L’Atalanta, la serie B e il sogno europeo
È una calda mattina di luglio del 2014. Kevin Claes, 22 anni, il più vecchio della compagnia, si mette in macchina con tre amici: Raf Schroons e Arne Caluwè, 21 anni ciascuno, e il più giovane di tutti, Jonas Geerts di 19. Viaggiano per 963 chilometri. Viaggiano da Malines a Bergamo, per ricordare due partite che hanno vissuto solo nei racconti dei genitori. Quasi 1000 chilometri per omaggiare una squadra che in serie B ha sognato la finale di Coppa delle Coppe.
L'inizio del sogno – L'estate del 1987 inizia con poche speranze e molte contestazioni per l'Atalanta, che ha chiuso il campionato al penultimo posto. Ma la finale di Coppa Italia persa contro il Napoli, fresco di primo scudetto, vale un posto in Europa. Non era mai successo niente di simile nella storia del calcio italiano. Arriva un nuovo allenatore, Emiliano Mondonico, che ha imparato a giocare fra i pioppi, dietro la trattoria gestita per anni dal padre, grandissimo giocatore di scopa, e ogni tanto ha anche servito ai tavoli. “Ma quelli non del paese mi scambiavano per il fratello del Mondonico calciatore: com'è possibile che un calciatore ti porti gli antipasti al tavolo?” raccontava in un'intervista a Gianni Mura su Repubblica. Ma la squadra non supera il girone di primo turno di Coppa Italia. Il 16 settembre 1987, l'Atalanta debutta in Europa contro i dilettanti gallesi del Merthyr Tydfil, una squadra di Southern League, la settima divisione che ha ell'imbianchino 23enne David Webley, preoccupato più dall'esame per la patente di guida, la sua stella. Ha vinto la Coppa del Galles con l'aiuto di Bob Latchford, attaccante inglese con oltre 500 presenze in First Division, che qui ha chiuso la carriera, come John Charles, il gigante buono bomber della Juve negli anni '60. “Il campo non era nelle migliori condizioni, e questo ci ha aiutato” ha detto alla BBC l'allora capitano Andy Beattie. Ci sono 14 mila spettatori al Penydarren Park per assistere al clamoroso 2-1 dei dilettanti gallesi. Sono due deviazioni, due autogol di Icardi e Progna a decidere la partita. Al ritorno, però, Garlini e Cantarutti ripristinano le gerarchie. Il sogno continua contro l'OFI Creta, la squadra che Rino Gattuso ha cercato fino all'ultimo di salvare dalla crisi.
L'OFI Creta – Gli orobici si presentano agli ottavi con sei punti all'attivo nelle prime sei giornate di campionato. L'andata, il 21 ottobre, si gioca a Salonicco perché il campo dell'OFI è squalificato. L'Atalanta perde ancora in trasferta, decide Persias, ma il discorso qualificazione resta aperto. Due settimane dopo Nicolini e Garlini regalano ai nerazzurri una primavera da ricordare. Mondonico, dopo l'inizio difficile, incontra i tifosi. “C'era un clima pesante, volavano sassi, i giocatori erano condizionati. Li accusavano di non amare i colori nerazzurri. Assurdo. Io non ho mai voluto criminalizzare gli ultrà, loro hanno il coraggio di proporsi come sono, col loro amore estremo, che può anche diventare odio, ma è amore. L'Atalanta, per un ragazzo, è più controllabile e vicina del Vietnam, e non è colpa dell' Atalanta e neanche del ragazzo se l'amore diventa così sofferto e importante" spiegava sempre a Gianni Mura. I risultati arrivano, la squadra si sblocca e il 3 marzo agli Atleti Azzurri d'Italia scende lo Sporting Lisbona.
