Juve, hai sfiorato l’impossibile. Passa il Real ma l’Italia s’è desta
Il Bernabeu come OASIS, il mondo virtuale dell'anno 2045 dell'ultimo capolavoro di Steven Spielberg. Ready Player One, verrebbe da chiedersi. Sì che erano pronti, gli undici player in maglia gialla, perché fino al 92′ la Juve stava completando un'impresa da leggenda. Ma c'è una ragione se nessuna squadra è riuscita a ribaltare uno 0-3 casalingo all'andata in turni ad eliminazione di competizioni europee (in 205 occasioni, esclusi 0-3 a tavolino). Sono lacrime amare quelle dei bianconeri. Al Bernabeu vale la legge di Cristiano Ronaldo, che alla Juve segna sempre. Il rigore al 97′, quasi fuori tempo massimo, è una luce che si spegne su un altro futuro possibile e meritato.
Quel rigore sliding door
Da queste parti la stampa spagnola accusò Mourinho di essere un allenatore "da titoli e non da gioco". Come se vincere senza stile fosse una colpa. Da almeno un anno, l'Allegri più mourinhiano di sempre ripete che si può giocare bene e non essere considerati belli, che il bello è negli occhi di guarda, che giocar bene vuol dire anche fare un'ottima fase difensiva. Oggi, nell'ex regno galactico, la Juve è bella e utile, confonde un Real Madrid che si scopre dubbioso, fragile. Bianco come una veste di paura, come una bandiera di resa.
Ma la resa arriva nel modo più beffardo, più amaro. Ronaldo inventa una torre per Vazquez, Benatia è generoso ma scomposto al limite dell'area piccola. Il rigore c'è, Buffon si immola a protestare con il vigore dei capitani che si sentono ingiustamente puniti dagli effetti collaterali del miedo escenico. L'espulsione, il sacrificio di Higuain per Szczesny, anticipano un rigore che suona come una condanna. Restano gli applausi per una partita perfetta. Resta il valore aggiunto di una squadra per cui vincere è da sempre l'unica cosa che conti, e in panchina vanta un allenatore che, ancora una volta, se mai ne servissero altre prove, si conferma tra i migliori in Europa in contesti e partite così. Quando per spingerti verso traguardi mai raggiunti devi tentare quel che non hai mai fatto ancora.
Mandzukic, il vero gioiello di Allegri
Lo squilibrio, la Juve lo crea dal lato di Marcelo. Douglas Costa è una furia, trasforma la superiorità in un gioiello, esacerba le difficoltà di comunicazione fra Varane e il debuttante, in Champions, Vallejo. L'appoggio di Khedira favorisce l'appoggio perfetto per Mandzukic, altro grimaldello fondamentale nelle due fasi, che segna il più veloce dei gol subiti dal Real in casa in Champions.
E' lui il vero gioiello di coppa rimane Mandzukic che in 37 minuti ne segna due, e fanno sette al Real. La Juve fa la differenza sulla fascia destra, perché Kroos non raddoppia e Marcelo bene non difende. Lo stacco sul palo lungo del croato, su Carvajal che non arriva al metro e ottanta ed è pure in ritardo sulla diagonale difensiva, alimenta le paure del Bernabeu.
Douglas Costa, asso di coppa
La Juve, unica squadra con due giocatori capaci di segnare una doppietta al Bernabeu in Europa (l'altro è Del Piero) orienta il possesso con l'obiettivo di servire Douglas Costa in campo aperto. Ha individuato un punto debole, ha tracciato una strada. Douglas Costa illumina subito dopo l'1-0 per Higuain che chiama Navas al doppio intervento. Il Pipita, alla 75ma in Champions, vorrebbe confermarsi portafortuna bianconero: quando lui segna, la Juve non perde mai. Non cambia la sostanza. L'isolamento di Marcelo in fase di copertura diventa un atout da sfruttare anche avviando la costruzione dall'altro lato, addensando giocatori e avversari sul fronte opposto per poi ribaltare, evidenziare una debolezza ancor più marcata.
