La Juventus dei record è tornata a fare paura

Se sia già pronta per la scena europea è presto dirlo. Quantitativamente, Antonio Conte ha a disposizione una rosa molto ampia e ben fornita ma da un punto di vista della qualità è necessario un ulteriore salto verso l'alto. Di certo, però, questa Juventus è ritornata ad essere regina in Italia, conquistando al momento tutti gli obiettivi stagionali a disposizione: finalissima di Coppa Italia contro il Napoli a Roma e uno scudetto che a 4 turni dalla fine sembra sempre più vicino con il Milan a debita distanza e il vantaggio degli scontri diretti.
Non solo, perchè se è vero che – semmai dovesse vincere il tricolore – sarà uno scudetto di una squadra con il maggior numero di gare pareggiate nella storia dei campionati a 20 squadre, è anche vero che i bianconeri vantano un primato che depone a loro forza: l'imbattibilità. E ciò sembra dare molto fastidio alle dirette concorrenti.

L'egemonia milanese – Prima era la sfida – più in tribunale e nelle stanze del Palazzo – contro l'Inter a tenere banco sull'asse Torino-Milano. Scudetti riassegnati, altri titoli revocati, una Calciopoli cui il presidente Agnelli si è sempre opposto in ogni modo e in ogni sede, facendone il proprio grido di battaglia e di distinzione dalle gestioni bianconere precedenti (da Cobolli Gigli a Blanc). Poi, cammin facendo e risultato positivo dopo risultato positivo, l'antagonista principale non è stato più il club nerazzurro mestamente scomparso dalla scena tricolore, ma l'altra squadra di Milano, quella rossonera.
Il Milan campione d'Italia uscente, la squadra di Zlatan Ibrahimovic, colui che sposta equilibri in campo e intere stagioni; la formazione oggettivamente più forte dal punto di vista tecnico, pronta a imporsi sia in Italia che in Europa; la stessa che ad agosto aveva già dato un segnale a tutti andando a vincere a Pechino una Supercoppa nel derby con l'Inter, di forza e convinzione.
Eppure, anche questo secondo ostacolo – il più duro da superare – è stato abbattuto: finirà come finirà, la Juventus ha avuto in questi mesi la garanzia di essere ritornata tra le protagoniste della Serie A in un progetto che porta la firma e le stigmate di un uomo in particolare: Antonio Conte.

Debuttante, ma non allo sbaraglio – Ai tempi di Siena aveva detto che se non avesse allenato la Juventus nel giro di tre anni avrebbe smesso con l'attività di allenatore dedicandosi ad altro. Oggi, non solo si ritrova sulla panchina bianconera ma lo sta facendo da protagonista appoggiato in tutto da una dirigenza che ha trovato perfetta sintonia con il tecnico pugliese. Antonio Conte, al debutto assoluto in una ‘big' ha delineato prima sulla carta, poi in campo – giorno per giorno negli allenamenti e la domenica nelle partite – la rotta da seguire, trovando accondiscendenza assoluta dalla società e dai giocatori.
Ha chiesto sacrifici economici in fase di mercato, sia estivo che invernale, vincendo le proprie scommesse (Pirlo a parametro zero, il decisivo Borriello a Cesena); ha predicato sin da subito il proprio credo offensivo, accettando però anche di cambiare in corsa; ha ammesso i propri sbagli tecnici (Elia ne è esempio lampante); ha gestito le varie situazioni interne a proprio modo, con coerenza e disciplina. Alla fine, i dati dicono che ha avuto Antonio Conte, paragonato giustamente ai grandi allenatori della storia juventina, da Giovanni Trapattoni a Carlo Ancelotti e Marcello Lippi, (senza dimenticare in Azzurro, l'insegnamento di Arrigo Sacchi) tutti tecnici di cui è stato prima scudiero in campo e poi degno successore in panchina.
Che fine hanno fatto i vari Iaquinta, Toni, Amauri? In periferia o all'estero, perchè considerati avulsi dal progetto tecnico e i fatti danno ragione a Conte con i tre attaccanti che hanno dimostrato di non aver più le qualità per smentire il tecnico bianconero. Chi ha voluto gli acquisti invernali di Padoin e Borriello (decisivo a Cesena)? E il ‘Nuovo Nedved' Krasic o il già citato Elia dove sono? In rosa, debitamente ai margini ma in silenzio e disciplinati da un codice etico interno che impone l'assoluta assenza di polemiche. Anche perché di polemiche non ne ha fatte nemmeno chi avrebbe avuto il diritto di alzare la voce: un certo Alessandro Del Piero.

