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Il Tar del Lazio boccia il ricorso della Juve per il risarcimento post Calciopoli

I bianconeri pretendevano 443 milioni di euro quale indennizzo per la revoca dello scudetto riassegnato all’Inter nel 2006 e la retrocessione in B.
A cura di Maurizio De Santis
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No al maxi risarcimento che la Juventus aveva chiesto per lo scudetto revocato nel 2006 (in seguito allo scoppio di Calciopoli), riassegnato all'Inter e per la retrocessione d'ufficio che venne inflitta come ulteriore sanzione ai bianconeri. No ai 443 milioni di euro che la società pretendeva quale indennizzo del torto – secondo la sua memoria difensiva – subito per quelle decisioni tanto dure quanto vessatorie e unilaterali. Si chiude così, almeno nelle aule di tribunale, una vicenda che da dieci anni a questa parte si trascina tra le pretese di una comunità – quella bianconera – che ha sempre denunciato la parzialità di un accanimento nei confronti del club e la smania forcaiola di chi ha ritenuto che punire la ‘vecchia signora' equivalesse a ristabilire la giustizia.

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Il pronunciamento del Tar del Lazio, in base a quanto scritto nella sentenza pubblicata in data odierna, mette la parola fine alle rimostranze, alle obiezioni, alla volontà da parte della Juve di ottenere giustizia e veder riconosciuti – ufficialmente – quei titoli sottratti a causa dello scandalo. "Il Tar non può pronunciarsi se lo ha già fatto il collegio arbitrale", si legge nelle motivazioni della decisione assunta nell'udienza del 18 luglio scorso, "respingendo il ricorso proposto dall'A.S. Juventus contro il Coni per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito della revoca dello scudetto e conseguente retrocessione".

Il fatto risale agli sviluppi clamorosi del caso Calciopoli che in quell'estate portò allo sconvolgimento epocale del calcio italiano: scudetto scucito dalla maglia della Juventus per essere consegnato nelle mani dell'Inter (una ferita ancora aperta per i bianconeri) e applicazione da parte del Coni di sanzioni durissime nei confronti della squadra. Protagonista sul banco degli imputati fu l'ex direttore generale dei bianconeri, Luciano Moggi, che venne ritenuto il deus ex machina della cupola di potere atta a condizionare sorteggi arbitrali, carriere e risultati dei match.

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