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Il ghetto di Ibra, la Bari Vecchia di Cassano. L’infanzia difficile di 5 top player

Sono le storie di alcuni dei principali protagonisti del nostro calcio, caratterizzati da un’infanzia complicata ma che non ha fermato la loro voglia di emergere. Fra queste, anche l’incredibile situazione familiare di Cristiano Ronaldo, diviso fra l’abuso d’alcol del papà e i problemi di droga del fratello Hugo.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Campioni del calcio moderno ma con un passato davvero difficile e particolare. La storia di alcuni di questi attuali top player è sicuramente affascinante, ma anche la prova di come, a volte, la forza della passione, in questo caso per lo sport, il calcio, possa far passare in secondo piano anche problemi ben più gravi. Un passato in strada, spesso a delinquere e in povertà ha caratterizzato l’infanzia di questi veri campioni e talenti dell’era moderna. Scopriamo chi sono e soprattutto quali sono state le loro storie.

Cassano e la Bari Vecchia

C’è chi dice che Antonio Cassano, attualmente svincolato, e in cerca di una squadra, si sia portato la strada con se nel corso di tutta la sua carriera nel calcio. Ciò che ha caratterizzato il passato di Fantantonio, è stata sicuramente un’infanzia difficile e un padre che non c’è mai stato. Senza il calcio, per sua stessa ammissione, sarebbe finito male, probabilmente a fare il delinquente. Ma il destino gli ha regalato il talento che però ha cucito addosso insieme ad un carattere indomabile e la lingua mai al suo posto. Famose, nel corso degli anni, sono state infatti le sue cosiddette “Cassanate”.

Sfoghi contro arbitri, calciatori e presidenti, hanno sempre distinto quel carattere così difficile che forse lo ha limitato per spiccare al meglio il volo nel calcio professionistico. Nel corso di un’intervista, parlando proprio della sua infanzia a Bari disse: “Giocavo tra le bancarelle, tutti mi volevano in squadra con loro e scommettevano 10, 15 o 20 mila lire sulla squadra dove giocavo io. E lì, tra le bancarelle, non si scherzava mica, spesso c’erano spari, macchine della polizia e ambulanze”.

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CR7 e un passato familiare davvero difficile

Vedendolo oggi, un campione bello, ricco e famoso, con il mondo ai suoi piedi e un contratto da milioni e milioni di euro l’anno, sarebbe impossibile pensare che, in realtà, Cristiano Ronaldo nasconda un passato doloroso e difficile. Fu proprio Dolores Aveiro, madre del bomber del Real Madrid, a raccontare il passato del figlio. "Cristiano ha visto molto da vicino i danni causati dalla droga e dall’alcool – disse in un’intervista – e questo è il motivo per cui non ha vizi, non beve e non fuma. La sua unica droga è il calcio. Il marito Dinis, papà di Cristiano infatti, ha bevuto tanto da morirne, mentre il figlio maggiore Hugo cominciò a drogarsi quando CR7 aveva solo14 anni.

La scoperta che il padre era un alcolizzato, da quanto emerso dalle dichiarazioni di mamma Dolores, ebbe un effetto devastante sul giocatore, che ha cercato più volte di convincere il genitore a farsi curare. "Dinis non ha mai voluto farsi ricoverare, voleva solo bere. Lui e Cristiano erano inseparabili. La cosa triste è che non sia riuscito a vedere che campione è diventato". La fortuna nel calcio di Cristiano Ronaldo, è stata la salvezza di Hugo invece, che grazie proprio alle cure pagate dal campione d’Europa, è riuscito a farlo uscire dal tunnel della droga.

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Il ghetto terribile di Ibrahimovic

Zlatan Ibrahimovic, campione del calcio moderno, attualmente al Manchester United, dopo un lungo passato anche in Italia, non ha di certo avuto una vita facile, o almeno non sono stati facili gli inizi. Figlio di immigrati croati, la madre donna delle pulizie, un quartiere difficile, anzi un ghetto a far da sfondo ad un ragazzo che non sa obbedire e chinare la testa e che per vivere, rubava le biciclette dei ricchi lasciate per strada. Percosse, droga, alcolismo, indagini da parte delle autorità sociali, interventi della polizia, maltrattamenti, guerra, divorzio, situazione familiare esasperata.

