Insigne show: due tiri, un gol e un assist piegano la Bosnia
Il ct Mancini aveva avvertito i suoi: rispetto alla sconfitta con la Finlandia, la Bosnia avrebbe giocato una partita diversa. Il ritorno di Pjanic fa avverare la profezia per oltre 80 minuti. L'Italia soffre di più in un primo tempo non facile. Mancini aggiusta il tiro nella ripresa, la Bosnia una volta in vantaggio si accontenta troppo presto. Insigne con un gol e un assist a Verratti, nell'unico vero errore in copertura di Pjanic, mette la firma sulla rimonta.
Le formazioni
Diverso lo spirito del 4-3-3 di Mancini e Prosinecki. Il ct azzurro preferisce il capocannoniere del campionato, Quagliarella, nel tridente leggero con Insigne e Bernardeschi. La Bosnia ritrova Pjanic, stavolta spostato nello spogliatoio per gli ospiti allo Juventus Stadium, che si occupa della regia e orienta la densità della squadra: la sua assenza si è sentita nella sconfitta in Finlandia. La leggenda del calcio croato, campione d'Europa con la Stella Rossa nella finale di Bari del 1991, terzo ai Mondiali nel 1998, piazza due centrocampisti offensivi, Višća e Gojak, accanto a Dzeko che Mancini volle al Manchester City nel 2011.
L'Italia soffre nei corridoi
I due esterni si accentrano molto in fase di non possesso. Disegnano così un 4-3-2-1 molto compatto in copertura che riduce gli spazi di manovra e le direzioni di passaggio per Verratti e Jorginho, sempre molto vicini nella costruzione del gioco. Barella prova subito ad aprire le due linee di difesa e centrocampo della Bosnia, perché i mediani non si schiacciano tanto all'indietro nelle transizioni e nei ripiegamenti. La spinta di Emerson, libero di sganciarsi a sinistra, e Mancini, preferito a Florenzi, garantiscono ampiezza alla manovra.
Non pressa alto la squadra di Prosinecki. Visca, esterno più alto della Bosnia, lascia più campo a Emerson che combina con Insigne e prende in mezzo Todorovic. Si estende anche la porzione di campo di competenza di Besic, la mezzala bosniaca su quel lato di campo.
Il tridente leggero non incide
E' proprio lui a mancare una chance in ripartenza con un filtrante rivedibile per Visca, bravo a sfruttare gli spazi di mezzo per infilarsi alle spalle della coppia centrale Bonucci-Chiellini. Pjanic, anche se con meno frequenza rispetto a quanto è abituato a fare nella Juventus, si abbassa tra i due centrali. E' più uno schermo davanti alla difesa che un aiuto alla fase di impostazione. Non si piazza dunque tra i difensori per liberare la spinta dei terzini. Aiuta però la chiusura delle linee di passaggio e di tiro e, una volta recuperato il pallone, facilita il ribaltamento rapido alle spalle del centrocampo. La presenza di Dzeko a centro area disallinea in queste occasioni Chiellini e Bonucci, infilato in un primo momento da Visca nella prima vera occasione per la Bosnia e poi reattivo nell'andare a chiudere a palla scoperta in scivolata.
Il gol di Dzeko
In queste situazioni, si vedono i possibili effetti collaterali di una struttura con due registi stretti e due terzini alti e aperti: diventa più difficile garantire protezione negli spazi di mezzo se manca il supporto in pressing alto delle ali, perché i centrali devono rimanere più bloccati. Mancini, prevedibilmente, chiede più supporto in copertura a Barella e Bernardeschi, perché alle loro spalle Gojak galleggia in un ruolo ibrido, metà ala e metà trequartista; parte stretto, si smarca e si allarga a ventaglio. Si integra bene con i tagli fuori linea di Dzeko. Con il pallone vivo a metà campo, poi, è immediato lo scatto a sinistra del terzino Čivić,
Il centravanti si muove molto anche lontano dall'area di rigore, forma una linea di pensiero unica con Pjanic nella costruzione del gioco. Dzeko attira il pallone, determina l'allineamento della squadra nelle due fasi, detta la profondità. La Bosnia cresce, Chiellini si perde su una triangolazione semplice tra Todorovic e Višća. Insigne e Verratti non aiutano in copertura, l'aggiramento del centrale bianconero permette l'appoggio elementare al centro e la deviazione in rete da metri zero di Dzeko: è il primo gol che l'Italia subisce in 600 minuti.
