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Il ‘Cartellino Viola’ a Simone Farina

Lunedì, a Milano, la cerimonia per la (ri)consegna del premio per l’autore del migliore gesto di fair play.
A cura di Maurizio De Santis
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simone farina

Cartellino viola, chiavi in mano e un'auto come premio per il migliore gesto di fair play assegnato in deroga. E' l'edizione annuale del riconoscimento promosso dalla Fiorentina che sarà (ri)consegnato a Simone Farina, l'ex calciatore del Gubbio che rifiutò un tentativo di combine e poi è volato all'Aston Villa. Lunedì, al Mazda Contemporary Space di Milano, fa il bis dopo il 2011. Originale, quanto tragicomica, la motivazione del replay: "per segnalare l'alto valore morale e civile di questo gesto – si legge nella nota della Fiorentina – la giuria ha ritenuto un anno fa e ribadito ancora oggi di poter derogare al regolamento che prevede la premiazione del tesserato che compia il gesto di fair play più significativo durante le partite dei campionati professionistici". Qui da noi, evidentemente, non ci sono buoni esempi di cui andar fieri. E di Simone ci ricordiamo per fare passerella.

Lui non è mai stato Farina del loro sacco. Nemmeno quando il calcio italiano, tenuto al guinzaglio dagli zingari delle scommesse e sbugiardato dai pentiti del giorno dopo, ha provato a ripulirsi la faccia nascondendo la propria e lasciando la sua sotto i riflettori. Quella di Simone fece capolino a Coverciano mentre infuriava la bufera: lui, col suo candore di atleta incorruttibile proveniente dalla C, a rendere omaggio agli azzurri di Prandelli in ritiro prima dell'Europeo nello stesso giorno in cui gli agenti bussarono alle porte della Nazionale per i clamorosi sviluppi dell'inchiesta sulle partite vendute in Serie A. Non guadagnava quanto i colleghi più bravi e fortunati del massimo campionato. La musichetta della Champions, al massimo, l'ha registrata sul cellulare. Eppure rinunciò a un bel po' di soldi (quanto l'ingaggio d'una stagione) messi sul piatto per aggiustare la gara di Coppa Italia tra umbri e Cesena. Non s'è fatto comprare, non s'è venduto nonostante nei tornei minori le tentazioni siano altissime e i controlli altrettanto sfumati. Lui che, rimasto senza contratto una volta terminato l'accordo col Gubbio, s'è ritrovato disoccupato, emarginato e maledettamente scomodo per aver rotto il muro di omertà che ha garantito la promiscuità di traffici indiscriminati dentro e fuori dal campo.

E' stato lasciato solo, dimenticato da quel mondo che prima l'ha usato come un cartonato pubblicitario a grandezza d'uomo, portando in giro la faccia del bravo ragazzo, e poi l'ha depositato nel sottoscala. Abbandonato da quegli stessi colleghi che fecero sciopero – dissero – per tutelare i diritti di tutti i tesserati e poi l'hanno dimenticato in fretta. Perché due feriti sono sempre meglio d'un morto solo. Sicché Farina ha incassato i complimenti del cittì, le belle parole di Blatter che lo accolse alla cerimonia del Pallone d'Oro come "giocatore che ha avuto il coraggio di dire no a chi voleva manipolare una partita e ha fatto scoprire una nuova rete criminale" e, infine, una bella pedata nel sedere. E così Simone se n'è andato in Inghilterra, feudo delle scommesse e di bookmaker ma anche roccaforte del fair play. L'Aston Villa, club della Premier, gli ha offerto un contratto triennale come dirigente e allenatore delle formazioni giovanili, nominandolo ambasciatore del calcio pulito. Prospettiva allettante e un'investitura solenne per gli inglesi, una patacca da scaffale per noi italiani abituati ai furbetti della bolletta. Agli italiani piacciono i buoni esempi, però da lontano. Infatti, quando li abbiamo vicini riconosciamo loro una macchina in premio. E li salutiamo.

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