L’estate triste di Stephan El Shaarawy: prima leader indispensabile, oggi accessorio malfunzionante e inutile

La maledizione del Faraone – Nell'allegra comitiva azzurra, che si prepara ad affrontare il Brasile, c'è una faccia triste: quella di Stephan El Shaarawy. Partito per giocare da protagonista la Confederations Cup, e convinto di raddrizzare un finale di stagione anonimo, ha fin qui dovuto "accontentarsi" di assistere alle giocate del suo compagno di squadra Balotelli dall'angolo di una stupida (quanto scomoda) panchina. "Out" per infortunio nella prima sfida contro il Messico e dimenticato in "panca" nella seconda contro il Giappone, Stephan probabilmente chiuderà il trittico di partite del girone azzurro seguendo da fuori anche la super sfida contro i padroni di casa, a causa di un problema al piede destro. In pratica, tranne che sulla spiaggia e, ovviamente, in allenamento, El Shaarawy non ha mai toccato il pallone da quando è atterrato sul suolo brasiliano. Una maledizione carioca per il Faraone rossonero che, oltretutto, sta anche subendo psicologicamente le trattative che, in Italia, Adriano Galliani (nonostante il naso lungo da Pinocchio) sta cercando di imbastire. Problemi fisici, calo mentale e stress da calciomercato: un "mix" di emozioni negative che sembra aver messo un freno alle ambizioni, e alla carriera italiana, di uno dei giovani più promettenti del nostro calcio.
Questione di fiducia – Da "pallino" di Silvio Berlusconi (leggendaria l'incazzatura del numero uno rossonero per la sua esclusione contro il Napoli in campionato) a gioiello da vendere a tutti i costi. Da uomo copertina della nuova Nazionale di Prandelli, ad accessorio malfunzionante, costoso ed inutile di una fuoriserie ritenuta, da molti, già "full optional". Negli ultimi mesi, il mondo gira al contrario per El Shaarawy e nulla sembra più come prima. La partita contro il Giappone ha fornito la prova che ancora mancava: quella della poca fiducia (in questo caso del Cesare nazionale) verso l'italo-egiziano. El Shaarawy, contro i samurai di Zaccheroni, era in panchina e, probabilmente, nel corso della gara è stato anche "virtualmente" messo in campo da molti tifosi italiani che, davanti allo "scempio" azzurro e alla solitudine di Balotelli, si sono chiesti: "Ma El Shaarawy?". Già, bella domanda…ovviamente da girare a Prandelli che, nelle ultime settimane, sembra aver perso la bussola e la tranquillità necessaria per affrontare il resto della competizione. I continui cambi di modulo, i cazziatoni a mezzo stampa a Balotelli (dopo il caso della maglietta), la "bufera" nata dopo la presunta bestemmia in diretta televisiva e alcune scelte tattiche incomprensibili nella sfida contro il Giappone (Aquilani per Marchisio, ad esempio), sono la dimostrazione che l'umidità brasiliana sembra aver colpito anche il nostro commissario tecnico.
Riscatto in semifinale – Persa la chance di mettersi in mostra nelle prime tre partite nel paese della "toda joia" e del "joga bonito" e passata l'emozione per lo sbarco nel mondo del calcio "tutto fantasia", a Stephan non rimane che augurarsi un finale di Confederations Cup da protagonista. A cominciare dalla semifinale e dal probabile incrocio con la Spagna, già "bestia nera" di Prandelli la scorsa estate a Kiev, e pochi giorni fa in Israele per gli azzurrini di Devis Mangia. Un obiettivo che, però, dovrà passare l'attenta selezione all'ingresso del ct azzurro che, inaspettatamente, è diventato molto rigido con l'attaccante milanista. Se, infatti, fino a qualche settimana fa El Shaarawy non pareva esser diventato un problema per l'allenatore bresciano ("Il calo di Stephan non mi preoccupa assolutamente", la risposta alla nostra domanda nella conferenza stampa prima del Premio Gentleman di Milano), ora sembra tutto il contrario. Che Cesare Prandelli e Massimiliano Allegri (anche lui, a quanto pare, pronto a scaricare il faraone), nascondano all'opinione pubblica uno "status" psicologico del giocatore a tutti sconosciuto? Che si siano accorti che Stephan ha, tutto ad un tratto, staccato la spina? Insomma, hanno individuato motivazioni talmente "forti" da tenerlo fuori (Prandelli) e avallarne la vendita (Allegri e la dirigenza del Milan)? Chi conosce molto bene i due allenatori in questione, giura sulla loro integrità e buona fede e scommette sulle possibili colpe del giocatore. Chi, invece, ha conosciuto da vicino il "ragazzo" El Shaarawy è pronto a giurare il contrario. L'augurio è che un suo gol in semifinale, magari contro gli "odiati" spagnoli, ci porti in finale e scriva la parola fine a questa odiosa "telenovela" brasiliana. Per il bene del Milan (che non dovrebbe suicidarsi vendendolo), per quello del calcio italiano (bisognoso di talenti come lui) e, soprattutto, per il bene di uno dei giovani più forti che il nostro "football" ha saputo sfornare negli ultimi anni.