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La Roma fuori a testa altissima, si scopre grande in una notte di illusioni

La Roma sfiora l’impresa. Vince 4-2, protesta per un netto rigore non visto, rimpiange il palo di El Shaarawy e la notte di Anfield. L’applauso finale dell’Olimpico è il migliore omaggio alla squadra. Il Liverpool eguaglia il record di gol in trasferta in una sola edizione di Champions. Salah sfiderà Cristiano Ronaldo anche per il Pallone d’Oro.
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Roma ha vinto. Ma in finale va il Liverpool. Sei gol, un palo, un fallo di mano non visto per un rigore non dato. Il secondo tempo della semifinale di Champions con più reti di sempre tiene la Roma come color che son sospesi. L'orgoglio per esserci arrivati, per aver creato, per aver vinto la battaglia, onorato l'incasso record e superato un test di maturità si combina col rimpianto per il primo tempo da incubo ad Anfield, per i "che sarebbe successo se…" immancabili ad ogni eliminazione, ad ogni ricaduta nella prigionia del sogno. Che sarebbe successo se El Shaarawy non avesse preso il palo? Se il mani di Alexander-Arnold, anche più netto di quello di Marcelo, reo confesso ex-post, avesse portato al rigore? Risposte che ormai soffiano nel ponentino di una sera in cui la Roma non ha fatto la stupida. Anzi, si è fermata a un gol dai supplementari. E nessuno l'avrebbe creduto possibile.

Il Liverpool festeggia l'ottava finale

Il Liverpool centra così l'ottava finale in Coppa dei Campioni o Champions League. E vola a Kiev, grazie alla cinquina di Anfield. I Reds non vincono in trasferta in Europa dal 2015, ma cambia poco per il destino della prima semifinale contro un'avversaria non inglese nella loro storia in questa manifestazione dal 1985, dal doppio successo sul Panathinaikos prima della notte dell'Heysel. Sono 31 ora le vittorie nei doppi confronti europei dopo aver vinto l'andata, contro appena cinque sconfitte. Quattro sono arrivate dopo un successo con un gol di scarto in casa, l'unica eccezione resta la semifinale di Coppa dei Campioni 1964-65 contro la Grande Inter: 3-1 ad Anfield, 3-0 nerazzurro al Meazza.

Alla Roma, che ha vinto cinque degli ultimi sei confronti interni contro le inglesi e quest'anno aveva subito meno di tutte in casa, resta l'orgoglio di Antonucci, classe 1999, in campo per un quarto d'ora, e chi non darebbe un penny per i pensieri di Francesco Totti che li ha inseguiti senza poterli giocare per tutta la carriera?

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Bene El Shaarawy, male Schick

La Roma che non aveva subito gol nelle prime cinque gare casalinghe in Champions, si concede subito a Mané. E la partita, come la finale del 1984, gradualmente si tesse come una storia già vista, come un manifesto dell'identità romanista che va molto al di là dei colori del sole e della passione, dell'abbracciarsi e sentirsi una persona nuova, Venditti docet. "Chi affronta la Roma non sa mai cosa si aspetta, anche perché i primi a non saperlo siamo proprio noi" diceva Rudi Voller, che su una gamba sola firmò una notte da leoni, il ritorno della semifinale di Coppa Uefa 1990-91 contro il Brondby.

Le contraddizioni, i chiaroscuri passionali, un certo modo di non sembrare, si uniscono come i puntini sulla pista cifrata della Settimana Enigmistica. Il disegno finale non sorprende, il quadro chiarifica quel che già si sa, mette insieme i capitoli di un incontro come le sequenze di una narrazione. Il colpo di testa di Dzeko che diventa assist di Wijnaldum, la fortuna che prima illude nella forma della carambola da biliardo per il pareggio e poi beffarda disillude. Proprio il bosniaco in versione gladiatore cambierà la storia della ripresa.

Lascia un sogno che fa svegliare agli eredi dei tifosi presenti su quelle stesse tribune 34 anni fa. "Esistono i tifosi di calcio, e poi esistono i tifosi della Roma" diceva il capitano che non aveva paura di tirare un calcio di rigore, li riconosci dagli slanci e da certi complottismi di maniera, dalla passione generosa e dall'ironia per il palo di El Sharaawy, un segno che sembra non mancare nelle partite del destino giallorosso.

Proprio l'italo-egiziano, che si è mosso con imprevedibile furbizia negli spazi di mezzo sulla corsia di sinistra, che ha innescato il ciclo ballerino di deviazioni per il gol del pareggio, ha alimentato fragili speranze finite ancora per questioni di centimetri. E' mancato, invece, Schick, che almeno due volte nel primo tempo ha ceduto all'indolenza o alla tensione senza seguire con sufficiente cattiveria un pallone vagante sul secondo palo.

