Il lato oscuro del calcio spagnolo che domina in Europa

Un ‘triplete' nell'anno del Mondiale: Europa League al Siviglia, Champions League a Madrid, Supercoppa che pure resterà nella bacheca dei club iberici. Il dominio degli spagnoli è straripante, negli ultimi dieci anni ha conquistato trofei a mani basse. Una generazione di talenti, fenomeni che hanno fatto sfracelli. Galattici, come i blancos. Marziani, come i blaugrana e l'egemonia del tiki taka. Duri a morire come i ‘colchoneros' di Simeone, squadra di lotta e di governo capace di ribaltare le gerarchie in patria e al di là dei Pirenei: un'anomalia perfino dal punto di vista contabile considerati i risultati notevoli ottenuti con un fatturato nettamente inferiore ad altri competitor. Rivelazione, come il Siviglia che ha alzato la coppa sotto il naso della Juventus e degli italiani a Torino. Bravi, sono i più forti: la sequenza di successi annoverata dagli almanacchi lo testimonia. Nel ranking Uefa spopolano e guardano tutti dall'alto, una sorta di rendita di posizione, di jolly che mette al riparo anche dalle insidie dei sorteggi. Bravi, sono i migliori e hanno meritato questo privilegio sul campo. Però, non è tutto oro quello che luccica soprattutto se opacizzato da episodi molto controversi e la cui evoluzione non ha sgombrato del tutto il campo dai sospetti.
Il lato oscuro della forza (fiscale). In Spagna esisteva fino a pochi anni fa una norma chiamata ‘legge Beckham', la emanò il governo Aznar nel 2005 e prevedeva un'aliquota di tassazione ridotta dal 43 al 24 per cento per tutti i lavoratori stranieri che avevano guadagni superiori a 600 mila euro all'anno. Avrebbe dovuto favorire il soggiorno di medici, scienziati, luminari ma spalancò le porte del paradiso fiscale ai calciatori – a cominciare proprio dall'ex Spice Boy – e agli stessi club iberici grazie a un'imposizione dell'Erario più vantaggiosa rispetto a quella di altri campionati europei. All'epoca in Inghilterra l'aliquota sugli stipendi dei calciatori era al 50%, in Bundesliga al 45%, in Serie A al 43% e in Ligue 1 al 40%. Tradotto in soldoni: puoi anche permetterti il lusso di mettere sul piatto ingaggi da mille e una notte per attirare i campioni se benefici di sgravi fiscali superiori di oltre il 30% a quelli dei tuoi rivali. Tutto questo con un notevole sbilanciamento dei rapporti di forza in termini di competitività sportiva. Nel 2009 ci pensò il governo Zapatero a porre fine a questa situazione, ricalibrando le condizioni fiscali (asticella elevata al 43%) con un emendamento alla legge a partire dal 1° gennaio 2010.
Banche e società di calcio. Ricordate la crisi economica di sistema che investì nel 2012 le banche spagnole? Ebbene dietro il collasso di Bankia (l'agglomerato di sette istituti di credito convergenti sotto un'unica sigla) che registrò un buco di circa 20 miliardi di euro c'erano (e ci sono ancora) anche i debiti faraonici delle società di calcio alle quali erano stati concessi prestiti a un tasso d'interesse più ‘agevole' per finanziare campagne acquisti, ripianare perdite, coprire gli artifizi di bilancio: 5 miliardi in totale, 4 verso le banche e 1 verso lo Stato per tasse arretrate. La Spagna chiese aiuto all'Europa per evitare il default e ai club venne concessa una dilazione di 8 anni per saldare il corrispettivo entro il 2020. Per la serie: nazionalizziamo (e socializziamo) le perdite, privatizziamo gli utili. La manna, però, è finita anche per loro e il piano di controllo finanziario fissato dal Consejo Superior de los Deportes ha iniziato a sortire effetti: l’indebitamento complessivo è diminuito a 3,573 miliardi di euro, oltre 200 milioni in meno rispetto all’annata precedente. Non basta, perché sullo sfondo ci sono anche le profonde perplessità che nell'aprile scorso l'Antitrust europea ha sollevato sulla fiscalità di vantaggio per Real e Barça che pagano allo Stato in percentuale meno tasse rispetto a un'azienda di pulizie iberica: il 25 per cento rispetto alla soglia del 35 per cento. Un'anomalia ‘perfettamente' legale: Real Madrid e Barcellona (come Athletic Bilbao e Osasuna, anche se con un giro d'affari notevolmente inferiore) sono società sportive senza scopo di lucro, di proprietà dei loro soci. Uno status che ha consentito finora numerose altre esenzioni che diversamente graverebbero sia sulle imposte societarie, sia sul patrimonio di società capaci di generare introiti fino a sfondare il tetto dei 500 milioni di euro.
Fuentes, chi era costui? "Ho dopato ogni genere di atleti, anche se nel 2006 si trattava principalmente di ciclisti. Se parlo io…". Così disse il dottor doping, come venne ribattezzato Eufemiano Fuentes, dopo lo scandalo dell'Operacion Puerto, la maxi inchiesta che esplose in Spagna nel 2006 – fino a diffondersi in tutta Europa – e squassò il mondo del ciclismo. Un ginecologo specializzato in medicina dello sport, ecco cos'era Fuentes: le indagini accertarono che alle sue pratiche per l’auto-emotrasfusione (ripulire il sangue) i campioni ricorrevano quando avevano bisogno di pianificare programmi specifici per l'utilizzo di sostanze dopanti come EPO, gli ormoni della crescita, gli anabolizzanti. La polizia sequestrò circa 200 sacche di sangue usate per le trasfusioni, con etichette e nomi in codice, oltre a una serie di elenchi cifrati di presunti sportivi (i cui nomi non sono mai stati resi noti, né decriptati) che s'affidavano alle ‘cure' del dottore. Lo scandalo di larghe proporzioni sollevato dall'Operacion Puerto si chiuse con la condanna di Fuentes a un anno in primo grado – con licenza di medico sospesa per 4 anni e ammenda di 4.500 euro – perché riconosciuto colpevole solo (il doping in Spagna non è considerato reato penale a differenza dell'Italia) di "attentato alla salute pubblica" per aver adottato pratiche che avrebbero potuto mettere a repentaglio la vita degli atleti. I giudici negarono l'autorizzazione al vaglio delle oltre 200 sacche di sangue messe sotto sequestro richiesta sia da parte della Wada (l'agenzia internazionale sul doping) sia da altre autorità sportive (tra cui il Coni). Fin quando si vince è sempre così: conquisti la folla e con essa avrai anche la libertà di fare ciò che ti pare.