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La moviola e quello sbuffo di gesso che cambiò la storia

La serie A introduce da questa stagione la goal-line technology. Per “Il calcio fa bene alle ossa” vi raccontiamo come ebbe inizio la moviola. L’intuizione di Carlo Sassi e Heron Vitaletti sul gol fantasma di Rivera nel derby Milan-Inter del 22 ottobre 1967.
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Wembley, 1966. Il gol fantasma di Hurst completa il trionfo Mondiale dell'Inghilterra. Non lontano, il responsabile del reparto moviole della Rai sta montando un apparecchio nello studio dei Beatles. Paiola andrà poi cinque volte a casa del maestro Von Karajan, con le sue sette Ferrari in garage, e dormirà nella camera degli ospiti di Orson Welles, che per lui “sfratta” una delle figlie, con un cappotto del regista come coperta. Insegnerà agli algerini, passerà un mese in Corea del Nord, monterà proiettori sulle navi di Onassis e nell'Iran dello Scià. Porterà nel mondo il nome delle moviole Prevost, che hanno fatto la storia del cinema italiano. Sulle moviole Prevost hanno montato film Federico Fellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Alberto Lattuada, Pier Paolo Pasolini. È un proiettore Prevost quello che si vede in Nuovo Cinema Paradiso. Ed è sempre un proiettore Prevost quello che Carlo Sassi e Heron Vitaletti portano la sera del 22 ottobre 1967 negli studi della Domenica Sportiva, con Enzo Tortora conduttore. Se da quest'anno la serie A ha introdotto la goal-line technology, in parte il merito è anche loro.

Il primo gol fantasma – Quel pomeriggio, a San Siro, nel derby Milan-Inter, Benitez porta in vantaggio i nerazzurri, poi Rivera pareggia: il suo tiro sbatte sulla traversa e rimbalza oltre la linea per l'arbitro D'Agostini. Ma c'è un particolare che non torna. «Io e Vitaletti ci accorgemmo che quando la palla ricadeva sul terreno, sollevava polvere di gesso – racconta Carlo Sassi -. Questo poteva significare una cosa sola: che aveva toccato la linea. Pensammo a come avremmo potuto fare per dimostrarlo ai telespettatori. Tra i fotogrammi, andammo a trovare proprio quello in cui si vedeva la palla toccare terra. Si capiva bene che il gol non era valido. Mostrammo quel fotogramma in tivù, e fu l'inizio». La tecnologia per il ralenti è piuttosto complessa, lunga e in un certo senso cervellotica. «Allora non c'era l'elettronica, si lavorava sui filmati. Gli ingegneri inventarono una telecamera più piccola che riprendeva i filmati dal monitor mentre la pellicola scorreva a velocità regolare, per poi riproporli al rallentatore. Per partire, a quei tempi, occorsero quasi due anni. La moviola, come decidemmo si chiamarla, debuttò ufficialmente nel maggio del '69».

Solo moviolista? – E' solo una coincidenza, ma Sassi da piccolo si è appassionato al calcio dopo un Arezzo-Inter. Attaccante rapido nella squadra del suo liceo, nel 1946 viene anche chiamato per un provino con i nerazzurri. «Mi presento e sono così emozionato che entro in campo con le scarpe da calcio, pantaloncini, maglione e camicia! Siamo io, Pistorello, che poi andrà al Milan, e Titta Rota, che poi andrà all’Atalanta. Palleggio, faccio qualche giochetto e restano a bocca aperta. Però non c’è tempo per farmi giocare e chiedono di tornare il mercoledì successivo. Per problemi di scuola non riesco ad andarci e nel frattempo mi cerca l’Angerese, serie C. Parlo con i dirigenti, sono ingenuo e firmo un contratto a vita». Poi smette con il professionismo, si diploma e per nove anni lavora in banca prima di entrare in Rai. Il suo primo amore rimane l'atletica. Meno di un anno dopo l'esordio da moviolista, sarà l'unico inviato della tv pubblica per l'Eurovisione alle Olimpiadi di Città del Messico e assisterà al salto in alto di schiena Dick Fosbury, destinato a cambiare per sempre la storia dello sport.