Bale bocciato dopo un tempo
Il Real occupa il centro, almeno nelle intenzioni, per poi distendersi, allargarsi a ventaglio nei corridoi interni e sulle fasce. E' creatura mutevole, con Isco che si allarga e si stringe a fisarmonica, preso via via da Khedira o Matuidi. E' in fuorigioco, leggero, la correzione che darebbe una mazzata alla Juve e a Buffon, alla 160ma nelle coppe europee. Un gol, poi annullato, che nasce da un allarme per fortuna bianconera non evoluto in epifania: l'appoggio di Chiellini rovina l'uscita bassa, sorprende Higuain fuori posizione e scatena Cristiano Ronaldo.
Le azioni migliori del Real nel primo tempo nascono da appoggi frettolosi in uscita di Chiellini che cerca Higuain ma trova Casemiro bravo a spostare il fronte del gioco nella zona di Isco, che sembra nascondersi ma riappare quando e dove conta. Casemiro però esce nell'intervallo, insieme al bocciato Bale. Il Real si disegna con un 4-3-3 praticamente a specchio, con Lucas Vazquez e Asensio, cresciuto col poster di Zidane in camera. Il tecnico protegge i terzini, o almeno ci prova. Ma nemmeno il successivo ingresso di Kovacic per Modric illumina un Real confuso, che continua ad alzare palloni in area, preghiere per CR7 che alla Juve ha segnato sempre.
Matuidi copre e fa sognare
La presenza scenica di Matuidi in mezzo rompe la fluidità di un Real pensato proprio per sfruttare gli spazi in verticale con Bale, dieci gol in 18 partite, seconda punta atipica a esaltare una strategia da contropiedista. Il gallese, chiuso nel suo ruolo di ala nel 4-4-2 atipico dell'ultimo Zidane da Isco, un equilibratore tattico decisamente migliore, galleggia verso il fronte sinistro, nella zona di De Sciglio, poi Lichtsteiner. Segnala un dolore l'ex Milan, che poi si arrabbia quando esce. Contraddizioni subito chiarite, tra voglia di stringere i denti e necessità di avere tutti al massimo per inseguire un'impresa senza precedenti. E Allegri continua a chiedersi, a chiedere allo staff: davvero abbiamo sprecato un cambio?
Mandzukic è ovunque, resta alto e largo per spezzare la catena di destra e tenere bloccato Carvajal, è sulla trequarti per mettere pressione a Casemiro nell'uscita bassa e favorire la corsa di Alex Sandro in sovrapposizione. Ma è il corridoio fra Khedira e Lichtsteiner il punto debole di una Juve che ondeggia, annaspa intorno alla mezz'ora, lì dove Isco illumina, dove Ronaldo accelera e Marcelo invano chiede un po' di appoggio in transizione a Kroos.
Il Real, che non passava il turno in una doppia sfida contro la Juve dal 1986, ha vinto 34 delle ultime 40 in Champions. Ma non tiene, affonda in un mare di dubbi. Nemmeno i cambi aggiustano il Real, nemmeno la nuova tattica argina l'onda di Douglas Costa, migliore in campo con Mandzukic, che si combina con la furbizia testarda di Matuidi.
Il tris convince Zidane a togliere Modric, altra mossa di reazione. Zizou rinuncia a dettare l'agenda, e in casa loro vale comunque come una vittoria. Con un po' più di energia da parte di Khedira, che pure piazza un paio di progressioni notevoli quando manca una decina di minuti alla fine, la Juve dominerebbe. Anche nel forcing finale dei blancos, la Juve soffre, si aggrappa a Buffon, ma non regala. Si unisce e si compatta, non offre palloni facili o appoggi superficiali. Avrebbe voluto lasciare ai suoi occhi solo un sogno che non fa svegliare. Un sogno più grande.