Il tempo delle mele (marce) è finito

I colpi di teatro gli sono sempre piaciuti. E se il contratto con gli italiani spostò l'ago della bilancia dalla sua parte, adesso l'arrivo di Balotelli è lo spot migliore che Silvio Berlusconi possa offrire alla platea dei tifosi (ed elettori) rossoneri. Un colpo di testa e una cannonata appesero all'incrocio dei pali il dramma della Germania che tiene l'Europa col guinzaglio al collo, ma in campo, quando incontra gli italiani, becca ceffoni sul muso. E con le solite copertine dedicate ai "mangiaspaghetti" c'incartò, di nuovo, solo la delusione. "Piangiamo con i ragazzi di Loew" commentò Bild, quasi a celebrare un lutto durissimo da elaborare e chiese "Qualcuno ha il numero del Papa?". "Dolorosamente vinti da Balotelli" titolò Sueddeutsche Zeitung. Welt alzò bandiera bianca: "Balotelli distrugge il sogno del titolo della Germania". Il settimanale Focus ammise la resa incondizionata e ne fece una questione patologica: "Fallimento contro l'Italia, il trauma italiano continua". Spiegel proprio non riuscì a pronunciare il nome del nostro Paese, con un groppo in gola si abbandonò a una personalissima perifrasi: "La Germania ha meritatamente perduto la semifinale". Alla faccia della Merkel, così piace a Silvio soprattutto di questi tempi.
Il nuovo miracolo. Un impegno concreto: ricostruire il Milan, puntando sui giovani in un Paese di vecchi. E fa nulla se bad boy è uno scavezzacollo. Qui, però, la parabola del buon padre di famiglia che accoglie il figliol prodigo e un po' discolo non c'entra: perché senza soldi non si cantano messe e senza punti la Champions (e con essa gli introiti legati a sponsor e diritti tv) da sogno diventa incubo peggiore. Lo sa bene SuperMario, che a furia di fare il fenomeno ha capito che la potenza è nulla senza controllo. E Ibra che costrinse Galliani alla figura del povero Diavolo è un brutto ricordo: Non avete soldi, vi faccio un assegno… disse, prima della cessione al Paris Saint Germain. Che simpatico: dopo averlo coperto in questi anni con una montagna di denari, fossi stato l'amministratore del Milan gli avrei chiesto un prestito. Mario, no. E' una caso a parte: ai tifosi ha chiesto solo che gli vogliano bene. Lo slogan funziona, soprattutto se lo fai passare sulla faccia dei nuovi angeli con la faccia sporca: il Faraone, Mario e Niang a far la cresta alla Juve. Ma per il nuovo miracolo italiano e salvare la baracca non basta far gol per essere amati (e votati). Perché l'umore della gente è mutevole e non tollera funamboli spavaldi e irruenti, qualunque sia il colore della pelle. Il tempo delle mele (marce) è finito. E nessuno crede più alle favole.