Jamie Vardy, da operaio a bomber dei record in cinque anni
Tre anni fa, nessuno conosceva Jamie Vardy, nemmeno nelle periferie oscure del calcio inglese. “Non l'avevo mai sentito” confessa Gareth Sheldon, che sarà suo compagno di squadra e d'attacco al Fleetwood Town, nella sesta divisione, nella stagione 2011-2012. “All'inizio ci siamo chiesti: ma perché l'abbiamo preso? Poi è entrato in campo alla prima partita, e abbiamo capito tutto. Ho giocato 18 anni, ma uno così non l'avevo visto mai. Non corre, scivola: non ho mai giocato con qualcuno così veloce”. Chiedere, per credere, ai difensori del Manchester United che l'hanno visto sfrecciare e segnare per l'undicesima partita di fila e firmare il nuovo record della Premier, battuto il primato di Van Nistelrooy, per far volare il Leicester di Ranieri.
Operaio in fabbrica – Eppure era stato scartato dallo Sheffield United a 16 anni, dopo la trafila nelle giovanili, perché troppo mingherlino. Per la prima volta Vardy pensa davvero di lasciare il calcio. Comincia a giocare, gratis, per la squadra riserve dello Stocksbridge, la squadra dilettantistica di una cittadina incastrata fra Sheffield e il Peak District, nell'ottava serie inglese. E segna già tantissimo. Così nell'estate del 2008 il presidente Allen Bethel lo promuove in prima squadra. Può offrirgli un contratto da 30 sterline a partita, e ha un solo modo per attirarlo: “Paghiamo sempre puntuali”. Jamie si divide fra le partite e un lavoro da operaio in una fabbrica che produce fibra di carbonio. La vita e la dieta da atleta non rientrano ancora nell'orizzonte degli eventi del giovane Jamie, che spesso si ritrova a fermarsi a mangiare nei fast food alle stazioni di servizio lungo la strada.
Arresto e coprifuoco – È un periodo turbolento, per diverse settimane deve giocare con il braccialetto elettronico alla caviglia: l'hanno arrestato per aggressione, ma secondo la sua testimonianza stava solo difendendo un amico sordo attaccato da un gruppo di ragazzi violenti. Insieme al braccialetto, arriva anche l'obbligo del coprifuoco obbligatorio alle 18. Spesso l'allenatore deve richiamarlo in partita per permettergli di correre a casa in tempo. “Non sono fiero di quello che ho fatto” spiega, come riportato dal Daily Mail, “ma è uno di quei momenti che mi ha fatto diventare quello che sono adesso. È stato difficile, certamente ha condizionato la mia famiglia. Non è stato facile dover rimanere sempre a casa la sera perché non mi era permesso uscire, e non poter vivere come un ventenne normale. Per fortuna avevo un'enorme collezione di DVD”.
In quel periodo, il giornalista Paul Webster, che copre le divisioni minori, segue spesso lo Stocksbridge. "Jamie non aveva mai problemi nel fermarsi a parlare dopo la partita" ha ricordato, "ed era sempre molto onesto. Una volta era stato espulso e a fine gara ha allargato le braccia dicendo che il rosso se l'era meritato. E' sempre stato così. E in campo, aveva quello che un coach non può insegnare a un calciatore. Era veloce, ma non era solo uno che correva e basta. Aveva un ottimo controllo di palla, anche al primo tocco, e puntava gli avversari con grande naturalezza. Sembrava che la palla gli stesse attaccata ai piedi, era un incubo per i difensori".
Passa all'Halifax – A 23 anni, nel 2010, passa all'Halifax, sesta serie, per 15 mila sterline. Con quella cifra lo Stocksbridge, che gli dedicherà la tribuna principale del suo stadio, costruisce un campo di allenamento accanto all'impianto. È il manager Neil Aspin a segnalare il nome di Vardy al presidente David Bosomworth, che va a vederlo in due occasioni, ma per una ragione o per l'altra Jamie non gioca. Alla terza, però, segna la doppietta che convince tutti. Quelle 15 mila sterline si rivelano un affare. Vardy chiude la stagione con 29 gol, l'Halifax vince il campionato e sale nella Conference North. “Una volta al North Ferriby” ha ricordato Bosomworth in un'intervista per ITV, “realizzò una rete di cui Messi sarebbe stato fiero. In quel periodo vedevo Arshavin giocare in Champions League per l'Arsenal e pensavo: Jamie non vale meno di lui”. Diversi club lo notano, ma i suoi gol non bastano a convincere Lee Clark, allora all'Huddersfield Town, né Darren Ferguson, manager del Peterborough Town, né Dario Gradi al Crewe Alexandra, a pagare le 150 mila sterline richieste.
