La foto di Kimmich che piange e prega per Coman: lesione alla caviglia, operato di nuovo
Joshua Kimmich ha lo sguardo preoccupato e le mani giunte per la disperazione, in segno di preghiera. Il difensore del Bayern Monaco è contrito per il dolore, dispiaciuto fino a star male. Gli scappa una lacrima, ha il capo chino e camuffa la commozione portando le dita davanti agli occhi. Dinanzi a lui, a terra, c'è il compagno di squadra Kingsley Coman: ha le mani sul viso, piange, ha paura. L'arto gli fa male e più male ancora avverte dentro di sé: teme per la propria carriera, che dall'infortunio non riuscirà a riprendersi più tornando ai livelli di un tempo, che la sua stagione sia finita già alla prima giornata di campionato.

E' il 44° del primo tempo, la sua partita termina lì. Quel brutto intervento spacca-gambe dell'avversario è una sentenza. Schulz dell'Hoffenheim gli ha rifilato un pestone sulla caviglia sinistra, la stessa infortunata a febbraio scorso: rottura del legamento sindesmotico fu la diagnosi che lo costrinse all'operazione, all'inattività, a dire addio al Mondiale che avrebbe potuto giocare e vincere da protagonista. E invece per 77 lunghi giorni – il periodo della degenza terminato a metà maggio scorso – restò ai margini della sua squadra e della nazionale.

Ribery s'inginocchia accanto a lui e lo incoraggia. Gli prende la faccia tra le mani e dice: "Guardami amico, non mollare… non mollare amico". Müller si china e lo accarezza mentre lo staff medico presta il primo soccorso: niente da fare, Coman deve uscire dal campo e lo farà accompagnato a spalla, saltellando sul piede destro perché nemmeno riesce a poggiare a terra quello sinistro. L'esito degli esami a cui viene sottoposto è un colpo al cuore del calciatore e dell'uomo: "Ha bisogno di un nuovo intervento chirurgico e quindi mancherà per alcune settimane", si legge nella nota del Bayern diffusa nella notte.

Kingsley Coman era arrivato alla Juventus nell'estate del 2014: il club bianconero mise a segno un colpo alla Pogba, prendendo il talento francese a parametro zero proprio come fatto con il ‘polpo' ai tempi del Manchester United. Gli inizi furono buoni ma nel corso della stagione le cose presero una piega differente fino alla cessione: al Bayern Monaco (in prestito, salvo il diritto di riscatto esercitato successivamente dai tedeschi) sembrava aver trovato l'ambiente ideale per crescere e fare il salto di qualità, quella fiducia che gli era mancata a Torino lo aveva accompagnato nella sua esperienza in Germania. La fortuna, invece, non gli è stata amica almeno finora.