Kevin Prince Boateng, orgoglio della tifoseria rossonera e di tutti gli sportivi italiani
Angeli e Demoni – Ci sono momenti che, indelebilmente, segnano la storia di un club. Altri che, invece, rappresentano il punto più alto (o più basso, a seconda delle circostanze) del campione che, ogni domenica, siamo soliti applaudire. Il calcio è pieno di esempi positivi e negativi: società che hanno tanto entusiasmato, per le loro vittorie, quanto umiliato i propri tifosi per scandali di vario genere, giocatori che hanno conquistato a suon di gol e giocate l'amore di un'intera tifoseria, per poi perdere tutto per la prima velina di turno, per un bolide a quattro ruote o, peggio ancora, per una scommessa clandestina. Dalle sbornie di George Best alle candide ammissioni di Simone Farina, passando dall'immenso Diego Armando Maradona (l'angelo ed il demone calcistico degli anni novanta), abbiamo visto davvero di tutto…o meglio: pensavamo di aver visto di tutto! Il gesto, tutto "rabbia e orgoglio", di Kevin Prince Boateng ha avuto l'effetto di un petardo lanciato in una palestra vuota, di un'assolo di chitarra elettrica in mezzo ad un quartetto d'archi. Con quel pallone calciato a forza contro la tribuna, ha svegliato a schiaffi un paese dormiente facendogli ritrovare un minimo di dignità nazionale e, soprattutto, ha rianimato il senso d'appartenenza e l'orgoglio della tifoseria milanista.
Alti e bassi – Suona paradossale il fatto che, nel punto più basso della sua esperienza italiana, Boateng abbia siglato il suo gol più bello. Arrivato in Italia nell'agosto di due anni fa, quasi da sconosciuto, ebbe subito il merito di "bucare" i teleschermi esattamente come fece un tale Ruud Gullit nell'estate del 1987.
L'ala del manicomio – Kevin Prince Boateng, ha appena quattro anni quando l'onore, il prestigio e la storia dell'AC Milan vengono macchiate indelebilmente dalla notte di Marsiglia. Il piccolo Boa, fortuna sua, non era davanti alla televisione come molti di noi e dei suoi attuali tifosi che, al ricordo di quella vergognosa serata, provano ancora tristezza, disgusto e rabbia. Quell'incredibile uscita dal campo (al 90esimo, sotto di uno a zero e, quindi, eliminati dalla Coppa Campioni), e le luci spente dello stadio di Marsiglia, vennero raccontate (e romanzate) in molti articoli. Il grande Candido Cannavò, definì il "Velodrome" come una grande ala di un manicomio. Quella vergogna risultò così grande che, anche oggi, viene sbattuta in faccia alla tifoseria rossonera quanto e come le due stagioni in Serie B. Grazie a Boateng, quell'incredibile giorno della vergogna, per il Milan e per tutto il calcio italiano, ha lasciato il posto all'incredibile giorno dell'orgoglio e della ribellione al razzismo. Con la reazione del ghanese, il Milan ha mandato in prescrizione l'onta di Marsiglia e quei quindici minuti di squallida ed inqualificabile follia. Bene, bravo, bis! "Dovesse servire, lo rifarei di certo. Anche in Champions League", ha dichiarato il numero 10 rossonero alla stampa di tutta Europa: proprio quel continente che, tramite l'UEFA, dovrebbe premiare (come fece con il difensore del Gubbio) il gesto del milanista, amplificarlo ed estenderlo a tutti i campionati e farne un'esempio da portare in giro in tutti gli stadi. Che Michel Platini ne faccia uno spot da mandare in onda su tutti i tabelloni luminosi di tutta Europa. Prima dell'ingresso in campo delle squadre, prima dei ragazzini che sventolano il "telone", a forma di pallone, della Champions League, prima dell'inno che tutti quanti noi conosciamo. Ebbene, prima di tutto questo, mi piacerebbe vedere (a stadi unificati) la rabbiosa reazione di Boa nei confronti di chi lo ha insultato. Kevin Prince Boateng, probabilmente, non vincerà mai il Pallone d'Oro e non avrà mai l'occasione per dedicarlo (come fece Gullit) a chi lotta contro il razzismo. Non potrà, purtroppo, dedicarlo a Nelson Mandela che era solito affermare: "Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso". Boateng, l'altro giorno a Busto Arsizio, ha vinto. Noi, con lui!