Rivoluzione – La moviola, lo strumento inventato per il cinema dall'olandese Iwan Serrurier nel 1924, arriva nel mondo del calcio più come una curiosità, come un modo per esaltare episodi particolari, gesti atletici, per accendere ulteriori riflettori sullo spettacolo del pallone. Ma col tempo finisce per cambiare le carte in tavola, e diventare l'inutile prova postuma di processi e appelli televisivi su rigori, fuorigioco e gol fantasma. Uno strumento che ha cambiato e molto anche la classe arbitrale. Ha fatto storia l'ammissione, oggi impossibile, di Concetto Lo Bello, il miglior arbitro italiano di allora, dopo un Milan-Juventus 1-1 nel 1972. L'arbitro siracusano nega un rigore al Milan per la trattenuta di Morini su Bigon, ma di fronte alla domanda di Alfredo Pigna (e alle immagini della moviola ammette: «Ero coperto e non ho visto Morini afferrare Bigon per un braccio. Lo juventino è stato più abile di me». E' lo stesso arbitro che nel 1973 dirigerà i rossoneri, battuti 5-3 nella “fatal Verona”, e il padre di Rosario che nel 1990, sempre al Bentegodi, espellerà quattro milanisti consegnando di fatto lo scudetto al Napoli, che vince facile a Bologna.

Turone – Nemmeno la moviola, però, è mai riuscita a risolvere se davvero il gol di Turone in Roma-Juventus fosse davvero in fuorigioco o no. Carlo Sassi alla Domenica Sportiva dimostra che il difensore giallorosso è effettivamente oltre Cesare Prandelli, ultimo difensore bianconero, e che dunque il guardalinee Giuliano Sancini aveva avuto ragione ad alzare la bandierina e a convincere l'arbitro Paolo Bergamo ad annullare la rete. Ma anni dopo un nuovo esperimento con una nuova tecnologia, il Telebeam, fa apparire Turone in posizione regolare per dieci centimetri, ma in una celebre intervista radiofonica Sassi ha criticato quell'esperimento e considerato falsato il verdetto.

Un valore per gli arbitri – Negli anni, scriveva Gianni Mura su Repubblica, “la moviola, con l’aiuto della quale era possibile analizzare minuziosamente un presunto fuorigioco o fallo da rigore, divenne uno strumento chiave della cultura di massa, quell’autorità definitiva a cui l’arbitro non poteva aspirare; ma un’autorità meccanica profondamente inutile proprio perché post-factum”. Ma per l'inventore della moviola calcistica, al di là delle derive e dei movioloni, dei fiumi di parole spesi intorno a verdetti ormai immodificabili in chiacchiere da bar televisivo, la tecnologia si è rivelata utile anche per la classe arbitrale. «Gli arbitri – ha spiegato – si sono resi conto anche grazie a quelle immagini di come stava cambiando il calcio. Grazie alla moviola, gli arbitri hanno capito che dovevano stare più vicini all'azione, in ogni momento della partita. E di conseguenza hanno migliorato la loro preparazione atletica e le prestazioni». E oggi che lo strumento è alimentato da decine di telecamere, capace di spiegare e analizzare, di sezionare la realtà senza falsarla, di rivelare la bontà di una decisione anche senza ulteriori commenti, arriverà per la prima volta dentro gli stadi italiani. Almeno per decidere se la palla ha superato o meno la linea. La giusta conclusione per una storia iniziata con un visionario milanese amante della tecnologia e un tecnico che lavorava con i Beatles mentre l'Inghilterra vinceva la Coppa Rimet. Con un gol-non gol rimasto irrisolto.

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