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Parma, un fallimento del calcio italiano

Il Parma sta per fallire, il calcio italiano lo è già da tempo

Il Parma in agonia e mollato a cordate di fantomatici investitori è lo specchio del calcio italiano: toccato il fondo, si continua a scavare convinti che, prima o poi, s’uscirà da qualche parte. Per il momento balliamo all’inferno.
A cura di Maurizio De Santis
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Ce n'è abbastanza perché quei ‘culi flaccidi' attaccati alle poltrone se ne vadano a casa. Portino appresso pure la sedia, suppellettili varie, effetti personali. Via tutto, nulla deve restare. C'è il rischio che quell'aura infetta continui a far danni. A casa tutti e con l'infamia della damnatio memoriae. Tavecchio, Lotito padrone e i dirigenti che giocano a fare gli 007 spioni, una Lega che conta nulla (salvo la spartizione dei diritti tv) e quant'altro faccia parte della combriccola di presidenti che ai dadi si sono giocati anche il cielo. I teorici dell'identità nazionale dei vivai scoperta solo perché in cassa non c'è più il becco d'un quattrino: a proposito, ma dov'erano quando in Italia arrivava di tutto? Calciatori che – e qui non c'entra il colore della pelle – erano buoni per giustificare più la promiscuità dei traffici di bilancio che reali esigenze tecniche. Perché un conto è organizzare una rete di scouting, altro è registrare oltre duecento tesserati dispersi tra le pieghe di tasse inevase e acrobazie contabili proprio come accaduto al Parma che adesso non ha nemmeno i soldi per garantire il normale svolgimento di una partita. Col rischio – finora latente, a breve diverrà certezza – che il campionato risulti falsato.

E nessuno sapeva. Ma davvero? Davvero dovremmo credere che in un mondo divenuto costola di business internazionale, interessi, flussi di denaro che non dorme mai nessuno fosse a conoscenza della situazione economica di un club di A (non di Terza categoria), di cosa stesse accadendo? Che una società dell'azienda calcio venisse gestita come nemmeno il Borgorosso? Ghirardi – l'ex presidente dei ducali – molla tutto da un momento all'altro a fantomatiche cordate d'imprenditori dell'Est (russi, sloveni, albanesi) che s'avvicendano al timone fino a lasciarlo a Manenti, l'uomo del bonifico annunciato e mai arrivato finora, mentre i calciatori sono abbandonati al loro destino e un magistrato ci mette le mani inoltrando richiesta di fallimento con l'ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta.

Calciopoli, Calcioscommesse, squadre retrocesse per illeciti e altre ancora che, pur versando in gravi difficoltà economiche, sono state condotte alla ‘fine dei giorni' scientemente come accaduto allo stesso Parma dopo il crac di Tanzi, al Torino, alla Fiorentina ripartita dalla C2 e alla Lazio deflagrata alla fine dell'era Cragnotti. Tutte situazioni che hanno avuto epilogo a fine stagione, nelle lunghe estati calde degli scandali che hanno accompagnato il calcio italiano sotto l'ombrellone. E adesso, invece, servirà fare i salti mortali onde evitare che si arrivi all'esclusione di una società a campionato in corso, creando l'ennesimo vergognoso (quanto pericoloso) precedente. Toccato il fondo, si continua a scavare convinti che, prima o poi, s'uscirà da qualche parte. Per il momento balliamo all'inferno.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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