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Juve e Roma, il più grande spettacolo dopo il big bang (Mondiale)

La corsa scudetto è cosa loro. Dopo le gare di Champions con Atletico Madrid (Juventus) e Manchester City (Roma), si ritroveranno di fronte per il big match in A. Tutto il resto è mediocrità assoluta.
A cura di Maurizio De Santis
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Quattro gol in A, sei in altrettante partite (comprese quelle di Coppa). La Juventus di Allegri si esalta con Carlitos e Tevez si esalta grazie al gioco dei bianconeri. Fino alla prossima esultanza, fino alla prossima maglietta con dedica ai quartieri di Buenos Aires. L'Apache è sempre decisivo, come forse non gli riusciva nemmeno con Conte. E se l'Argentina si ostina a tenerlo fuori dai ranghi della nazionale deve averla combinata proprio grossa per essere così poco simpatico al ‘vero' selezionatore… Lionel Messi, che col Barça è giunto a quota 401 gol e di lui nemmeno vuol sentire parlare. L'ex Boca porta pazienza e va per la sua strada. Udinese (1), Malmoe (2), Milan (1), Atalanta (2): sequenza numerica (quasi) infallibile che lo conduce nell'arena del Vincente Calderon per la sfida di Champions con l'Atletico. Lui e la ‘vecchia signora' ci arrivano forti di una identità di gioco perfetta nonostante la fine del ciclo Conte, di una difesa impenetrabile, ancora imbattuta (sia in Italia, sia in Europa), di un attacco che va a bersaglio con regolare continuità e dell'esperienza di Buffon, che più passa il tempo e più migliora. Non ci avesse messo la mano santa, disinnescando ‘el tanque' Denis dal dischetto, chissà quale piega avrebbe preso la partita di Bergamo. Il calcio, come la vita, sa essere veramente spietato: dà e prende senza chiedere il permesso, travolge ogni cosa. Un minuto prima gli orobici erano alle porte del paradiso, undici metri più in là – sul ribaltamento di fronte – sono precipitati all'inferno. Puniti severamente perfino dalla rete di Morata, al primo centro da quando ha lasciato la ‘casa blanca'. "La differenza tra un campione e un giocatore normale si vede anche da questo", gongola Allegri mentre elogia la prodezza del portiere. E ha ragione: servirà (pure) questo e molto altro per superare indenni le trappole piazzate dal ‘Cholo' e da Rudi Garcia.

Dopo il duello con spagnoli e inglesi (i giallorossi volano nel tempio dei Citizens), il calendario pone entrambe al centro del villaggio: il più grande spettacolo dopo il big bang del calcio italiano al Mondiale sono loro, Juventus e Roma. L'una di fronte all'altra, dall'alto dei 15 punti (cinque vittorie di fila) raccolti in una stagione già segnata almeno per quanto riguarda la corsa scudetto. E' cosa loro, per tutte le altre (dall'Inter fino al Napoli, sempre che ritrovi la bussola) resta la magra soddisfazione del podio, brillando di luce riflessa.

La quinta giornata ha confermato che tutto il resto del campionato è (e sarà) noia. Nel corredo accessorio di mediocrità spiccano le posizioni di Udinese e Samp – che si ritrovano incollate alla zona Champions (chi l'avrebbe mai detto!) – e l'estrema fragilità emotiva della squadra di Mazzarri che – Handanovic a parte – sembra un gigante coi piedi d'argilla. Si sgretola sotto i colpi di Zemanlandia che a San Siro s'è presentato con gli scarti della A e ne ha fatti quattro ai nerazzurri.

La Milano da bere guarda il fondo del bicchiere: a Cesena il Milan rischia grosso contro il Cesena, salvato solo dalla rete di Rami. A Napoli rialzano la testa ma sono distanti anni luce. E' cosa loro, Juve e Roma, non solo perché sono le più forti come qualità e compiutezza di rose a disposizione. Sono le più forti per la mentalità vincente trasmessa dagli allenatori, dal carattere che spinge a non mollare. Mai. Florenzi e Destro hanno abbattuto il fortino del Verona a cannonate: sui loro volti, nei loro occhi puoi leggere d'un sogno a occhi aperti.

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