Il capitano, l'unico capitano – Proprio la situazione di Alex all'interno di questa stagione bianconera è lo specchio di quanto la Juventus sia maturata e sul campo e nella gestione societaria, ricalcando quella di papà Umberto o ancor prima di Gianni Agnelli. Decisioni chiare – ai più incomprensibili come la decisione presa da Andrea nell'assemblea dei soci di inizio anno in cui aveva dichiarato l'ultima stagione bianconera del ‘Pinturicchio‘ tra lo sconcerto generale – avvallate da scelte coerenti: Conte ha potuto gestire Del Piero come meglio ha creduto, utilizzandolo alla bisogna come un qualsiasi ‘gregario‘ (di lusso assoluto) che si doveva far trovare pronto alla chiamata del momento. E Del Piero è stato un esempio di professionalità e dedizione al proprio lavoro in una stagione che lui stesso non ha mancato di definire la più difficile da gestire.
Mai si era ritrovato a dover giocare ‘bocconi' di partita con una continuità esasperante, guardando dalla panchina i propri compagni giocare e mai perdere. Eppure, mai una nota polemica, mai una dichiarazione fuori dalle righe: lavoro durante la settimana, attesa durante le partite. Nella consapevolezza che se anche questa sarà la sua ultima stagione in bianconero, l'avrebbe onorata (come ha fatto) nel migliore dei modi. Anche dando contributo diretto per raggiungere gli obiettivi che oggi la Juve si sta giocando, con i gol in Coppa Italia al Milan o quelli in campionato, come nella sfida vinta 2-1 contro la Lazio grazie proprio ad una prodezza del ‘capitano' all'82' minuto.

Record e successi – Tornando ai primati bianconeri stagionali, la Juventus di Antonio Conte Conte ha raggiunto, con la vittoria al Manuzzi di Siena per 0-1, quella di Don Fabio (l'unico grande tecnico che non mai allenato Conte che ha sempre detto "avrebbe completato la mia formazione in panchina"), al quale ha già sfilato il record d’imbattibilità in bianconero: l’allenatore dei due scudetti spazzati via da Calciopoli si era fermato a ventotto giornate nel campionato 2005-2006, rimanendo senza macchia tra l’undicesima e la trentottesima giornata.
La Juve di oggi è imbattuta da inizio di stagione con un ‘filotto' in campionato arrivato già a trenta giornate. E’ stato il secondo, storico traguardo personale tagliato dopo quello dell’imbattibilità iniziale alla Juve: resisteva da sessantadue anni e lo deteneva l’inglese Jesse Carver, la sua cavalcata nel 1949-’50 fu interrotta dopo diciotto giornate dalla Lucchese.
Non solo, con la vittoria a Cesena, sempre con riferimento alle imbattibilità iniziali, Conte ha superato anche Fulvio Bernardini e la sua Fiorentina ’55-’56. Il grande tecnico, ai tempi del Bologna, coniò la famosa frase “Così si gioca solo in Paradiso”.
Ma c'è di più: si calcola che se la Juve dovesse vincere anche la Coppa Italia (battendo in finale il Napoli), sarebbe la prima squadra di sempre a completare imbattuta la stagione in tutte le competizioni in cui era impegnata.
Nemmeno il grande Barcellona, in epoca recente, è arrivato in fondo senza mai cadere: l’impresa fu sfiorata nel 2003-2004, ma l’Atletico Madrid si mise di traverso. C’è anche chi misura la distanza dalle leggende – l’Arsenal dei 49 risultati utili di fila nel 2003-2004 o la Steaua Bucarest che negli anni Ottanata arrivò addirittura a 104.
I sogni, in fondo, son desideri e quelli di Antonio Conte e della sua Juventus si stanno trasformando in realtà.