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Ingaggio alto, basso rendimento: i 5 investimenti peggiori in A

Pagati tanto, hanno deluso le attese e adesso rappresentano solo un peso per le casse delle società. Da Jovetic e Iturbe, tutti i protagonisti di questa graduatoria poco lusinghiera.
A cura di Salvatore Parente
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Jojovetic

“L’attesa del piacere è essa stessa piacere” ma, in alcuni casi, l’attesa e le attese, intese come speranze o aspettative, svaniscono in un mare di rimpianti ed illusioni. È il caso dei tanti calciatori della nostra Serie A, i cui acquisti vennero salutati come manna dal cielo e che, alla prova dei fatti, si sono rivelati alquanto deludenti. Parliamo dei 5 calciatori della nostra massima serie che, pur guadagnando tanto, non hanno mai inciso seriamente nell’economia globale dei rispettivi club di appartenenza.

Costo per match di 700 mila euro: Stevan Jovetic

Il montenegrino, arrivato lo scorso anno a Milano per fare coppia in attacco con Maurito Icardi, si è rivelato un autentico flop. L’ex viola, infatti, nella sua finora sfortunata esperienza meneghina ha collezionato, per via anche di alcuni guai fisici, solo 7 reti in 33 presenze.

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Un bottino povero se paragonato al suo faraonico ingaggio di 3,5 milioni di euro che fanno di Jovetic, con le sue sole 5 apparizioni annuali (67 minuti di gioco complessivi ed un riscatto automatico alla prima presenza per 14,2 milioni di euro), il calciatore più “scomodo” della Serie A con un costo per partita disputata di 700mila euro e ben 52mila euro al minuto.

Kondo

Kondogbia, 36 milioni di euro per un flop

L’annus horribilis sul mercato nerazzurro è stato, di sicuro, il 2015. In quella sessione, oltre a Jovetic, arrivò anche il nuovo Pogba Geoffrey Kondogbia che, per la verità, nelle 38 gare con la maglia interista non si è mai visto. Un rendimento davvero inadeguato per un ragazzo che, al di là del costo del cartellino (36 milioni di euro), percepisce un compenso annuo di 3,5 milioni che, a conti fatti, lo eleggono secondo peggior acquisto di questa “flop 5” con una spesa da parte dell’Inter per match di 430mila euro.

Luiz Adrianoooo

Se l’Inter piange, il Milan con Luiz Adriano non ride

Le delusioni però, non affliggono solo la sponda nerazzurra di Milano, ma anche quella rossonera col “peso” non solo tecnico dello spaesato Luiz Adriano. Il brasiliano, giunto all’ombra della Madonnina con un curriculum di tutto rispetto (128 reti segnate con lo Shakhtar Donestk), infatti, non è mai riuscito ad entrare in “confidenza” con staff e compagni mettendo a referto, in 36 gare, appena 6 marcature. Inoltre, le 7 presenze di questa Serie A lo incoronano terzo nella classifica dei flop più pagati del campionato con 3 milioni di euro netti annui ed un costo per match di 428mila euro.

Kishna

Le difficoltà di Kishna

Altra città, altra squadra, altri colori, stesso epilogo: alto ingaggio e scarso rendimento. La storia, questa volta, riguarda l’olandese Ricardo Kishna della Lazio. Il ragazzo ex Ajax arrivato a Roma con grandi attese, si è rivelato essere un gran talento ma con tanta discontinuità ed una scarsissima applicazione difensiva. Il suo “salario” annuale e le sue sole 3 partite di questa annata poi lo condannano, senza appello, a costoso fiasco della gestione Tare che stacca al numero 7 biancoceleste un assegno da 1,2 milioni di euro che si tramutano in 400mila euro per partita giocata.

Iturbe

Iturbe, 209 mila euro a partita e magia svanita

A chiudere la “flop 5”, l’argentino Juan Manuel Iturbe. L’ex freccia imprendibile del Verona, in quasi 3 anni a Roma, ha perso d’un tratto tutto l’estro, la forza, l’atletismo, la grinta, in altre parole la fiducia che lo avevano fatto emergere nella stagione 2013/14 (8 gol totali). Nemmeno il prestito in Inghilterra al Bournemouth poi, è riuscito a restituirgli quella tranquillità e quella consapevolezza nei propri mezzi esiziale per la sua rinascita sportiva.

E così, il 7 giallorosso chiude questa “triste” graduatoria con un ingaggio da 2,3 milioni annui ed una spesa per gara nella quale scende sul rettangolo di gioco (4 in Serie A) di 209mila euro. Insomma, l’attesa e le attese, in questo caso, finiscono per deludere tutti: tifosi ma, soprattutto, presidenti.

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