Pippo da Zidane a van Ginkel: giocava coi campioni, allena (quasi) bidoni
Un Milan in difficoltà, allo sbando, in crisi. Una squadra che non ritrova se stessa e una società che si è persa cammin facendo con rivoluzioni interne che ne hanno minato le salde fondamenta. Unico filo conduttore, la presidenza (dell'inossidabile Silvio Berlusconi), l'amministratore Delegato (Adriano Galliani) e quei colori che d più di cent'anni occupano i campi di calcio d'Italia e d'Europa. Manca qualcosa, però, o meglio qualcuno: i campioni. Da sempre il Milan ha avuto fenomeni e giocatori di livello in rosa, punti di riferimento su cui ha costruito importanti vittorie, successi nazionali e internazionali, aprendo cicli storici indimenticabili e che hanno cambiato per sempre il modo di vivere e intendere il calcio.
Oggi, questo collante col passato non c'è più e guardando questa squadra ci si rende conto che è proprio lì l'errore – al netto dei motivi anche economici per cui non si è potuto fare altro: l'assenza assoluta di giocatori di livello, di leader dentro e fuori dal campo, di calciatori decisivi, vincenti. L'unico – che dovrebbe togliersi una decina d'anni e rimettersi gli scarpini – è Filippo Inzaghi, peccato che sia in panchina ad allenare.
E cosa penserà proprio SuperPippo che da giocatore ha avuto l'onore e il piacere – oltre d esserlo lui in prima persona – si aver giocato al fianco di veri campioni che sapevano fare la differenza vincendo con la maglia della Juventus prima e del Milan poi tutto ciò che c'era da vincere? Gigi Buffon, Zinedine Zidane, Alex Del Piero, David Trezeguet, Paolo Maldini, Kakà, Ronaldinho, Shevchenko, Seedorf. Per citarne alcuni. Certo, non tutti insieme ma comunque una serie quasi infinita di compagni che hanno permesso di conquistare il mondo, con un Inzaghi "abituato" al meglio e che non per caso ha nel suo palmares qualcosa come 3 campionati, 3 Supercoppe, 2 Champions League, 2 SuperCoppa UEFA, 1 Mondiale per Club.
Adesso, però, proprio Superpippo è il primo a doversi accontentare con ciò che passa il convento. Proprio 20 anni, nel lontano 1995, un certo Fabio Capello – che sedeva sulla panchina rossonera – poteva contare, per il ciclo degli ‘Invincibili‘, su giocatori come Baresi, Maldini, Donadoni, Savicevic, Boban, Massaro. Oggi i calciatori a disposizione si chiamano Essien, Armero, Muntari, Mexes, van Ginkel, Poli, De Jong, Cerci, Pazzini. Non c'è paragone, perché in campo manca la mentalità vincente di chi giocava sapendo di poter conquistare il Mondo, di aver vinto tutto. Adesso la differenza è palese e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il club più titolato al mondo ridotto a giocare stagioni fuori dall'Europa, eliminato anzitempo dalla Coppa Italia, costantemente lontano dal giro scudetto già a metà stagione e con una serie – fatto inedito – di avvicendamenti sulla panchina.
E allora, davanti a differenze così abissali e con il materiale tecnico e umano a disposizione non resta che essere solidali con Superpippo, uomo di calcio e di sport, quando davanti all'ennesima delusione ammette di "essere il primo a non dormire la notte e starci male a vedere questi risultati" e di essere il primo volere "riportare il Milan ai fasti di un tempo". Magari sognando di avere un po' più di Zidane e Savicevic in campo e un po' meno di Essien e Armero.