Lo Sporting, che notte – Quando il gioco si fa duro, i duri brillano più degli altri. Quel 3 marzo è la notte di Sven Stromberg, che da solo alza il livello della partita. I 35 mila spettatori, compreso Donadoni, guardano l'Atalanta attaccare ma senza risultati finché lo svedese dalla chioma inconfondibile libera la Dea dalle sue paure. Mancano 3′ all'intervallo e Oceano ferma un suo lancio con la mano: Nicolini trasforma il conseguente rigore. È sempre lui, a 10′ dalla fine, che smarca Cantarutti per il pallonetto del 2-0. Non c'è però all'Alvalade. Mancano anche Garlini, Gentile, Prandelli e Rossi. L'Atalanta soffre l'orgoglio dei portoghesi, alla mezz'ora Piotti è strepitoso sul gran destro di Mario Jorge. Icardi però in difesa è insuperabile, e Vitor Damas, portiere che da cinque mesi ha superato i 40 anni, deve uscire in extremis su Bonetti. Al 66′ lo Sporting accelera ancora e passa con l’olandese Houtman che gira alle spalle di Piotti una punizione di Mario Jorge. L'Atalanta regge, difende di cuore e passione, poi a 9′ dalla fine Nicolini recupera palla, Cantarutti vola, salta il portiere e pareggia. I nerazzurri restano l'unica formazione italiana nelle coppe europee in quella memorabile primavera che porta agli Europei. Solo un'altra squadra di seconda divisione, il Cardiff, era riuscito a spingersi così lontano nelle competizioni Uefa. “Siamo un gruppo compatto, abbiamo uno spogliatoio che funziona, ecco il segreto" raccontava a Repubblica l'eroe della notte di Lisbona, Ottorino Piotti da Gallarate. "Abbiamo giocato senza pensare al calcio italiano, ma pensando solo a quelli che seguono l' Atalanta, che amano l' Atalanta, a quelli insomma che ci vogliono bene" commenterà Mondonico.
La fine del sogno – In semifinale la sfida si presenta ai limiti della missione impossibile. Di fronte c'è il Malines, una delle grandi potenze del calcio belga e continentale di fine anni '80. “La relazione sull’avversario era preoccupante: i giocatori presi ruolo per ruolo erano i migliori del loro campionato” scrive Mondonico in un ricordo sull'edizione di Bergamo del Corriere della Sera nel venticinquesimo anniversario della sfida. “A cominciare dal portiere Preud’homme, per finire con il bomber Ohana, descritto come un’ira di Dio”, che quell'anno vincerà il Trofeo Bravo del Guerin Sportivo come miglior under 21 d'Europa. Stromberg, prosegue il tecnico, “invitava tutti a non vedere il demonio dove non c’era”. E dopo l'andata, il diavolo pare davvero meno brutto di come veniva dipinto. È proprio lo svedese, il giocatore con più esperienza internazionale, a segnare la rete dell'1-2. “Come nelle storie, Cenerentola era diventata, se non una regina, sicuramente una dea. E i giochi erano tremendamente aperti. La gente era contenta, noi eravamo contenti. La bella favola fu raccontata in tutte le versioni. Noi, calcisticamente parlando, eravamo al centro del mondo e dell’universo” continua il Mondo. Il 20 Aprile 1988, il sogno svanisce davanti a 40 mila spettatori. L'atmosfera è da brividi: coreografia, colore, calore, tutta l'aspettativa per la partita più attesa nella storia dell'Atalanta si vede, si sente, si tocca. Bergamo si ferma, l'Italia si stringe, spera e sogna. Garlini segna su rigore, i tifosi si illudono ancor di più, la finale è a un passo. Ma il palo di Fortunato cambia tutto. È un presagio, una premonizione, il destino che volta le spalle alla Dea. Volta la carta, e la coppa non c'è più. Rutjes, il marcatore di Garlini, pareggia. Emmers in contropiede firma il sorpasso. Il Malines andrà in finale, e batterà l'Ajax. “Grazie, ragazzi”, scandisce la gente lasciando lo stadio. Perché a volte per vincere non serve alzare la coppa.