Il Napoli gioca alla Ancelotti, ma segna alla Sarri
Palleggio ipnotico, ritmo suadente: un gioco alla Ancelotti. Cambio di gioco di Insigne, taglio di Callejon, tap-in di Milik: un gol alla Sarri. E' due anime il Napoli del nuovo corso, e si vede già dal primo tempo. Poi, ancor di più quando la Lazio si sgonfia senza energie, sulla sponda strana di Allan per il gol alla Insigne che vale la vittoria.
Il primo Napoli di Ancelotti tra passato e futuro
Il Napoli mantiene oltre il 65% di possesso palla, con oltre 500 passaggi e più di 600 tocchi complessivi. La circolazione è più orizzontale rispetto agli anni di Sarri, c'è più attenzione alle posizioni che alle verticalizzazioni. La difesa è ancora più coinvolta nella fase iniziale della costruzione, tre dei quattro della linea arretrata chiudono con oltre 70 passaggi completati.
Hamsik è un regista arretrato atipico, che tenta un solo contrasto e non contribuisce con intercetti al recupero del pallone. Ma come il Jorginho delle ultime stagioni, recordman per passaggi riusciti in Italia in una sola partita, è il primo riferimento per far uscire il pallone dalla difesa.
Napoli work in progress
La sensazione forte è di un work in progress, di un progetto che non può in breve tempo sacrificare quanto di buono maturato nelle tre ultime stagioni, anche perché il tempo è nemico delle grandi ambizioni. Più probabile che l'adattamento sia graduale, un po' come nei primi mesi di Allegri alla Juventus, magari nell'ottica di un 4-2-3-1 con relativo avanzamento di Hamsik più vicino all'area avversaria e due centrocampisti di corsa e disponibilità tattica: Allan, di generosità già lapalissiana, e Zielinski, il migliore in campo nelle due fasi, già indicano la strada. Magari, nell'ottica di un 4-3-3 più simile al suo periodo al Milan in cui Gattuso e Seedorf bilanciavano un cervello puro come Pirlo, si potrà vedere più spesso anche Diawara, che è più energico di Allan, insieme a un incursore come Zielinski.
La Lazio abituata ad aspettare e ripartire, a controllare il gioco anche da dietro, ci riesce solo per mezz'ora. Poi il possesso più lento del Napoli toglie ai biancocelesti la possibilità di recuperare il pallone in una zona alta del campo, nonostante le continue richieste a Parolo di andare alto sui difensori avversari. Nemmeno in fase di possesso, però, la Lazio limitata a 8 tiri e meno di 300 passaggi disegna i cambi di velocità per destabilizzare gli ospiti.
La partita: capolavoro Immobile
Non cambiano gli interpreti, Jorginho a parte, cambia l'interpretazione. Il 4-3-3 del Napoli è più basso e meno frenetico rispetto al triennio di Sarri. La costruzione di Ancelotti parte da un assetto elastico e dalla trasformazione di Hamsik in regista arretrato, replica del capolavoro riuscito al Milan con Pirlo. Ma i primi passaggi sono imprecisi, l'adattamento non funziona. E non si vedono nemmeno gli automatismi fra i giocatori: vedere per credere un'apertura a memoria di Milik verso Insigne che però arretra il suo raggio d'azione molto più degli ultimi anni. La presenza di un centravanti classico come il polacco cambia anche l'interpretazione del tridente d'attacco, ma al Napoli mancano un po' di sicurezze dietro. E si vede sul lancio di Acerbi per irrorare la verve di Immobile, controllo di suola in mezzo a Koulibaly, Albiol e Rui, protagonista di una strana palla gol poco prima, e gol numero 68 in 89 presenze con la Lazio.
Milinkovic non punge, bene Badelj e Parolo
Funziona il 3-5-1-1 della Lazio, che prima del vantaggio ha atteso il Napoli, ha aspettato la creazione di spazi alle spalle del centrocampo avversario e ribaltato il gioco verso Luis Alberto o Milinkovic-Savic. Uno dei due esterni, Marusić o Caceres, a turno si abbassano per portare la linea difensiva a quattro in fase di non possesso. Ma insieme chiede a Parolo di andare a prendere Koulibaly per disturbare l'uscita bassa del pallone e tenere alta la densità negli ultimi trenta metri.
La circolazione di palla del Napoli non si può nemmeno definire inefficace o imprecisa. Non è abbastanza rapida, però, mancano i cambi di passo se non un paio di inserimenti personali di Zielinski. E così si esalta la continuità di una Lazio che rischia solo su uno sbilanciamento provocato dallo scatto di Callejon al 31′: il cross impreciso per Milik è la sintesi di un Napoli con uno scarto sottile ma continuo fra l'intenzione e l'esecuzione.
Il Napoli pareggia e non si ferma
Il secondo gol di Immobile agli azzurri sposta gli equilibri ma non la velocità di trasmissione delle idee e della palla. L'inquieto Ancelotti vede la sua squadra girare a vuoto, vede Allan che non capisce il taglio di Callejon e bruciare una verticalizzazione a 7′ dall'intervallo. Vede una Lazio che aspetta come un gatto, nell'attesa furba di chi sente di potersi fidare di un equilibratore applaudito come Badelj, capace di più tenuta nell'arco dei 90′ di Lucas Leiva. Inzaghi inaridisce con la densità il gioco di rallentata eleganza di Ancelotti, acceso da Zielinski che riporta gli azzurri più vicini agli standard sarriani di intensità e di meccanica funzionalità. L'errore della Lazio è accontentarsi e abbassarsi, ma non ha nel suo spirito l'amministrazione controllata. Così, gli azzurri si scoprono efficienti, non Strakosha sul tiro di Zielinski, preludio al gol di Milik poi annullato via VAR (spinta di Koulibaly su Radu).
Ma è regolare il pareggio nella più sarriana delle azioni d'attacco degli azzurri nel primo tempo. Radu tiene in gioco Callejon, il lancio di Insigne a cambiar gioco per Callejon si alimenta della sicurezza nella capacità dello spagnolo di vedere lo spazio prima e dietro il marcatore. Il resto lo mette Milik, ma questo è un retaggio degli ultimi tre anni di crescita costante, eredità di un lavoro da non stravolgere.
Il Napoli amministra nel finale
Inzaghi si ripresenta per Bastos per Luiz Felipe, che si è fatto male durante i continui movimenti in marcatura su Insigne, e con la stessa speranza nelle transizioni di Milinkovic che affanna Hysaj. Ma come e più di lui si sfianca nelle due fasi Caceres, nella zona di Callejon che tratteggia l'azione sarriana per la vittoria.
L'uscita di Hamsik, passato che ritorna, per Diawara, e di Mertens che va a fare l'esterno nell'ultimo quarto d'ora per Insigne, testimoniano la priorità della squadra nel finale: una maggiore attenzione alle coperture preventive, il mantenimento di un livello di dinamismo elevato in mezzo per il recupero rapido del pallone, un possesso prolungato e via via più orizzontale.
Piani che in un paio di occasioni, però, saltano. Sulla prima Luis Alberto sfida Karnezis, che si dimostra più che all'altezza. Sulla seconda Immobile prova a far tutto da solo, ma la solitudine dei numeri primi non porta al risultato atteso.