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La diplomazia del pallone: 1978, i Chicago Sting a Cuba

La visita di Obama a Cuba sarà uno dei momenti che definiranno la sua presidenza. Ricordiamo un altro viaggio memorabile, la visita dei Chicago Sting che affrontarono la nazionale cubana dal 1978. Furono la prima squadra Usa nell’isola dopo la rivoluzione castrista.
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“Ogni volta che riuscivo a pensare alle grandi questioni globali cercavo di organizzare un evento calcistico che fosse in qualche modo collegato, perché questo avrebbe dato al calcio un'enorme attenzione”. Nei giorni che porteranno alla storica visita del presidente Obama a Cuba, tornano alla mente le parole di Clive Toye al sito della National American Soccer League. Toye, l'uomo che ha portato Pelé ai New York Cosmos e la Dinamo Mosca a giocare negli Stati Uniti, ha un'altra intuizione delle sue nella primavera del 1978. Non è più ai Cosmos, adesso è presidente dei Chicago Sting, che saranno gli ultimi vincitori della NASL e hanno completato un tour di un mese nei Caraibi, giocando una serie di amichevoli per due settimane a Haiti e per altre due alle Barbados alla vigilia della stagione. “So che siete stanchi e che volete andare a casa” dice Toye ai suoi giocatori, “ma sto lavorando a un grosso accordo”. Lo svelerà solo il giorno dopo. “Saremo la prima squadra americana a giocare a Cuba dalla rivoluzione castrista”. Il 21 marzo del 1978 gli Sting affronteranno la nazionale cubana. Sono passati quasi vent'anni dall'ultima volta a Cuba per una squadra Usa, da quando i Rochester Red Wings sono letteralmente scappati dall'isola dopo i colpi d'arma da fuoco esplosi durante un loro incontro di baseball nel 1959.

Un DC3 e un sigaro – “Non so come ci sia riuscito” ha ammesso qualche tempo fa Dan McCrudden, attaccante ai tempi del college per la University of Rhode Island, diventato poi un centrocampista che proprio in quell'amichevole avrebbe debuttato con la maglia degli Sting, che a Chicago hanno una lunga storia: il proprietario Lee Stern ha finanziato 13 stagioni di calcio indoor e outdoor, sempre in perdita, tra il 1975 e il 1988. “Ma evidentemente aveva dei contatti al dipartimento di Stato e a Cuba”. La squadra riceve la notizia quando è ancora a Haiti. Devono partire da Port-au-Prince, ma non c'è nessun volo da lì per l'Avana. Toye riesce a trovare un pilota e un DC-3, un Dakota di quelli usati nella Seconda guerra mondiale. Il pilota, ha raccontato Toye al Guardian, ha un piano di volo da seguire molto strettamente e sorvola Cuba almeno tre o quattro volte prima di ricevere l'autorizzazione di atterrare. Prima di lasciare l'aeroporto, ufficiali cubani chiamano Toye nei loro uffici. “Devo dire qualcosa che potrà determinare le future relazioni fra Stati Uniti e Cuba” annuncia solennemente Toye. “Cosa?” gli rispondono. “Chi ha un sigaro?” chiede Toye. “Quanti ne fuma?”. “Anche sei al giorno, ma non lo dica a mia moglie”. L'ufficiale mette una mano nella tasca della giacca e tira fuori un sigaro per Toye. È un buon segno per la permanenza degli americani.

La polizia segreta – Ospitati al vecchio Sheraton Hotel, con pasti da sette portate, i giocatori vengono trattati benissimo. Assistono a uno spettacolo teatrale, partecipano a un tour della capitale. “Prima di salire sul bus” ricorda ancora McCrudden, “l'autista ci disse: mi raccomando, non dite niente contro Castro o il regime in generale perché questi bus sono pieni di microspie”. In un momento di pausa, in un parco vicino l'hotel, un ragazzo avvicina i giocatori americani, vuole comprare i loro jeans Levi's. “Mentre gli stavamo parlando” ricorda ancora McCrudden, “all'improvviso se ne va. Il giorno dopo è tornato e ci ha chiesto: Avete visto la polizia segreta? Vi stavano seguendo”.

