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Incompresi in Italia, fenomeni all’estero. Otto bidoni divenuti campioni altrove

I portieri Lehman e van Der Saar, Roberto Carlos, poi Henry e Coutinho: tutti passati in Italia e andati facendo fortuna altrove. I casi più clamorosi, Bergkamp e Aubameyang.
A cura di Salvatore Parente
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Il nostro campionato, specie negli Anni Novanta, è stato uno dei più belli se non il più bello in assoluto. Pieno di risorse economiche, idee vincenti, spettacolo, passione, tifosi e pressione tanta, troppa pressione. Quest’ultima rimasta intatta ancora oggi, spesso, oltre a valutazioni affrettate e superficiali ha condotto diverse società italiane a disfarsi di calciatori dall’enorme potenziale che, per diverse ragioni, non hanno reso nel Bel Paese diventando poi delle stelle assolute all’estero. Parliamo dei geni incompresi del nostro calcio.

FOOTBALL - CHAMPIONS LEAGUE - MANCHESTER UNITED v OLYMPIQUE MARSEILLE

Brutti anatroccoli in A, cigni altrove: Lehman e Van Der Sar

Una di queste storie alla Sliding doors vede protagonisti i portieri Lehman e Van Der Sar. Entrambi, negli anni italiani con le maglie di Milan e Juventus, hanno subito critiche e attacchi feroci per le proprie indecisioni e incertezze fatte segnare con le rispettive squadre. Una volta lasciata la Serie A però, i due calciatori si sono presi le luci della ribalta: l’uno conquistando 4 trofei con le maglie di Borussia Dortmund, Arsenal e Stoccarda, l’altro con 13 competizioni vinte con Fulham e Manchester United (fra cui 1 Champions League) e 134 clean sheet in 314 apparizioni.

Roberto Carlos

Roberto Carlos ed Helguera: colonne merengues

Prima di fare la storia della Seleçao e del Real Madrid il terzino brasiliano Roberto Carlos ha avuto una fugace esperienza con l’Inter di Hodgson, nella stagione 1995/96 con 5 reti in 30 presenze. Poi, l’allenatore nerazzurro, convinto dell’incapacità del brasiliano di difendere bene in fase passiva, lo fece giocare in attacco (con Pistone in difesa) conducendo poi il suo rapporto col ragazzo ai minimi termini. Estate successiva passaggio al Real per soli 7 miliardi delle vecchie lire, il resto della storia la conoscete già: 69 reti in 527 partite, 4 campionati spagnoli, 3 Supercoppe di Spagna, 3 Champions League, 1 Supercoppa Uefa e 2 Coppe Intercontinentali. Stesso destino per il centrale Ivan Helguera nella stagione 1997/98. Lo spagnolo arrivò a Roma con tutte le attenzioni e le speranze del “Barone” Liedholm che aveva intravisto in lui doti eccezionali, purtroppo però, l’allora 22enne sotto la guida di Zeman non espresse tutto il suo potenziale con sole 9 presenze in campo. L’anno dopo il ritorno in patria all’Espanyol e dal 1999 al 2007 colonna della “galattica” della difesa madrilena in tandem con Fernando Hierro.

Wenger festeggia i vent'anni all'Arsenal

Coutinho, Henry: l’impazienza al comando

Anno domini 1998/99 la Juventus, reduce da due scudetti consecutivi, vive un momento di grande crisi: prima l’infortunio a Del Piero, poi le dimissioni di Lippi e un gennaio con tanti, troppi acquisti. Henry arriva nella sessione invernale del mercato in una situazione abbastanza complessa per 24 miliardi di lire ma, nonostante le attese, non riesce a non far rimpiangere il Pinturicchio. Così dopo solo 16 gare e 3 reti (2 alla Lazio) ed una posizione da esterno di centrocampo, il francese finirà all’Arsenal per sole 10 milioni di sterline. Simile avventura per il fantasista brasiliano Coutinho, arrivato a Milano a 16 anni nell’Inter post-triplete dal Vasco da Gama per 3,5 milioni di euro. Il carioca, non avrà, nonostante un prestito in Spagna, mai il tempo per crescere e dimostrare tutto il suo valore in nerazzurro. Valore che, ora a Liverpool, in cambio di 13 milioni e spiccioli sta dimostrando abbondantemente.

Bergkamp

Attacco spuntato: Bergkamp e Aubameyang

Stesso canovaccio ma in tempi differenti per Bergkamp e Aubameyang. Il primo, approdato all’Inter dall’Ajax, a cavallo fra il 1993 ed il 1995, non riuscirà, se non nella Coppa Uefa vinta del 1993/94 nella quale divenne capocannoniere della rassegna, a garantire alla propria squadra l’apporto, in termini realizzativi (11 reti in 52 partite), che ci si aspettava con la conseguente proficua cessione al “solito” Arsenal di Wenger (87 gol in 315 match). Il secondo, non ottenendo mai una vera opportunità dal Milan che, peraltro, lo aveva cresciuto e coccolato nella sua Primavera, con tanti prestiti ed una cessione, ancora oggi dolorosa, al Saint Etienne, ora domina l’attacco del Dortmund, il tutto per la misera cifra di 1 milione di euro. Sliding doors, la cantonata è servita.

 

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