Salah contro Cristiano Ronaldo, finale da Pallone d'Oro

La tecnica, la velocità, il record di 47 gol di Ian Rush sempre più vicino. Con Klopp, Mohammed Salah ha conpletato l'evoluzione nel giocatore attualmente più determinante in Europa. Ha toccato i 43 gol complessivi, i 31 in Premier League. Gliene mancano quattro per raggiungere il primato del baffuto attaccante con un passato alla Juventus. Il primato del gallese resiste proprio dalla stagione del successo in Coppa dei Campioni, della finale all'Olimpico contro la Roma. La storia si ripete, in un altro Olimpico, dall'incasso record ma dalle aspettative sicuramente minori dopo il 2-5 dell'andata.

Ha segnato 11 gol, preliminari compresi: nessun giocatore del Liverpool aveva mai fatto meglio in Europa (battuto il primato di Dean Sanders, nove reti in Uefa nel 1991-92). Forse Vodafone, che l'ha scelto come testimonial, si starà pentendo della decisione di regalare 11 minuti di telefonate per ogni gol segnato dall'attaccante dei Reds. Una decisione che ricalca quella di McDonalds di offrire un hamburger gratis per ogni oro degli Usa alle Olimpiadi di Los Angeles '84, e una porzione di patatine o  una coca per ogni argento o bronzo: il boicottaggio sovietico portò il conto a 174 medaglie e l'operazione di marketing si rivelò un fallimento.

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In Egitto, la questione si sta allargando e sta diventando un caso nazionale perché la federazione, a quanto pare senza accordi con il giocatore, sta usando il suo volto per promuovere una compagnia rivale, We, che è fra gli sponsor dei Faraoni, per la prima volta al Mondiale da Italia '90. L'africano più prolifico di sempre in Champions League sfiderà in finale l'uomo dei record, Cristiano Ronaldo. E per i bookmakers è diventato il favorito per il Pallone d'Oro.

Il tridente d'oro dei Reds

Ma, ha spiegato Mané al Mail on Sunday alla vigilia, "l'Ego, un egoismo eccesivo, non ha mai aiutato nessun club". Ha riportato subito, in nove minuti, la Roma nell prigionia del sogno. Ha reso il tridente del Liverpool il migliore, per gol segnati, in una singola edizione della Champions. "Mi piace da impazzire giocare assieme a colleghi così bravi – ha detto Manè – e ci capiamo al volo lavorando l'uno per l'altro. E' davvero divertente". Non a caso, "siamo anche grandi amici fuori dal campo, quindi non semplici compagni di squadra. Il nostro segreto è che amiamo servire assist l'uno per l'altro, ed è ciò che proviamo a fare sempre. Sul campo io voglio sempre dare la palla a Mo e lui fa lo stesso con me".

Troppa differenza di ritmo

L'equilibrio nel primo tempo, con 8 tiri per parte (6 in porta per la Roma, contro 3 del Liverpool) e 204 passaggi per i giallorossi, prelude almeno a un secondo tempo d'orgoglio. Dzeko, tanto lucido nella conclusione quanto rapido nella torsione, colpisce ancora i Reds, seconda squadra nella storia della Champions League ad aver segnato 20 gol in trasferta in una singola edizione, dopo il Real Madrid nella stagione 2013-14. Ma la Roma balla troppo dietro, e ancora manifesta una differenza di ritmo, corsa e tenuta che tutto il calcio italiano non riesce a colmare contro le inglesi.

E' questione di filosofie, di approcci, non certo di fatturati. E' difficile, per quanto le osmosi di idee e di tecnici abbiano assimilato i grandi movimenti calcistici nazionali, abbandonare spiriti e tradizioni radicate che fanno del calcio lo specchio dell'anima di una nazione. E nel caso della Roma, come ebbe a sottolineare col suo ostentato sarcasmo Indro Montanelli, lo specchio di una città capace di una meravigliosa avventura, di una storia dal peso enorme e un presente in cui un popolo "quando grida «Forza Roma!», allude soltanto a una squadra di calcio".

Balla, la Roma, come il ballerino di Lucio Dalla. Prova a non aver paura se la notte è fredda e scura, a non pensare che i giorni non ritornano mai. Di Francesco, mai come oggi underdog, lo sfavorito, si riserva il jolly Under per un tentativo audace di sparigliare le sorti del match, di scartare di lato anche a rischio di cadere. Esce Pellegrini, cambia il modulo e la copertura degli spazi per una Roma che per un'ultima sera si scopre grande fra le grandi e non solo l'imbucata al ballo di gala. L'Olimpico che applaude, Pallotta che abbraccia Fazio, danno la misura di un passaggio di tempo. E di una volontà, che questa non resti un'eccezione, ma l'inizio di una normalità, di una diversa mentalità.

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