Manca velocità di palleggio
I due play e Barella fra le linee faticano a innescare il tridente leggero che corre tanto ma spesso a vuoto: I soli 4 tiri in 40 minuti lo dimostrano. E' di Quagliarella, che si sfoga dal limite, il più vicino a rimettere l'Italia in partita. Il finale di tempo vede gli azzurri far circolare palla più velocemente ma a parte un'altra conclusione centrale di Bernardeschi, su sponda di Barella più coinvolto vicino la porta, il risultato non cambia.
La ripresa: lo show di Insigne
L'Italia inizia la ripresa con un palleggio più verticale. Esce Quagliarella, entra Chiesa: il padre Enrico segnò nella sconfitta 2-1 del 1996, prima partita a Sarajevo dopo la dissoluzione della Jugoslavia. Insigne pareggia con un capolavoro al volo dal limite su calcio d'angolo, con la difesa bosniaca impegnata a far blocco sugli uomini in area. Bernardeschi si sposta da attaccante di movimento, il simbolo della Fiorentina si piazza da ala destra nel tridente.
Tuttavia è un'illusione che non altera le sofferenze azzurre. Gli errori di impostazione a centrocampo rimangono, Dzeko si inserisce ancora su una palla persa nel corridoio di centro-sinistra e serve un'uscita in scivolata di Sirigu al limite per evitare il peggio. Da quella parte però la Bosnia continua a bucare in verticale, Mancini non è sempre rapido nelle diagonali difensive sui cambi di gioco. Dzeko continua a fare praticamente quel che vuole in area, va a prendersi il pallone largo, spesso sul centro-sinistra a sfidare Mancini, con Visca che crea superiorità in area. I movimenti alternati scombinano i piani difensivi dell'Italia. Lasciano i due centrali meno sicuri della posizione da mantenere per proteggere un notevole Sirigu.
Gli spazi si aprono. Insigne va a cambiar gioco a memoria, cerca Chiesa con una pennellata come quelle riservate a Callejon nel Napoli, ma l'incrocio al volo manca di precisione. L'Italia porta via più uomini in zona palla, Insigne poi taglia in area su cross di Barella e ci prova anche di testa. Si fa male Mancini, che all'Atalanta ha giocato spesso da terzo centrale di difesa, dentro De Sciglio che può equilibrare la copertura senza palla.
L'Italia alza generosamente il ritmo del gioco, ma le imprecisioni nei lanci lunghi, peraltro anche troppo frequenti, riducono gli effetti della maggiore velocità. Gli spazi di mezzo alle spalle delle mezzali avversarie rimangono meglio presidiate rispetto al primo tempo. Barella si muove con più libertà, Pjanic a questo punto fatica a schermare le trame azzurre. Ma la corsa energica del tuttocampista del Cagliari non si combina con un Chiesa un po' fuori dalla partita.
L'ultima mossa del ct è l'inserimento di Belotti, una prima punta pura, per Bernardeschi. La Bosnia aspetta, ripiega, si ferma. Si accontenta, ma è troppo presto. Non fa i conti col movimento a rientrare di Insigne, con l'inserimento di Verratti, fino a quel momento un po' in ombra nonostante i 74 passaggi.
La combinazione stretta prende in mezzo Pjanic, il gol della vittoria solleva un'Italia che ha vinto più di voglia che di testa. Ha rischiato qualcosa, si è adattata a una nazionale che ha coperto e giocato complessivamente meglio per un'ora. Ha cambiato interpretazione, uomini e metodi. E ha messo un piede e mezzo all'Europeo.