La Corte Suprema ratifica la condanna per evasione fiscale: 21 mesi di carcere a Messi
Tanto tuonò che piovve. Anzi, a leggere la sentenza della Corte Suprema spagnola, sembra che abbia iniziato anche a grandinare, sul Barcellona e sul suo idolo indiscusso Lionel Messi. Poche ore fa, infatti, è stata ratificata la condanna di 21 mesi di reclusione per l'asso argentino, reo, secondo l'accusa di aver frodato il fisco spagnolo evadendo le tasse imposte. Solo al padre Jorge è stata ridotta la pena a 15 mesi di carcere. La prima sentenza risaliva al 7 luglio 2016, quando la Corte provinciale di Barcellona aveva condannato l'argentino e suo padre, Jorge Horacio, a 21 mesi di carcere per tre reati fiscali.
Il massimo della pena
Il processo per frode fiscale vedeva Lionel Messi imputato per aver frodato un totale di 4,1 milioni di euro al Tesoro dello Stato spagnolo in un triennio (2007, 2008 e 2009)riuscendo a dichiarare di non avere redditi imponibili in Spagna per 10,1 milioni ricevuti dalla cessione dei diritti di immagine durante quel periodo. La sentenza era stata subito impugnata dagli avvocati di Messi che aveva presentato ricorso e portato prove che potevano far rivedere la sentenza di primo grado.
Né Messi né il padre in prigione
Il lavoro della difesa portò ad una memoria in cui si chiedeva una condanna a meno di due anni di carcere con la facoltà del giudice comunque di evitare la prigione. Né Messi né suo padre però finiranno in carcere, visto che le pene sono inferiori ai due anni ed entrambi sono incensurati.
Non c'è estraneità nel reato
La Corte Suprema ha invece ripreso il filo conduttore iniziale e ha condannato Messi al massimo della pena richiesta dall'accusa, in una nota in cui le motivazioni hanno sottolineato l' "estrema gravità" della frode orchestrata da Messi per ilquale non è decaduta alcuna accusa. La difesa nel giugno 2016, aveva provato a spiegare come Messi fosse "profano" in diritto tributario e per questo aveva fatto ricorso a un prestigioso studio legale, il Juarez Veciana: "Ho passato il tempo pensando solo a giocare a calcio. Mi sono fidato di mio padre e gli avvocati avevano deciso come gestire le cose. In nessun momento ebbi dubbi nella mia testa che stavo commettendo reato", si era difeso la Pulga.