Tutto questo Ibra dovette subire, spesso da attore protagonista. All’interno della sua biografia si legge: “Spesso tornavo a casa con una fame da lupo e spalancavo il frigorifero, pensando: “Dio, Dio, fai che ci sia qualcosa da mangiare!”. Ma il cibo non c’era mai, soprattutto nel periodo in cui Ibra stava con il padre: “Provavo un dolore che non dimenticherò mai”. Ma nemmeno i momenti trascorsi con la madre erano dei migliori: “Ogni tanto mia madre perdeva il lume degli occhi e ci picchiava con il mestolo di legno e poteva accadere che il mestolo si rompesse. Allora dovevo andare a comprarne uno nuovo come se fosse stata colpa mia a farla picchiare così forte”.

Il tutto, all’interno di Rosengarden, il ghetto dove è cresciuto Ibra, e dove le autorità svedesi avevano stipato gli immigrati, facendone un ghetto in cui la disoccupazione giovanile arriva al 30 per cento e dove per vivere bisognava solo delinquere.

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Furti nei negozi per Milik

Il suo ritorno in campo, mercoledì sera, allo stadio “Santiago Bernabeu”, in Champions League, contro i padroni di casa del Real Madrid, nella gara valida per l’andata degli ottavi di finale, è stata la nota lieta della serataccia del suo Napoli, sconfitto 3-1 da Cristiano Ronaldo e compagni. Arrivato in terra partenopea in punta di piedi, l’ex bomber dell’Ajax, fu acquistato in estate con l’idea di non far rimpiangere la dolorosa partenza di Higuain.

L’inizio straordinario prometteva davvero bene, ma poi l’infortunio in Nazionale, e lo rottura del legamento crociato, che lo ha tenuto ai box per 4 mesi, fu davvero terribile. Un momento difficile per l’attaccante polacco, così come lo è stata la sua infanzia. Milik, nacque a Tichy nel 1994, una città polacca a pochi chilometri dal confine con la Slovacchia e la Repubblica Ceca. Gli anni della sua vita, in quei territori, sono stati davvero difficili. Purtroppo all’età di 6 anni ha dovuto affrontare un terribile lutto, la morte del padre, che ha segnato la sua vita per sempre.

Fu proprio dopo quel dolore immenso, che Milik ebbe un momento di sbandamento totale. Si sentiva incapace di reagire a quel lutto, soprattutto perchè il papà rappresentava uno dei suoi grandi punti di riferimento: “Ero in un brutto momento. Fumavo sigarette e rubavo piccole cose dai negozi. Fortunamente il calcio è entrato nella mia vita e mi ha salvato”.

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Mihajlovic e la guerra in Jugoslavia

Ex calciatori e ora allenatori protagonisti in Italia e in Europa. Anche loro sono stati tristemente protagonisti di un passato difficile. Uno di questi, è l’attuale tecnico del Torino Sinisa Mihajlovic, che raccontò, tempo fa, la sua infanzia vissuta nell’ex Jugoslavia. “Ho quarant’anni – disse Sinisa – ma di testa è come se ne avessi settanta, per quello che ho vissuto da ragazzo”. Lui, è figlio di madre croata e padre serbo e ha dovuto subire in prima persona il dramma della guerra fra le diverse etnie che componevano lo stato slavo plurinazionale.

“Chi non ha vissuto certi drammi non può capire – affermò Mihajlovic – ho vissuto in un Paese che ha visto esplodere la guerra all’interno delle singole famiglie, nei quartieri, fra quelli che un tempo erano legati per la vita”. Solo il calcio gli salvò la vita, fu soprannominato come “l’assassino con la faccia da bambino”, per via delle sua abilità sui calci da fermo.

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