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L’addio a De Rossi: perché nell’azienda Roma non c’è più spazio per il sentimento

Al di là dei modi e dei tempi che restano inaccettabili, la società giallorossa ha fatto bene a non rinnovare il contratto ad un giocatore 36enne che guadagna 3 milioni a stagione e garantisce non più di 10-12 partite all’anno. Da un punto di vista imprenditoriale De Rossi si era trasformato da investimento a peso.
A cura di Alessio Pediglieri
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La Roma ha fatto bene a non rinnovare a Daniele De Rossi. Una affermazione che va controcorrente e coccia con il pensiero comune per il quale l'ultima bandiera di un calcio che non c'è più è stata ammainata, in modo grossolano e frettoloso, senza riconoscenza alcuna. E' vero, ma la società ha fatto bene a dire addio al suo capitano. Nei modi siamo d'accordo, il tutto è stato gestito nella peggiore delle maniere, ma nella sostanza il club ha fatto la cosa giusta.

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La situazione della società non è per nulla brillante, anzi: conti in rosso, risultati poco gratificanti e uno stadio che non sembra riuscire mai a partire. Un trend negativo che la Roma deve affrontare e provare a capovolgere. Il saluto a Daniele De Rossi non è solo per motivi calcistici perché le spese per la gestione della società sono in costante aumento e con molte probabilità quest'anno non ci saranno nemmeno i ricavi Champions League.

Perché De Rossi era un problema per la Roma

Da un punto di vista meramente commerciale ed economico Daniele De Rossi rappresentava un problema da risolvere (e di cui sbarazzarsene). Il giocatore ha 36 anni, un monte ingaggi da 3 milioni a stagione e, visti i soli 1500 minuti giocati quest’anno e il fattore infortuni si può prevedere un’autonomia massima di 10/12 partite in tutto il campionato. Un investimento, dunque, sbagliato.

Investimento rivolto ad altri giocatori

Se Daniele De Rossi ha dato tutto per il club, in 18 anni di onorata carriera, anche la Roma nel tempo ha conferito al suo Capitan Futuro un trattamento importante. L’ormai ex capitano giallorosso ha incassato dalla società giallorossa, non considerando i bonus, 56 milioni di euro netti, con uno stipendio medio, tra il 2004 e il 2019, pari a 3,74 milioni di euro. Cifre importanti, che adesso la Roma potrebbe riservare ad altri obiettivi per il futuro della squadra (da Florenzi a Zaniolo).

L'aspetto umano e sentimentale in un cassetto

Poi c'è il lato amarcord, l'aspetto sentimentale e la gestione della vicenda, malamente trattata da un club che avrebbe dovuto comunque avere un occhio di riguardo al suo ultimo immenso capitano. Ma è anche questo un ‘focus' su dove sta andando il club, inteso come azienda. La gestione Pallotta si basa su un forte asset di gestione ricavi/spese riducendo al minimo tutti gli aspetti che non riguardino strettamente il business della società. De Rossi è stato trattato come un investimento oramai esausto che si sarebbe trasformato in un peso. Con buona pace dei tifosi, dei sentimentalismi e del calcio che oramai non c'è più.

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