Dal Fleetwood al Leicester – E quando arriva al Fleetwood, i dubbi restano molto superiori alle certezze. Il club manda osservatori a seguirlo in sei partite diverse. Nel rapporto da compilare, sono previste tre opzioni: “Guardiamolo ancora” “Decisamente no” o “Prendiamolo”. Tutti e sei contenevano la stessa risposta: non lasciamolo scappare. Per la prima volta, Vardy ha un contratto a tempo pieno, da 1300 sterline la settimana. “Avevamo solo una preoccupazione” ammette l'allora presidente Andrew Pilley. “Fino a quel momento, aveva segnato solo contro calciatori part-time, all'elettricista, all'idraulico, al postino. Come se la sarebbe cavata con gli atleti full time?”. La risposta arriva prestissimo. Si allena a tempo pieno e non lo ferma nessuno. Si fa notare per i 31 gol in 36 partite e per le sperimentazioni tricologiche. Già padre (ora ha quattro figli), prova colori e acconciature ardite: la cresta completamente rossa non è nemmeno l'esempio più estremo. La nascita dei bambini gli ha fatto mettere la testa a posto, ma non gli ha fatto perdere la voglia di scherzare, anche in spogliatoio. “Quando ero al Fleetwood” racconta, “presi la macchina del cuoco nel giorno del suo compleanno e la avvolsi completamente con la pellicola e il cibo avanzato dal giorno prima. Non rimase molto impressionato”. Lo restano eccome, invece, gli osservatori del Leicester, che lo acquistano per 1,7 milioni di sterline e lo fanno entrare nella storia: è il primo trasferimento a sette cifre per un giocatore che milita al di sotto della Football League, oltre la quinta serie. Non è il primo giocatore a salire dai campionati dilettantistici alla Premier. Anche Ian Wright, prima di eccellere all'Arsenal, era esploso tardi al Greenwich Borough, e Kevin Phillips, l'ultimo inglese ad aver vinto la classifica cannonieri del campionato più prestigioso al mondo, aveva iniziato come difensore al Baldock Town.
Esplode con Ranieri – Il primo anno è difficile. L'adattamento alla Championship procede lentamente, e Vardy chiede più volte al tecnico Nigel Pearson di lasciarlo partire in prestito. “Ho parlato più volte con lui e con l'assistente Craig Shakespeare, e mi hanno sempre detto che avevano fiducia in me, che ero forte abbastanza per poter far bene con loro”. Dalla seconda stagione, la fiducia è decisamente ben ripagata. Con Ranieri, poi, Vardy si sta esaltando. I Foxes hanno cambiato modo di giocare quest'anno rispetto al passato e insistono molto sui lanci lunghi per esaltare la sua velocità: solo Watford e proprio il Manchester United ne provano di più in media a partita. “Non riesco a credere a quello che vedo” ha commentato il suo ex presidente Bethel. “Com'è possibile che i difensori della Premier non lo riescano a prendere?”.
L'esempio – “Penso che l'esplosione di Vardy sia importante per tutto il calcio” ha dichiarato il tecnico del Crystal Palace, Alan Pardew, arrivato da giocatore ai Clarets nel 1987 dopo aver militato in cinque club dilettantistici. “Ogni manager di ogni squadra non professionistica d'Inghilterra dovrebbe raccontare ai suoi ragazzi la sua storia”, ha detto Mark Bower, che ora allena il Guiseley e ha giocato con Vardy all'Halifax. “Perché la sua storia dà una speranza: lavora duro, non è mai troppo tardi”.