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L’Islanda al Mondiale 2018 non è più una favola. Cosa c’è dietro il successo dei ‘geyser’

La prima storica qualificazione è stata festeggiata da un’intera nazione. Il traguardo di Russia 2018 non è casuale: investimenti su strutture, allenatori e settore giovanile hanno portato l’Islanda tra le grandi del calcio mondiale.
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Con i suoi 335mila abitanti, cioè meno di Firenze per rendere l'idea, l'Islanda è la nazione più piccola a essersi mai qualificata per un Mondiale di calcio. Non era mai successo che una Nazione con meno di un milione di abitanti arrivasse alla fase finale di un Mondiale. Battuto il record che apparteneva alla Trinidad & Tobago di Germania 2006, con 1 milione e 300.000 abitanti. La vittoria per 2-0 sul Kosovo, regala all'Islanda la prima qualificazione nella storia del Paese, dopo aver chiuso da prima della classe l'ostico girone in cui c'erano Croazia, Turchia e Ucraina.

Il cammino tra le grandi

Nel 2016 l'Islanda si qualifica agli Europei per la prima volta nella sua storia, dominando il girone di qualificazione con Olanda, Turchia e Repubblica Ceca. Il cammino in terra francese è brillante: supera il girone con Portogallo, Austria e Ungheria, elimina agli ottavi la favorita Inghilterra ma viene eliminata dai padroni di casa della Francia ai quarti.

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Prima dell'Europeo francese, l'Islanda aveva già sfiorato la qualificazione ai mondiali del 2014 in Brasile, perdendo lo spareggio contro la Croazia (0-0, 2-0). Nel girone di qualificazione a Euro 2012 lancia i primi segnali incoraggianti, finendo penultima nel girone, ma giocandosela alla pari contro nazionali più forti come Portogallo e Danimarca.

Il successo contro l'Italia

Una delle vittorie più importanti per il rilancio del calcio islandese è stata quella contro l'Italia in una gara amichevole di agosto 2004. Era la prima partita di Marcello Lippi sulla panchina azzurra. La partita finì con un secco 2 a 0 per gli islandesi con reti di Eiður Guðjohnsen e Gylfi Einarsson.

L'Islanda nel ranking FIFA

Nel 2012 l'Islanda era al 131° posto nella classifica FIFA. Oggi è al 22° posto, davanti ad una nobile decaduta come l'Olanda. (per intenderci l'Italia è alla posizione numero 17)

Investimenti intelligenti

Negli ultimi 20 anni la crescita del movimento calcistico islandese è stata esponenziale ma non casuale. Il Paese ha investito in strutture indoor per poter giocare anche durante l'inverno, quando le temparature scendo sotto lo zero e i campi si ghiacciano o sono ricoperti dalla neve. Ecco perché i principali campionati islandesi si tengono tra maggio e ottobre. Altri investimenti fondamentali sono stati fatti sulle accademie giovanili e sulla formazioni degli allenatori. Il risultato finale è che oggi in Islanda esistono sette campi indoor e decine di campi con terreni in erba sintetica, che permettono di poter giocare in qualsiasi condizione meteorologica. Inoltre il numero degli allenatori è cresciuto moltissimo.

L'ascesa del calcio islandese

Fino alla metà degli anni '90 il calcio in Islanda era al confine tra professionismo e dilettantismo: pochi giocatori riuscivano a sfondare nei principali campionati, nessuno tornava indietro dal Vecchio Continente per allenare le squadre locali. Sfruttando la buona situazione economica la federazione islandese ha avviato il progetto di riqualifica e rilancio del calcio in Islanda.

La formazione degli allenatori

la maggioranza degli allenatori islandesi, ha studiato calcio tra Germania e Inghilterra e possiede un patentino Uefa A, il secondo più alto, che in Italia permette di allenare fino alla Serie C. In rapporto con gli abitanti c'è un allenatore ogni 500 abitanti (in Inghilterra 1 su 10mila).

La formazione del settore giovanile

L'aumento di strutture e allenatori ha portato inevitabilmente alla nascita di importanti accademie giovanili. Sempre più ragazzi sono stati invogliati a giocare a calcio. Oggi l'Islanda può vantare un dato significativo: 21.508 calciatori registrati ovvero il 7% della popolazione.

I club

Alcune squadre hanno sviluppato un settore giovanile davvero invidiabile. Il Breiðablik, formazione di una città vicino alla capitale Reykjavík, ha lanciato il centrocampista dell'Everton Gylfi Sigurðsson, l’attaccante dell'Augusta Alfreð Finnbogason e l’ala del Burnley Jóhann Berg Guðmundsson. 

La rosa

Tutti i giocatori islandesi giocano all'estero. Leggendo l'ultima lista di convocati possiamo notare che nessun calciatore gioca nel campionato islandese e molti tra i giocatori più forti militano in Premier League, Serie A o Bundesliga. La squadra è composta da giocatori che sono da anni nel giro della nazionale e che si trovano al culmine della loro carriera professionale.

formazione islanda

In difesa ci sono i due solidi centrali Ragnar Sigurðsson e Kári Árnason, sulle fasce gli affidabili Birkir Már Sævarsson e Ari Freyr Skúlason. Il centrocampo è probabilmente il reparto più forte: ci giocano tra gli altri Gylfi Sigurðsson, Emil Hallfreðsson dell’Udinese e Birkir Bjarnason, ex Sampdoria e Pescara, oggi in forza all'Aston Villa.

La stella

Gylfi Sigurðsson è il miglior giocatore della squadra. Classe 198, battezzato ‘Iceman',  si è fatto conoscere in Premier League con la maglia del Tottenham, dello Swansea e dell'Everton, dove gioca oggi. Cresciuto con il mito di David Beckham e Frank Lampard è considerato uno dei migliori centrocampisti offensivi in Europa Specialista di calci piazzati, dotato di ottimi inserimenti. Ha segnato 87 gol in 323 partite.

Gylfi Sigurðsson islanda

L'allenatore

Heimir Hallgrimson ha preso la guida dell'Islanda nel 2016, dopo aver affiancato dal 2011 Lars Lagerbäck sempre sulla panchina islandese. In passato Hallgrímsson ha guidato una piccola squadra femminile islandese. Inoltre oltre ad allenare il ct lavora ancora come dentista.

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Il modulo

L'Islanda gioca con un classico 4-4-2. La squadra è organizzatissima dal punto di vista difensivo e sa pungere in contropiede

Tifoseria 

"UH – UH – UH". L'urlo dei vichinghi islandesi arriverà fino in Russia. I tifosi dell'Islanda sono diventati famosi durante l'ultimo Europeo per il ‘Viking Thunder-Clap' o meglio conosciuta come ‘geyser sound', un mix tra canto nordico e haka degli All Blacks.

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