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Il calcio italiano è sotto assedio: con i nuovi accordi sui diritti, sono le tv a dettare le regole

Oltre 800 milioni all’anno per tre anni fa dormire sugli allori il calcio italiano che non ha capito di aver imboccato un pericoloso tunnel di sola andata. C’è chi già vuole dettare le regole e chi avverte del pericolo. Ma i presidenti si godono oggi i soldi, senza pensare al futuro.
A cura di Alessio Pediglieri
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calcio e tv

 L'avevamo detto, in tempi non sospetti e oggi ne è arrivata la conferma: i diritti televisi attorno al calcio stanno stringendo la loro morsa mortale per sferrare fra qualche stagione l'attacco decisivo. A confermarlo è lo stesso Pier Silvio Berlusconi che, nel giorno della ratifica dei nuovi diritti televisivi per il prossimo triennio, vela una semplice dichiarazione in qualcosa di più, qualcosa che sembra una minaccia indiretta perchè il calcio si ammoderni e dia al tubo catodico non il presente squallido spettacolo, ma qualcosa di più. Altrimenti, la televisione – dopo averne succhiato il sangue – lo butterà via in un cassonetto.

 Pier Silvio Berlusconi avverte: la tv detta le regole al calcio

"Pagheremo per le partite di 12 società circa 300 milioni all’anno, con una crescita del 25%: c’e’ il rischio che non si possa andare avanti così – ha detto il vice presidente di Mediaset – il calcio deve modernizzarsi, cambiare passo altrimenti potremmo rivedere i nostri investimenti sui diritti tv. Bisogna lavorare sulla qualità del prodotto calcio. Bisogna creare nuovo appeal – spiega Berlusconi jr – deve diventare business. In altri paesi i ricavi sono molto più sviluppati. Hanno lavorato meglio sul fronte degli stadi, sviluppato meglio il merchandising". Eccola la bomba: o adesso il movimento del calcio si sveglia e inizia stare a certe regole o chi versa i più corposi introiti tenendo in piedi la baracca chiuderà la borsa, facendolo annegare pian piano. La tv è la grande ricattatrice, non una ciambella di salvataggio ma nessuno lo vuole ammettere. Eppure è così: il grande inganno si è compiuto oggi, con la firma per 829 milioni di euro a stagione fino al 2015 con incremento dei soldi arrecati dai diritti tv di 37 milioni rispetto al bienno 2010-2012. Il calcio ha firmato la propria condanna.

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 Italia, terra dei diritti tv sul calcio, unica linfa vitale

Non a caso l'Italia è la Nazione in cui il calcio catodico è quello che pesa maggiormente in percentuale dei ricavi che alimentano il fabbisogno societario. 829 milioni di euro per paytv e new media con assenti altre voci come i diritti in ‘chiaro‘ o i diritti ‘esteri‘, ancora invenduti, costituisce l'80% delle entrate attuali. Più di ogni altro campionato europeo. In Premier League i diritti tv su satellite e pay valgono circa 730 milioni, in Liga scendono addirittura a 547, in Francia la Ligue1 ha chiuso con le reti transalpine un accordo pari a 510 milioni mentre in Bundesliga, la ‘fetta‘ dei diritti tv è ancora più bassa  superando di poco i 270 milioni. Ciò non vuol dire che il calcio italiano sia più ricco e benestante, solamente che è il più compromesso con il tubo catodico, per il resto il nostro calcio resta vicino al collasso. Altrove c'è diversificazione dei ricavi: se sono più bassi i diritti televisivi, significa che le entrate entrano da altre ‘voci' più sviluppate e redditizie, come i diritti esteri (in Premier superano i 560 milioni), quelli in chiaro (in Germania a 137 milioni di euro), il merchandisign e gli stadi di proprietà, altri due aspetti sconosciuti in Italia tra ‘tarocchi' e impianti risalenti a Italia 90.

