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Covid 19

La Serie A vuole andare avanti ma l’unica partita che bisogna vincere è quella per la vita

Calciatori contagiati, club in isolamento. Anche il calcio italiano ha iniziato a contare il numero degli infetti da Coronavirus ma ancora non basta per capire che va fermato tutto, non c’è possibilità di ripresa né oggi né tra un mese. E l’idea che possa bastare un po’ di quarantena per andare avanti mette i brividi. È da incoscienti.
A cura di Maurizio De Santis
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L'albo d'oro non è certo la priorità del momento. Come si fa a ipotizzare che la Serie A possa ancora continuare quando in ballo c'è la vita delle persone? Fanno tenerezza davvero quei messaggi del tipo "andrà tutto bene", "sto meglio ma restate a casa", "insieme ce la faremo", "distanti ma uniti", "sono asintomatici" a corredo delle ultime notizie sui casi di positività al Coronavirus riscontrati anche tra i calciatori. Il contagio non fa distinzione e il bollettino degli infetti alimenta rabbia e convinzione al tempo stesso che l'unica cosa sensata da fare era fermarsi per tempo. Ma non hanno voluto.

Ben 8 per adesso sono i casi registrati nella Sampdoria (la più colpita al momento tra le squadre del campionato), seguita dalla Fiorentina e dalla Juventus. Non importa che il torneo riprenda o meno, a chi verrà assegnato o meno lo scudetto, chi retrocede oppure se la cava per il rotto della cuffia. E l'idea che possa bastare un po' di quarantena per andare avanti mette i brividi. È da incoscienti.

Chiudete gli occhi e ripensate al volto semi-tumefatto dell'infermiera che toglie la mascherina dopo una giornata massacrante per i turni in corsia. Pensate alla collega che crolla, disfatta e stanchissima, sulla scrivania e s'addormenta così com'è. Pensate ai dottori che raccontano l'agonia dei pazienti in terapia intensiva: isolati da tutto, alcuni incoscienti, muoiono da soli perché nessuno può stare accanto a loro. Pensate agli ospedali al collasso, ai medici che si ammalano e perdono la vita perché mica il Covid-19 è così "fesso" da risparmiare il "nemico" che lo combatte? Pensate ai circa 22 mila italiani infetti (3 mila e 500 in più rispetto a ieri secondo le stime più recenti) e alle chiese che stanno per trasformarsi in camere mortuarie perché in alcuni paesi non sanno dove mettere tutte quelle bare. Pensate alla paura, la sentite che v'assale e vi scuote fin dentro l'anima togliendovi il fiato?

Ecco adesso riaprite le palpebre, siate felici di poterlo fare ancora. Respirate profondamente (siate felici anche di questo) e poi rimuginate sulla litigiosità di una Lega Calcio che ha fatto a cazzotti pur di continuare a giocare. Che si prepara a tendere il cappello perché deve colmare il danno economico scaturito dall'emergenza, come se l'azienda calcio ne avesse bisogno al pari di cooperative, industrie, piccole imprese, negozi e botteghe (pochissime) d'artigiani che ancora resistono. Che ipotizza nuovi scenari e fa i conti sul calendario. Che ragiona di playoff, playout, mini-tornei estivi, contratti e scadenze. Che briga perché si vada avanti nonostante tutto. Non è certo questo il novero dei "sommersi e dei salvati" che deve interessarci. Se non lo hanno capito, se dobbiamo essere ancora qui a spiegarlo allora è tutto inutile.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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