Un missile coperto – Ma non è l'aspetto più strano della visita degli Sting a Cuba. “Dietro il nostro albergo, quando aprivamo le finestre delle nostre stanze, c'era questa cosa enorme con una copertura per cercare di camuffarla” ricorda McCrudden. “Quando poi scendevamo in strada, si chiudeva tutto. Capimmo che si trattava di un missile, e sapendo dove eravamo non era improbabile che fosse puntato contro gli Stati Uniti. Dovevano coprirlo, ma era pur sempre lì sulla strada. È stato abbastanza scioccante”. La vigilia della partita scorre tranquilla. “Non ero nervoso, e non credo che molti di noi lo fossero” confessa Bruce Wilson che quel giorno era in campo con gli Sting e che sarebbe poi passato ai Cosmos. “C'erano anche molti giovani, certo, ma per noi la questione non era tanto quella di essere la prima squadra americana a Cuba. Per noi l'importante era arrivare preparati all'inizio della stagione”.

Ambasciatori perfetti – Nonostante tutto, però, gli Sting non hanno così tanti giocatori disponibili. Così nel secondo tempo deve entrare l'assistant coach, l'allenatore in seconda Willy Roy, che ha chiuso tre anni prima, proprio agli Sting, la sua carriera di calciatore. “Magari saremo gli ambasciatori perfetti e li faremo vincere” aveva detto prima del match. Roy è stato un buonissimo centravanti, Rookie of the Year ai Chicago Spurs alla sua prima stagione nella National Professional Soccer League statunitense, e ha chiuso la carriera con 10 gol in nazionale, di cui sei in incontri di qualificazione ai Mondiali, un primato che nel Team Usa durerà fino al 2001 quando Ernie Stewart, da quest'anno direttore sportivo dei Philadelphia Union, segnerà il settimo. “Una partita è pur sempre una partita” ha spiegato Roy al Guardian. “Non stavamo mica giocando contro una selezione di all-star. Tutte le partite che ho giocato sono state importanti per me. Anche se giochi un'amichevole contro una squadra di ragazzini, vuoi comunque far bene”.

Cuba vince – Si gioca in uno stadio tutto esaurito, davanti a 30 mila spettatori, in un'atmosfera strana, sottolinea ancora Roy. “Quando qualcuno faceva qualche bella giocata, il pubblico applaudiva invece di esultare, era molto diverso da quello cui eravamo abituati”. “Loro erano una buona squadra, erano rapidi e con un buon controllo di palla” spiega McCrudden, che ha una buona occasione per segnare. “Giocai una palla verso l'esterno verso il nostro centravanti che si era mosso sulla fascia e stava di nuovo tagliando verso il centro. Doveva solo crossare nella mia direzione, ma ha colpito troppo forte e sono stato costretto a stopparla, perdendo una grossa chance”. La nazionale cubana vincerà 2-0. Gli americani tornano comunque con un posto nella storia e un'immagine dell'isola diversa da quella che avevano alla partenza. “Camminando per L'Avana” ha commentato Wilson, “ci siamo meravigliati tutti di come Cuba fosse rimasta praticamente ferma agli anni Cinquanta. Era incredibile vedere un'isola così vicina all'America che non era progredita come l'America”.

Rematch e diplomazia – Sette anni dopo l'incontro fra Glenn Cowan e Zhuang Zedong ai Mondiali di ping-pong del 1971, sette anni dopo lo scambio occasionale di doni che hanno portato a riavvicinare Cina e Stati Uniti, lo sport riesce ad avvicinare gli Usa anche a Cuba. Toye, infatti, invita la nazionale cubana a Chicago per uno storico rematch al Soldier Field, cornice della cerimonia d'apertura dei Mondiali di calcio del 1994, un impianto demolito nel 2002 e ricostruito completamente in soli 13 mesi. La rivincita si chiuderà con un pareggio per 1-1, ma il valore di quelle amichevoli va ben al di là dei risultati. “Credo molto nella diplomazia dello sport” dirà il presidente Toye al Chicago Sun-times. “È il modo migliore per abbattere le frontiere, siano esse fisiche o psicologiche. Se conosci qualcuno, è sempre più difficile che gli punti una pistola allo stomaco”.

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