samp nel cuore del “caso Totti”, vuole vincere le partite. Solo vincere le partite.