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 La tv sbarca allo stadio: il calcio è sotto assedio del tubo catodico

L'ultima frontiera o barriera è stata infranta con l'idea – infelice – di intensificare la presenza televisiva anche laddove sarebbe dovuta restare lontana: nello stadio. Dalle partite del prossimo 2 ottobre, gli spettatori sulle tribune  potranno sedersi comodamente e sentirsi come a casa, in salotto davanti al classico lcd. Si potrà infatti assistere durante l'intervallo, prima e dopo la gara, alle immagini delle squadre che arrivano in pullman allo stadio, dentro gli spogliatoi e i gol provenienti da tutti gli altri campi. Moviola esclusa, per motivi di sicurezza. Un format preparato dal presidente della Lega Maurizio Beretta con l'advisor Infront e deciso all'unanimità dai 20 club, cioè da tutti i presidenti oramai ostaggio dell'etere calcistico. Una rivoluzione, si apprestano a dire i più, sottolineando con questa parola una nuova era d'oro per il calcio. Ma non è così e non è difficile capire il perchè. Se anche nel tempio del calcio, cioè nello stadio, profana cattedrale del rito del pallone, zona franca, microcosmo distaccato, entra il ‘nemico', allora tutto è perduto. "Bisogna trovare una nuova sintesi tra campo e tv" ha fatto sapere Cellino, proprio colui che si sta battendo per uno stadio di proprietà e che offre il fianco alla televisione allo stadio. "Già oggi abbiamo la possibilità di far partire un programma sui display degli stadi per consentire agli spettatori di riempire gli spazi di attesa."

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 Mancano altre forme reali di introiti

L'occasione è ghiotta: i presidenti potranno trovare accordi ad hoc con Skye trasmettere anche le esclusive delle immagini dagli spogliatoi e delle interviste immediate. L'obiettivo a breve termine è attirare maggiormente le persone allo stadio, visto che le presenze sugli spalti sono in netto e costante calo. Ma nel lungo periodo, l'effetto boomerang non tarderà ad arrivare: il tifoso andrà a vedere la partita dal vivo solo se ci sarà un'adeguata copertura televisiva; a quel punto le televisioni inizieranno a dettare le loro regole; i presidenti non potranno farne a meno e – soprattutto con impianti di proprietà – non potranno togliere un ‘servizio' che inizialmente veniva dato in modo gratuito e via via con un prezzo sempre più adeguato alle esigenze delle produzioni tv. Sarebbe il caso, allora, che dopo aver deciso gli introiti dei diritti televisivi per il prossimo triennio, si varasse una legge per la costruzione di impianti di società, regole più ferree per la gestione del merchandisign con la tutela dei marchi e i diritti d’immagine, l'incremento dei diritti esteri, la riforma dello status dei giocatori (con la legge 91). Tutti aspetti che si discutono da tempo ma che non hanno mai visto ancora la luce. Chissà perchè…

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 L'allarme c'è: calcio avvisato…

Tullio Camiglieri, presidente della Open Gate Italia lancia però il sasso nello stagno: "Nel panorama dei ricavi delle società di calcio, i diritti tv assumono un valore sempre più importante. Questo espone le società a una forte dipendenza dai broadcaster e quindi anche ad uno squilibrio. L'ingresso di Mediaset Premium ha fatto sì che ci fosse più pluralità e maggiore competitività ma servono altre fonti di ricavo, e principalmente dagli stadi. Lo stadio può diventare oltre che la casa della squadra, un luogo di aggregazione all'interno del quale ci possono essere elementi di attrazione per la collettività, oltre ad essere una fonte di ricavo per i club. Bisogna tutelare tutte quelle che sono le fonti di sviluppo e ricavo. Nel nostro paese la legge sugli stadi è stata voluta da tutti gli schieramenti indistintamente ma non si capisce perchè non si riesce a portarla a casa; i diritti tv non potranno aumentare ancora molto. Va dato atto ad Infront di aver portato un grande risultato ma c'è un limite fisiologico oltre il quale non si può andare. E per questo bisogna lavorare affinchè il prodotto calcio sia sempre più spettacolare, come un grande film. Dobbiamo fare un salto di qualità e lo stadio è un elemento importante. È ora di superare il concetto degli stadi che vivono solo 90′ minuti"

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