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La doppia vita di Chuck Blazer, ex-dirigente di calcio e “talpa” dell’Fbi

Lo scandalo della FIFA ha nello statunitense il suo “pentito” eccellente: dal 2011 collabora con gli inquirenti.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Chuck Blazer è un nome che in Italia, e forse in gran parte del resto del mondo, non diceva molto fino a quando non è esploso lo scandalo della Fifa, che ha visto l'arresto di 14 persone e che ora fa tremare la Cupola del calcio mondiale. Blazer è uno statunitense grande e grosso, originario del Queens, avvicinatosi al calcio quando negli Stati Uniti non era ancora un fenomeno di massa, ma uno sport riservato a pochi e scarsamente diffuso. Poi, la scalata: dal 1990 in poi, il calcio a stelle e strisce cresceva di pari passo con la sua carriera, che lo aveva portato alla fine a diventare segretario della Concacaf, l'equivalente nordamericano della UEFA.

Blazer era entrato nel mirino degli investigatori, pare, proprio su indicazione di Jack Warner, presidente della Concacaf quando lo stesso Blazer ne era il segretario. Una vita al massimo, stando alla descrizione che ne da il Daily News: "Beveva, mangiava e spendeva senza ritegno come se non ci fosse un domani", raccontano. Lui, Blazer, non faceva nulla per passare inosservato: oltre al fisico da gigante (due quintali ed una folta barba brizzolata), aveva vizi e coltiva lussi da narrativa. Appartamenti da Miami a Manhattan, passando per le Bahamas. Appartamento sulla Quinta Strada da 18mila dollari d'affitto al 49esimo piani della Trump Tower, lo stesso edificio dove si trovavano anche gli uffici della Concacaf (al 17esimo), ed uno riservato ai suoi gatti (altri seimila dollari d'affitto), senza contare il suo stipendio da 21 milioni di dollari percepito tra il 1990 ed il 1998.

Insomma, un pezzo grosso: pare che nel novembre 2011, gli agenti che stavano indagando su di lui si siano presentati da lui una sera con un'offerta. Collaborare, o essere arrestato. Il rischio era grosso: vent'anni di carcere, negli Stati Uniti, non sono uno scherzo e così ha accettato di essere "la talpa" dell'FBI. Un lavoro minuzioso: organizza e partecipa ai meeting munito di un microfono nascosto in un portachiavi, e registra tantissime ore di conversazione. Tra queste, finiscono nella sua rete anche Anton Baranov, segretario del ministro dello sport russo Vitali Mutko, e soprattutto Alexy Sorokin, capo del comitato di Russia 2018. La FIFA trema: l'indagine, oggi divenuta di pubblico dominio, minaccia di ribaltare completamente i vertici del calcio mondiale.

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